Critica Sociale - anno XLI - n. 5 - 1 marzo 1949

CRITICA SOCIALE 101 l'.,o funzione storica della D. C. in Italia. Da queste considerazioni, c1 sembra possano trarsi alr.une– determinate cooseguenze circa la funzione storica sin qm esplicata dalla D. C. in Italia. A) Nessun dubbio circa' la volontà della D. C. di ri– spettare le volontà individuali, la democrazia, il metodo de– mocratico. Non si può negare, so~fo un certo aspetto, che la D. C. sia sincera paladina della « difesa della democrazia> e che costituisca un partito democratico: ed è qµello di cui si appagano moltissimi italiani, riconoscendo nella D, C. un i,ilastro fondamentale della democrazia in Italia. Per noi so– cialisti il problema va però approfondito, non appagandoci di queste superficiali apparenze. Bisogna cioè prospettarci i limiti insuperati ed insuperabili di quel « certo aspetto>. I quali, grosso modo, sono i seguenti : democrazia sì, ma con impronta tutta paternalistica, in base alla qua'le le afferma– zioni democratiche non sono una conquista per pressione dal basso di masse in movimento, ma elargizione dall'alto, accorta e limitata, a masse in paziente e fiduciosa attesa; libertà sì, ma purchè di essa sr faccia sano e buon uso, se– condo la coscienza di buoni cattolici, ossia secondo un prin– cipio d'autorità sottinteso; metodo democratico sì, ma con' una vita pubblica non aperta alla effettiva partecipazione Jelle masse, bensì ristretta ad ·una cerehia politica più qualificata· e ad istituzioni ben precise (parlamento, organi regionali, amministrazioni comunali), e per di più corretto dalla im– ponenza di una compagine democristiana che s'imponga co– me maggioranza stabile di fronte alla quale le minoranze hanno un gioco marginale e, in fin dei conti, inconcludente. In altre parole: se per lo stabilirsi di una reale democrazi;; in Italia l'apporto <lemocristiano è indubbiamente necess'.l– rio, noi più di altri dobbiamo essere consapevoli della sostan– ziale divergenza con la D. C. nella stessa concezione del'a democrazia e del pericolo di deviazioni ed involuzi,;ni che per la democrazia rap·pn;sentano l'azione ed il pre,.loni'n,o democristiani. B) Alla esigenza di una sostanziale innovaziol)e sid. '1.el– lo Stato sia della società italiani, dopo il crollo del regime fascista che a'Vevà alterato e. contaminato l'uno e l'altra, 1a D.. c. contrappone invece una tendenza che è fondamental– mente conservatrice. Alla frattura col passato ed alla ne– cessità di una costruzione ·democratica che erano nell'inter– pretazione dei primi, la D. C. contrappone la concezione di una continuità col passato (donde la sua tendenza a « sana– re !e ferite» e a una generale «pacificazione») e tutt'al più di' una restaurazione· degli ordinamenti e delle istituzioni, sia pure nella nuova, ma non troppo innovatrice, veste costi– tuzionale. Sul piano economico e sociale appare un palese desiderio di astenersi da innovazioni e da interventi radicali. Quk&J non movere; rispettare i preesistenti rapporti <lelle -forze sociali; ·non toccare in profondità le posizioni preco– stituite ed i privilegi acquisiti. Lasciare che g1i equilibri per– turbati si ristabiliscano da sè. Tutto questo significa con• sentire che si ricostituisca lo stato di cose esistenti. La giu– stizw sociale, tanto conclamata, non è che un correttivo mar– ginale dei fenomeni più stridenti e clamorosi. Salva rerum sub.stantia, si cerca di porre rimedio alle conseguenze oiù disumane o più catastrofiche. Lo si fa in -parte effettiva– mente, ricorrendo all'intervento dello Stato o a misure as– sistenziali, in parte potenzialmente, ricorrendo, com'è tra– dizione della Chiesa, al monito rivolto alle classi abbienti di rinunciare al loro egoismo ed esclusivismo. E si pensa di risolvere i contrasti e le deficienze della società con i 'Vecchi rimedi del paternalismo ca,ttolico: l'armonizzazione degli interessi, la conciliazione dei· contrasti tra capitale e lavoro, la mediazione dei conflitti jiiù aperti. Il conserva– torismo democristiano, fatto più di timore di novità e di diffidenza delle forze popolari che di principi intransigenti, si limita in fondo a questo. Sente le insufficienze ormai fatali del liberismo, ma teme il socialismo, teme la stessa pianificazione perchè sacrificio delle posizioni e delle ini– ziative individuali ; sente il grave e deformante onere di privilegi assurdi, di parassitismi vecchi e nuovi, di interfe– renze capitalistiche, ma non osa intervénire risolutamente, su di un piano generale, per incidere e per recidere; sente la gravità dei problemi italiani• non risolti da un secolo, e BibliotecaGinoBianco che sono giupti a scadenza, e non osa affrontarli di petto, per risolverli organicamente, e cerca scampi dilatori e so– iuzioni a piccole ed innocue rate. E' più mancanza di co– raggio di affrontare il presente ed il futuro che reale at– taccamento al passato. Ma il guaio è .che, assecondati da questo stato d'animo, molto ben conosciuto, dietro la D. C., o, più esattamente, dietro la sua maggioranza, avanzano e s'impongono, e non vengono nè sufficientemente contrastati, nè radicalmente combattuti, tutti i reali ed effettivi int1:– ressi conservatori, parassitari e talvolta reazionari della borghesia e del capitalismo italiano. C) A spetto in parte connesso col precedente è il parti– colare caratt~re che assume l'azione politica della D. C. come partito reggitore del governo: cioè il suo moderati– smo. Sotto -l'esigenza del ·peso delle responsabilità o del ne– cessario realismo in una difficile situazione, le iniziative e gli interventi appaiono dotati di una !}rudenza e di una mo– deratezza, la cui caratteristica sembra essere la preoccu– pazione di non sacrificare nessur, cospicuo interesse costi– tuito e di non dare adito a nessuna soluzione sosta~zial– mente nuova, che esca dall'ambito della ordinaria ammini– strazione. Spesso addirittura si parte da un compromesso: e non si valutano a sufficienza tutte le remore nella attua– zione, nè l'opera rallentatrice o alteratrice dovuta alla me– diazione della b1,1rocrazia. D) Un altro aspetto - e ne tratta molto ·bene lo· Je– molo nel suo libro - è la tendenza sostanzialmente « anti– risorgimentale » del rinnovato «guelfismo» deHa D. C. « Chi abbia appena un po' di senso storico - osserva amara– mente lo storico - sol che guardi contro luce l'Italia di oggi, rivede il più tipico degli Stati antirisòrgimentali: lo Stato pontificio quale fu da _Pio VII a Gregorio XVI, che potè scorgere i balenii dei pugnali dei carbonari, che potè sentire ia satira demolitrice di Gioachino Belli, ma non vide che timidi conati di riforme; dove il buon volere del legislatore, che qualche volta c'era, si ~pezzava contro ì'i– nerzia e lo scetticismo dei più e soprattutto contro la coa– lizione degli interessi che non si osano ferire. Nella scala del grande Stato moderno rivivono gli inconvenienti tutti allora deprecati: gli impacci ai commerci con l'estero, il potere in pratica illimitato d'ogni burocrate, la moltitudine d€gli impieghi inutili, gli impiegati male pagati, ma cui poco si chiede e si permette di cercare altre fonti di guadagno, la convinzione che il prestigio degli istituti si salvi la– vando i panni in famiglia (o anche non lavandoli affatto) e soprattutto il convincimento che non si possono sacrificare interessi, che lo Stato, magnificato a parole, sia in fatto il debitore di tutti, al quale tutti abbiano qualcosa a chiedere. A Cavour, che asseriva la necessità di effettuare riforme anche in tempi calamitosi, in tempi agitati, di propinarle quasi come tonico alle masse -scontente, si contrappone la saggezza dei benpensanti, per i quali mai i tempi sono ·1b– bastan·za normali da consentire riforme e queste non sono mai abbastanza studiate e mature e, concepite non ingenti già in partenza, vengono poi minimizzate strada facendo ». A queste constatazioni è poi da aggiu.ngersi, attraverso l'i– poteca confessionale, di cui abbiamp già parlato, la tenden– za alla lenta « guelfizzazione » dello Stato italiano. Pur ferma restando la sua formale indipendenza, non è chi non veda come e _quanto la Chiesa abbia assunto del nostro Paese una specie di spirituale patrocinio e sia assurta, sia pur tacitamente, ad autorità dominante, a prender posi– zione contro o in difformità della quale l'Italia d'oggi non sarebbe più in grado, senza mettere in gioco la· stessa pace in1:erna. -Chiesa e D. C. tJ.ellapolitiaa attuo/e. Su questo complesso di situazioni, alcuni recenti avvem– menti hanno influito con sintomatico peso. Primo nel tempo - ma forse più importante di tutti - il discorso natalizio del Pontefice che, con la sua difesa delle esigenze della sicurezza dei popoli, costituiva· una sana– toria per la possibile conclusione di patti ed alleanze :ni– litari e che, nel momento in cui veniva pronunciato, signifi– cava, e non -del tutto implicitamente, un beneplacito per i] Patto Atlantico. Nella D. C. tale discorso, se poteva· costi– tuire un segnale di via libera per alcuni dirige,iti, che s'e- /

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