Critica Sociale - anno XLI - n. 4 - 16 febbraio 1949
78 CRITICA SOCIALE di quanto essa produca. Infatti, finchè saremo costretti a saldare il deficit della bilancia dei pagamenti con forniture, ~ratuite di merci e di dollari provenienti dal!'estero, non potremo permetterci il lusso di incrementare, oltre certi limiti il nostro consumo interno. Ma dobbiamo anche rile– vare ~he il problema, nei termini posti dal Governo e dalla Confindustria, nasconde un sofisma che tende a rovesciare completamente il •ragionamento. Qualsiasi politica economica oggi in Italia deve essere giudicata in relazione alle possibilità che essa può avere nel superare l'attuale .fase di depressione. Le varie teorie elaborate in questo ultimo secolo sulle cause dei cicli economici risentono in generale di una ca– renza di mezzi di ricerca scientifica, atti a dimostrarne la fondatezza, per cui molte conclusioni derivano dalla più o meno· ingenua applicazione alle condizioni odierne di modi di spiegazione che sarebbero applicabili a condizioni del passato .Fra la concezione classica, che ritiene- il rispar– mio unica fonte del capitale, inteso come complesso. di at– trezzature tecniche per la produzione, e la teoria del sot– to consumo della scuola marxista, che considera invece il risparmi9 non come causa ma come effetto dell'investi– mento, è evidente che la nostra scelta non può cadere che su q~e~fultima tesi nella moderna formulazione Keynesiana. Possiamo quindi essere d'accordo che se impieghi e red– diti 'rimangono invariati, allora una diminuzione del .con– sumo comporta un aumento del risparmio, ma non dobbia– mo ignorare che è proprio il primo effetto ·deHa caduta del ·consumo quello che riduce i redditi e causa perdite, per cui a redditi salariali minori corrispondono in defini– tiva minori risparmi.. Non si tratta comunque di un problema di semplice ri– sparmio, ma di quello ben più vasto e profondo della atte– nuazione del divario fra remunerazione salariale ed enti– tà dei contributi produttivi del lavoro, attraverso la elimi– nazione del m·argine tuttora esistente tra i redditi capita– listici massi~i e quelli necessari, nell'attuale regime econo– mico, ad assicurare -l'offerta dei contributi produttivi. c11i essi corrisponderebbero. Non è adunque forse legittimo ri– cercare la causa che tende a far cadere la domanda dei beni e dei servizi al di sotto della capacità produttiva della nostra industria, nella cronica ineguale distribuzione del no– stro reddito nazionale? Ma se da· una parte la tesi sostenuta dal Governo e dalla Confindustria è inficiata da una unilaterale ed erronea va– l'utazione della nostra complessa fenomenologia economica, d'altro canto non possiàmo legittimamente approvare la e– strema leggerezza con la quale gli' esponenti della maggio– ranza confederale affrontano problemi cli così larga por– tata, suscettibili di gravi conseguenze per vari milioni di lavoràtorì e per l'intera collettività. Ci riferiamo precisamente alla nuova e generàle offen– siva per gli aumenti salariali che il sen. Bitossi ha puoposto nella recente ~iunione del Comitato esecutivo della C.G.I.L., avvenuta a Milano nei giorni scorsi. - Ma prima di addentrarci nella critica, riteniamo oppor– tuno tracciare un quadro, sia pure sintetico, della situàzione salariale del nostro paese. I numeri indici dei salari con– trattuali in vigore nella nostra industria, compresi gli as– segni familiari, risultano variati, nel periodo settembre 1947- settembre 1948; come segue: (1) sett. 1947 set!. 1948 op. spec. op. qual. op. com. manov. 426o 4499 4909 5195 e man. spec. 5316 5619 5724 6129 in com– plesso 5105 5417 a cui· corrisponélono le seguenti percentuali di aumento : 5,61 5,82 5,6g 7.07 6;u Dall'esame di queste ultime cifre rileviamo un ulteriore appiattimento degli indici salariali delle varie categorie pro– fessionali. · (1) ·Gli indici salariali sono ri>levatl dal Bollettl,no del mese di ottobre 1.948 dell'Istituto Centrale di Statistica. - Biblioteca·Gino Bianco Inoltre la distribuzione salariale compresi gli assegni familiari - fra le diverse classi di industria, risulta dai seguenti indici : Settem. 1947 1948 Variaa. 1) Estrattive 5256 6217 (18%) 2) Tessili 5095 5950 (16%) 3) Lavoraz. minerali non metallici 5076 5894 (16%) 4) Metallurgiche 4334 4977 (15%) S) Alimentari 4173 4833 (16%) 6) Poligrafiche 3692 4351 {1Z%) Dalla comparazione delle variazioni percentuali avvenu– te nel periodo possiamo rilevare un'ulteriore accentuazione delle distanze fra gli indici salariali dei settori più alti (e– strattivo, tessile, lavorazione minerali non metallici) e quelli <lei settori più deprfssi (metallurgico, alimentare, poligrafico). D'al,tra parte gli indici medi delle retribuzioni nette del personale civile dello Stato, appartenente ai gruppi A e B, C e subalterni, dall'ottobre-dicembre 1947 all'agosto-settem– bre ~948 hanno subito le seguenti variazioni: 1) gruppo A. e B 2) gruppo C 3) Subalterni ott.-dic. 1947 ag.sett. 1948 _2764 2839 3923 4054 4744 4900 Variaz (2,7%) (3,3%) (3.4%) Oltre all'ulteriore appiattimento delle retribuzioni delle varie categorie verificatosi nel periodo considerato, rilevia– mo un aggravamento delle sperequazioni fra trattamento e– conomico del personale civile dello Stato e quello dell'indu– stria privata ,o controllata dallo Stato. Con quale fonda-. mento dunque si può sostenere la tesi « bitossiana » per una nuova e generale offensiva per gli aumenti salariali di fron– te ad un panorama così realistico del problema? Pericolosa leggerezza della C. G. I. L. Bisogna riconoscere con franchezza che i risultati rag– giunti' dalle ·@rganizza,,ioni sindaeali specie in questo ultimo •anno· non sono tali da giustificare ulteriori azioni tumultuo-· se come quelle· proposte dalla maggioranza confederale, in quanto esse avrebbero semmai l'effetto di creaue nuovi e maggiori attriti nei rapporti fra C.G.I.L. e organizzazione padronale, che sarebbe assai difficile poter risolvere a van– taggio dei lavoratori, mentue si accrediterebbe pressò l'o– pinione pubblica - la quale costituisce una forza non tra– scurabile - la tesi secondo la quale l'offensiva salariale trarrebbe motiv0 dal desiderio di creare nuovi osta~oli e impedimenti ,alla ricostruzione economica del Paese. E vo– lendo anehe accettare, tuttavia, l'ipotesi, non dichiarata, che il fine della proposta offensiva salariale sia quello di ca– .stringere la classe padronale a cedere il potere economico allo Stato, non sembra difficile obiettare che l'ambiente po– litico e sociale del nostro Paese non è tale da favorire un simile proposito, ' peraltro realizzabile solo in un paese in rapida evoluzione verso forme sooialistiche dell'organizza– zione statale. Infatti questa ·nuova offensiva non ha alcuna possibilità obiettiva di successo in quanto non sarebbe se– guita e sostenuta da una politica di bassi prezzi esercitata dallo Stato. Ne! caso migliore essa si tradurrebbe in una effimera ed illusoria conquista di valori nominali sempre più distanti dai valori neali dei salari stessi. Un altro deve essere invece l'obiettivo: sollevare i set• tori depressi a spese dei settori più alti - e viceversa - alimentando lo spirito di solidarietà di classe di tutti i la– vora.tori, e non, come è stato fatto inconsciamente in questi ultimi tempi, solo quello di settore o di categoria, che ha agevolato l'opera degli avversari tei,dente ad avviare nuo– vamente la nostra economia sul'la strada di un deteriore corporativismo. E non possiamo fare a meno di açcennare, da ultimo, al problema della disoccupazione, per gli intimi legami che lo avvincono a quello del salario. Pur riconoseendo che la si– tuazione attuale è una diretta conseguenza degli eventi bel– lici e soprattutto del permanente squilibrio fra risorse e po– polazione del nostro territorio, dobbiamo doverosamente am– mettere che se gli o.rgani governativi non hanno fatto fino ad oggi uno ··sforzo sufficiente per ridurre a meno gravi
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