Critica Sociale - anno XLI - n. 5 - 1 marzo 1949

CH.ITICA SOCIALE 99 quel che dovrebbe fare, nel suo esclusivo inte– resse, anche senza l'esisteni,;a di nessun patto a– tlant co, nel caso che la Russia compiesse qualsia– si atto di aggressione verso qualsiasi dei Paesi oc– cidentali. L'intervento americano nel 1917. come anche nel 194l, è forse avvenuto in virtù di qual– che patto che legasse gli Stati Uniti alle potenze europee che erano in guerra con la Germania 1 E se il patto atlantico dovesse v'ceversa effot– tuarsi. io son d'avviso che l'Italia provvederebbe ottim.1mente ai casi suoi cercando di restarne fuo– ri. Le ragioni che m'inducono a questa persuasio– ne sono quelle che ho già espresse altra volta e che ho ribadite qui sopra neHa risposta agli argo– menti addotti dal Nava e dal Segre. E del resto è fa: to certo che, quando si cominciò a parlare del Patto Atlaht;co, anche in America non si pensa– va che l'Italia dovesse esservi inclusa; e di tale opinione rimangono anche oggi scrittori politici amer·cani, che non sono ingenui, nè d'altra parte assolutJmente privi di ogni ispirazione umana. E' probabile che il restar fuori dal Patto Atlantico· non salverebbe l'Italia dall'invasione della Russia, se questa ritenesse utile ai suoi fini d'impadronir– si della valle del Po; ma sono altrettmto, e p·ù, certe queste altre cose: 1) che l'aggressione sareb– be anche più probabile e certo sarebbe più crudele e guidata dallo spietato proposito di recarci il massimo danno, se noi avessimo aderito al ,p.1tto atlantico; 2) che, se avessimo aderito, non anem– mo per questo (come ho de to sopra) ai nostri con– f'ni orientali una forza efficacemente capace di re– spingere l'aggressione; 3) che, anche non avendo noi aderito, gli Stati occ"dentali europei prima e l'America poi sentirebbero il bisogno di mandare rapidamente forze in nostra difesa per imped· re il crearsi di una situazione che riuscirebbe minac– ciosa ai loro interessi in _misura poco inferiore che ai nostri. U. O. M. Struttura e funzioni della Democrazia _Cristiana Alcuni avvenimenti èli questi ultimi tempi - che analiz– zeremo oltre - in parte convalidano, ma in parte costrin– gono a mutare, o per lo meno ad integrare, il giudizio che va dato sulla Democrazia Cristiana. La valutazione di !ssa, della sua concreta azione, della sua funzione storica, in tal guisa si è fatta ancora più -complessa. Diciamo « ancor più» giacchè per noi il giudizio sulla maggiore formazione poli– lica italiana non si è mai ristretto in una sbrigativa e ca– tegorica sentenza, come fanno i cominformisti nostrani, i quali credono di avere detto tutto, quando parlano di « rea– zione den•ocristiana » o di « governo nero». Cominciamo quindi col chiarire quàle sia il fondamentale nostro giudizio sulla D.C., per meglio intendere !)Oi quale portata abbiano su di esso i recenti avvenimenti. Prima constatazione: l'eterogeneità della compagine :le– mocristiana. Veramente « partito di massa» - e nel senso deteriore - la D. C. ha mirato alla imponenza ed alla mol– tel)'licità degli aderenti, piuttosto che alla selezione ed alla coerenza. Senza volerla offendere, essa è un gran calderone. Essa ha sollecitato un pepalo che usciva. smarrito dalla dupli~e catastrofe del fascisrrci e della guerra (con appen– dice di guerra civile) ad entrare nelle sue file - o, comun– que, ad optare per essa, secondandone l'azione col peso elet– torale - senza badare a discriminazioni. Nè a quella de– rivante dalla accettazione di un ben preciso e impegnativo prograrrma politico, nè, in fondo, a quella derivante dalla effettiva e positiva compartecipazione di una posizione con– fessicnale. Al grande ascendente della morale cristiana e del magistero cattolico (ricordate lo slogan: « non c'è ,le– mocrazia, se non cristiana»?), essa aggiungeva altri, più mondani, ma più tangibili allettamenti : la suggestione di una tradizione e di una organizzazione che continuavano senza soluzioni di continuità, tali da garantire da paurosi « salti nel buio»; il condiscendente oblio di tutte le viltà, di tutti i compromessi, di tutti gli errori (e più che errori) del pas– sato 1ascista; il miraggio di una generale «conciliazione» degli anirri, preludio a quell'unanimismo degli intenti, a quella «concordia» di tutti gli italiani, a quell'« armonia» di tutti gli interessi (su cui, a suo tempo, aveva saputo così bene speculare il nascente fascismo); la cornpattezza di una «protezione», di un « argine», di un «baluardo» - rin– calzati da un istituto, come la Chiesa, posto :rl di là del contingente e mobile terreno politico italiano - contro tutto ciò che avrebbe potuto essere scompiglio, avventura, « rivo– luzione>; infine la lusinga di un « buon governo>, di un « ordine costituito> di una « normale amministrazione>. (Che poi a questo ascendente e al successo della D. C. abbiano contribuito, dall'esterno e negativamente, da un lato le ~a- BibliotecaG'i'noBianco · novre del P. C. I. e del Cominformismo, <l'altro lato la· mancanza di una valida alternativa di « terza forza> ~o– cialista e democratica, è certo). Questo irretirrento a vasto raggio è poi favorito da .,Itri due fattori interni della D. C. Anzitutto dal suo interclas– sismo, sul piano sociale, che ammette, senza troppo preoc– cuparsi di una «conciliazione», postulata ma non risolta, la coesistenza di interessi sociali ed economici antagonistici, e la convivenza politica dei loro opposti rappresentanti. In secondo luogo, dalla indeterrrinatezza programmatica che ad una conclarrata esigenza <l'i « giustizia sociale" fa cor– rispondere forze realmente progressiste, che ad essa inten– derebbero dare certe cenerete attuazioni, e forze inconfes– satamente o dichraratamente conservatrici che di queste pa– role si fanno semplicerrente schermo per lasciare tutte le cose immutate. L'eterogeneità di tendenze politiche e di forze sociali po– trebbe provocare alla lunga effetti centrifughi, addirittura disgregatori, se aUa forza di ccesione determinata dal pre– ponderante fattore di una comune base confessionale - on– de qualsiasi potenziale od effettivo secessionismo è bloccato dalla ccnsavevolezza di rrettersi contro la Chiesa e di es– sere colpiti dalla sua sconfessione - non s'accompagnasse quell;i di un potere politico quasi assoluto affidato ad una determinata classe politica. Con i suoi quadri, centrali e periferici, politici e di partito., essa irreggimenta, guida e domina tutto il movimento di partito. La democrazia interna della D. C. solo appare-;,terrente può contrapporsi alla !'llan– canza di derrocrazia interna del P. C. In realtà le affinità sono più d'una. Pur con un esteriore ossequio alla demo– crazia formale, alla lil:ertà delle opinioni e alla libertà ,E scelta, anche qui siarro in presenza di un ordinamento ge– rarchico: e fuori discussione in ogni caso, giacchè trascen– de l'ir:teresse del partito per impegnare l'interesse del Paese, è il vertice di questa gerarchia, cioè i quadri di go– verno; anche qui i quadri già esistenti e consolidati - così omogenei, così affiatati, così consentanei,' ·prima ancora per una comunità di visione e di interesse che per precise istruzioni ricevute dall'alto - rappresentano un'autorità co– stituita che ncn è lecitb e conveniente scalzare; anche qui c-0nformisrro ed amore del quieto vivere si mescolano a non revocabile fiducia nei « dirigenti » e a timore revercn– zi;ùe nei loro confronti, bloccando ogni intento d'opposizio– ne o deviandolo verso le inani apparenze di una « questione di persone>; anche qui, quand'anche l'opposizione, ciò mal– grado, riesce a prendere qualche consistenza e ad affiora– re congressualmente (com'è il caso della cosidetta · e sini– stra>) si hanno manovre, pressioni o quanto meno compro- ..

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