Critica Sociale - anno XLI - n. 4 - 16 febbraio 1949
CRITICA SOCIALE 89 elettrico; o la segheria con le sue macchine moder– ne. Il bullettaio è scomparso. Il murat,ore lavora le otto ·ore. E' rimasta là piaga dolorosa del badilante che non ha arte nè parte, come. in campagna è ri– masta, nella parte montana, la piaga dei poderi po– veri, che non producono quanto occorre per il man– tenimento di una famiglia, e che non scompaiono per colpa di una piccola proprietà ignorante e im– pecunfosa, o di una grande proprietà assenteista e torpida; ma le organizzazioni sindacali battono in breccia questi mali e dovranno pur giungere ad eliminarli. Correlativamente le osterie fanno meno affari, mentre i cinema si gremiscono: molti pren– dono le ferie al mare o-vanno a far cure balneari: frequenti sono le gite domenicali. Tutto questo che cosa è se non la riprova di quel– la correlazione che Marx vedeva fra lo sviluppo delle forze produttive e le trasformazioni sociali? Strettamente connesso a quello svilQPPO, che all'o– peraio e al contadino richiede minor impiego del muscolo per la fatica .fisica e maggior impiego del cervello per la fatica intellettuale durante lo svol– gersi del lavoro manuale, non è questo ,incivilimen– to della campagna e della città, realizzato in mezzo secolo? L'operaio e il contadino acquistano nella fabbrica, nel campo coltivato a cultura intensiva, nel contatto con altri uomini, sentimenti di socia– lità moderna e capacità critiche; il materiale uma– no per la nuova società si va formando giorno per giorno sotto i nostri occhi, anche se Panfilo Gentile non se ne accorge, perchè sta troppo fra i libri e non si immerge nell::t realtà della vita, come noi provinciali. Pur leggendo i libri, Panfilo Gentile non deve a– ver letto il capitolo del Capz'tale sulla cooperazio– ne, o per lo meno deve averlo letto senza intender– ne la decisiva importanza per la interpretazione e l'adeguamento del marxismo. Allo sviluppo delle forze produttive occorreva alle origini che il ca– pitalismo borghes'e imponesse una disciplina fei:-. rea, mantenuta con la sferza e con la fame; si trat– tava di -creare la cooperazione nena fabbrica e que– sta cooperazione non poteva essere che forzata. ·Gli operai collaboravano nella fabbrica per una imp0- sizione del capitale:· per passare dalla « poltrone– ria » propria della civiltà preborghese, denunciata aspramente nel Manifesto, a -un ordinamento di la– voro in.tensivo non era suffidente lo stimolo del guadagno·: fu una triste necessità la coazione, e que– sta servì alla cooperazione, che Marx vide solo nel– la fabbrica e che noi oggi vediamo anche nell'a– gricoltura intensiva, destinata a Hberarci dall'idio– zia contadinesca, malattia costituzionale·, ·già vinta a metà· nell'Italia Centrale, avendo i contadini or– mai capito che la medicina appropriata è la moto– rizzazione. Q1mndo i contadil).i capirono che la pellagra, malattia -d'ella denutrizione, si vinceva ri– formando i patti colonici, la debellarono: ora, se i contadini capiscono il valore di questo rimedio nuovo, come stanno facendo, debelleranno anche que)l'altra malattia, dell'idiozia, che Marx nel Ma– nifesto considerava inguaribile. Come corris}:)ettivo al servizio che prestavà al– l'umanità con il rendere obbligatoria la cooperazione e col destinare notevole parte dei ricavi ai nuovi investimenti, la borghesia capitalista impose, per il gi_oco spontaneo delle forze economiche (non per un piano precostituito) la taglia del plusvalore a suo vantaggio. Di questo misterioso plusvalore Marx· dette una spiegazione che ·,al lume delle odierne teorie economichè, appare fondata su un equivoco, tanto che Graziadei vuol sostituirle quella dell'ap– ·propriazione degli utili di congiuntura; ma, valida o no la spiegazione di Marx, la tesi del plusvalore - secondo la espressione di_ Benedetto Croce - è rimasta infissa nella carne viva della borghesia co- BibliotecaGino Bianco me un dardo, che .sociologhi ed economisti della scuola ortodossa non riescono a svellere. Questa taglia appare sempre piiÌ gravosa quanto più la borghesia viene meno alla sua funzione sto– rica di destinare capitali allo sviluppo delle forze produttive e di inventare nuovi procedimenti, e quanto meno il proletariato industriale e agricolo ha bisogno della coazione per collaborare alla pro– duzione nella fabbrica e nei campi. Troppe volte ora la borghesia dimentica che, per essere social– mente utile, deve suscitare nuove energie produtti– ve, a costo anche di non riuscire a dominarle; spes– so il proletariato sente nella fabbrica quell'orgoglio del produttore che il vecchio artigianato più no– bile sentiva, come Io sente il contadino mezzadro legato dal suo contratto alle vicende della produ– zione. Nella realtà sociale assistiamo a una deca– denza della borghesia, che perde le sue virtù susci– tatrici, e a· un ·salire del proletariato, che acquista la consapevolezza· delle esigenze produttive, adat– tandosi quasi istintivamente alle necessità della fabbrica moderna e dell'agricoltura intensiva. Il trapasso dall'una all'altra società avviene così nel– l'interno della fabbrica e nei campi quasi inavver– titamente, per il modificarsi dei sistemi' produttivi e della posizione dei lavoratori nei processi délla produzione stessa. Cambiano le condizioni materia– li di vita, e cambiano parallelamente, in stretta con– nessione, i rapporti sociali : questo avviene nell'in– terno della società, anche se alla superficie appaiono esterne manifestazioni di irrequietezze proletarie e di reazioni borghesi, su cui i molti Gabriele Pepe filosofeggiano senza sospettare quanto avviene in profondità. Su questa i marxisti -debbono convergere la loro attenzione, se sanno· essere discepoli del Grande Maestro, che ha offerto loro un metodo per pene– trare nel segreto elaborarsi di una civiltà in for– mazione. Vivendo nella realtà s0ciale, ad occhi a– perti, è possibile constatare che questo ultii:no mez– zo ·secolo ci ha avvicinati a,l socialismo, formando un proletariato industriale e agricolo dalla intelli– genza aperta, che partecipa attivamente alla pro– duzione, dandole il contributo della sua intelligen– za e cooperandovi spontaneamente. Quanto più i processi tecnici si perfezioneranno grazie a nuove scoperte e grazie a questa attiva partecipazione dei lavoratori, tanto più ci avvicineremo alla società nuova, in cui non ci sarà più il bisogno di una mi– noranza che si approprii il plusvalore, a usurario compenso. del suo apporto di iniziativa e del suo richiamo alle esigenze indistruttibili della disci– plina nella fabbrica e dell'investimento di nuov,i capitali in impianti, in attrezzature, in bonifiche. Il proletariato crea il socialismo nella fabbrica e nei campi: lo crea cioè nella economia, nell'inter– no della società civile, corrodendo l'ordinamento borghese e formando il nuovo ordinamento sotto l'impalcatura dell'altro. Quando Panfilo Gentile dice che « il mitico pro• letariato non è venuto fuori ed è rimasto ostinata– mente contumace, proprio quando avrebbe dovuto operare», dimostra di essere un polemista arguto, ma di non aver avvertito il fenomeno profondo e interiore, di cui possiamo renderci conto confron– tando la posizione del contadino e dell'operaio di c'inquanta anni fa con quella di ora. Lungi dall'es– sere « una pedina inerte che passa di mano ai di– versi giocatori, i quali hanno scritto la storia san– guinosa della nostra epoca e vogliono ancora scri– verla », il proletariato è l'elemento attivo della no– stra storia sociale, e prepara silenziosamente la nuova civiltà, anche se alla superficie si notano so– lo i 11ibollimenti e i turbini, e anche se vi sia tut– tora una vasta schiera di operai miseri, che riman– gono ancora fuori del ciclo produttivo moderno, quali i badilanti condannati a una disoccupaz-ione
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