Critica Sociale - anno XLI - n. 5 - 1 marzo 1949
100 CRITICA SOCIALE messi, oltre l'indiscusso ascendente dei capi e degli uomini cli governo, e ogni velleità viene frustrata e dissipata rlalla «· necessità di adeguarsi» e dal conformismo dei più. E.:co• perchè, se è approssimativo parlare di un «totalitarismo» interno della D. C., ci pare indubitabile che sussista, all'in– terno di esf.a, una carenza di un libero ed attivo dinamismo democratico. Alla volcntà degli aderenti ed al gioco jelle forze interne si sostituisce la manovra di direzione, che solo raramente ha bisogno di tramutarsi in manovra di mediazio– ne, di un ristretto nucleo di dirigenti, che coincidono ooi, dal più al meno, con gli uomini di governo, ossia con i dirigenti del Paese. li fattore confessìo11,a/enella D. C. ·La seconda constatazione da farsi è la preminenza as– soluta, conscia od inconscia, contingente o trascendente, del fattore confessionale. La «cattolicità» della D. C. prevale (diversarrente che nell'M. R. P. francese) suHa stessa « <le– mocristianità ». La politica della D. C: è tutta in funzione metapolitica, diretta non tanto al -consolidamento ed al pre– dominio della « religione cattolica», quanto all'affermazio– ne di una inscindibilità del binomio Stato-Chiesa, in cui que– st'ultima· ha una posizione dominante in modo assoluto. Si deve anzi aggiungere, a questo riguardo, che da una posizione di «confessionalismo» (comune alla D. C. d'oggi ed al P. P. I. d'altri tempi) siamo passati ad una posizione di attivo, dtchiarato e conquistatore «guelfisn-o ». Non per metafora di recente un attento storico e giurista, lo Jemolo, · poteva salutare, a distanza di un secolo dai sogni del neo– guelfismo, che parvero sopraffatti da tutta l'ondata del Ri– sorgirrento, « l'inattesa re.rlizzaiione di uno Stato guelfo» in Italia. La realtà d'oggi semmai invera alcuni postulati di allora. E' la tesi del Tommaseo: « che all'Italia ed al mon– do può dalla religione sola di Gesù Cristo venire pace e ;i– bertà ». O quell'altra sua afferrrazione: « il destino d'Ita– lia è in mano dei preti ... l'unica potenza valevole a scuotere il popolo nostro è nei preti ... La parte del popolo veramente .possente per nerbo di braccia e per c-0stanza di cuore ri– sponderà serrpre languida ad ogni voce di -libertà, se la voce dei preti a lièertà non li chiama». O la tesi gio!)er– tiana: « ogni disegno di risorgimento italico è nullo, se non ha per base la pietra angolare del pontificat-0 ». La· « costituzionalizzazione » dei Patti Lateranensi non è _.stata che la consacrazione formale di questa «guelfizzazi-0n~:,, dello Stato italiano (sicchè rral s'addice, ad indicare una· estrema difesa di posizioni laiche, pal'lare di « difesa dello Stato laic-0 » o=ai sconfessato e perduto). E quanti tra noi, all'epcca della disc~ssione sul farrigerato art. 7, am– monivanl)_ i D. C. essere un errore politico l'imporre alla nuova Italia derrocratica, irrpedendo di riaprire su _di essi ogni discussione, quegli stessi Patti Lateranensi che all'Italia schiava ~;eva irrpost-0 Mussolini, a seguito di un negoziato con la Ch_iPsa, di 'cui questa non aveva certo a gloriarsi, comrrettevano un err-0re di visuale. Ragionavano secondo qna lcgica ed un moralismo « laici », dimenticando che dal punt-0 di vista «confessionale»· della D. C. non era pos– sibile -- per un rapporto intrinsecò di soggezicne - rimet– tere in discussione una « posizicne di preminenza" acqui– sita dalla Chiesa, non importa come, restando il modo una faccenda del tutto contingente e<l effimera. · Che questo atteggiamento « confessicnale ». della D. C. s'accompagni spesso con atteggiarrenti indiscutloilmente «cle– ricali, - ormai tutt'altro che rari nella vita pubblica e pri– vata italiana - è evidente. Ma non bisogna confondere :e cose. Il clericalisrro è atteggiamento dei «chierici» o '3.<le– guame_nto a_ll'azione ed al comportamento dei «chierici». E' vero che orrrai in Italia vi ·sono tra i laici anche troppi < chierici.» che spesso sono poi anche più «chierici» dei <chierici»; ma ·1•aspetto che volevamo mettere in evi<ler:za - nella sua pericolosità - era un altro: e cioè l'assunzione da parte di una forza politica (e-0me tale laica) çome termir.e di riferimento_ per la sua positiva azione politica (com<eta, lt quindi. non di per sè «clericale») dell'orientamento, ùell'1n– teresse e dell'insegnamento di un'istituzione, cor:-."ela -Chiesa Cattolica, .fuori dello Stato. Il che, in altre par-0le, è lo sfor– zo di adeguare e conforrrare- lo S~ato all'azione dell.i Chie– sa _ed !Il -suo magistero, circa il pratico comportamento. BibliotecaGino Bianco In realtà, tuttavia, questa sec-0nda constatazione finisce: col confondersi necessariairente con la terza: e cioè 1a, mancanza di una ccmpleta ed autentica autonomia politica·, della D. C. Intendiarrcci tene, a questo riguardo (che ri-. chiama singolarmente l'analogo atteggiamento di mancanza: di autonomia del P. C. I., rispetto al Cominform ed alla Russia Sovietica). Ncn si tratta invero di un diretto ed assoluto rapporto di dipendenza, di sottomissione, di asser– vimento. La D. C. non è il diretto «strumento» del Vati– cano. E' assurdo pemare che il Vaticano impartisca rego– larrrente «ordini» ed « istruzicni » alla D. C., o prestar· fede a certe barzellette cominformiste, secondo le quali De,– Gasperi si recherebbe periodicamente a « prendere disposi– zioni » dalla Santa Sede. Sono sciocchezze che fanno il paio– a quelle di coloro che credono che Tcgliatti non agisca che. su precisi ordini di Mosca. Il rapporto è d'altra indole: è nna tutta interiore mancanza di autonomia, derivante da un,' principio d'autcrità a cui adegl'arsi o ccnfrrrrarsi, posto: come essenziale e connaturato· nell'« oorno cattolico» e nella « organizzazicne di forze cattoliche». E' cioè il riconosci– mento assoluto ed indiscusso, sino a diventare acritico, della, superiorità della « maggiore autorità» della Chiesa, della sua funzicne ad un tempo di fc-nte della verità e del dogma, di magistero spirituale e di orientamento pratico. con la con-· seguente necessità - derivante dal principio di naturale ob– bedienza alla Chiesa del sincero cattclico - di « sponta– nearren!e » estere ccn la Chiesa e nella Chiesa: ossia di'– ade1:warsi all'azicre, 3g)i intenti ed agli interessi di essa.-' 4ggiungiamo: no11soltanto agli interessi della sua conserva– zione e della sua esistenza, ma agli interessi della sua con– ql)ista e della sua dorrinazicne, agli interessi della sua pre– minenza e della sua espansione, di fronte ai quali lo Stato ha una posizicne in sottordine. Ciò .fa sì che questa man– canza di autonomia sia non un «difetto», rra una qualità essenziale ,e necessaria. O, posto che si ,voglia rivendicare. un'autonomia, è un'autonomia dei tutto relativa di fronte ad un asscluto: che- ha rer la sua ispirazicne un termine di· riferimento fuori "di sè ed altro da sè. E' vero quindi, data." l'obèedienza insita in cghi" autentico cattolico, che lper ri– portare wi incisivo esempio dello Jemolo) « se il Papa man– dasse una perscna di sua fiducia a De Gasperi o a Don Sturzo, ordinando loro di scicgliere il partito e di non ~co– pri,:e la persona del :Pontefice ed eseguire l'ordine fingen– do di agire spontaneamente, De Gasperi e Don Sturzo obbe- · direbbero senza esitare». Ma è anche vero - per continua– re nella citazione _dello J erralo - che il Papa non è solito impartire ordini, e specie di tal fatta; « interviene piuttosto la sensibilità del' cattolico che fiuta, intuisce, precorre i desideri del superiore». Il principio d'autorità, base della coscienza cattolica, più che ad un'obbedienza a posteriori ad– un precis0 ordine porta- quindi ad un conformarsi in anti– cipo ad una direttiva, e spesso quando essa è ancor-a allo stato poteiniale .. Questa situazione diventa ancora più pesante in Italia e a Roma, segnando per la D. C. una maggiore suèordina– zione di quanto ncn rrcstrino altri partiti di democrazia cristiana. L'esplicazione della politica democristiana si svol– ge irifat_ti tra noi in parallelo con l'esplicazione di una po– litica della Santa Sede, che se ha un ambito internazionale di vasta portata e spesso tratta interessi internazionali assai delicati, considera pur sempre l'Italia come una « figlia pre– diletta». Non solo ogni. contraddizio11e tra le due politiche, ma ogni divario ed ogni interferenza da parte democristiana sarebbero deleteri. Il conflitto non deve sorgere, perchè, svol– gendosi _ tra ~ue autorità, di cui una, più tipicamente poli– tica, si riconosce subordinata all'altra, si risolverebbe per quest'ultil)'a nei terrrini inammissibili di «ribellione» e di « sconfessione». Con ciò l'autonomia politica della D. C. re– sta anche più circoscritta nei termini di una politica di or– dinaria amministrazione ~ di riecheggiamento sul piano po– litico della politica vaticana. Per tutto i1 resto si ha o l' « ubi mai"or minor cessat » o una particolare ponderazione, una speciale circospezione, una peculiare prudenza, quando– si affrontano problemi generali od argomenti che formano oggetto di particolar.; ed attuale interessamento da oarte della Chie~a.
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