Critica Sociale - anno XLI - n. 4 - 16 febbraio 1949

86 CRITICA SOCIALE delegate in gran parte le funzioni amministrative della Regione, anche la Provincia e tali enti verranno a trovarsi in deficienza di personale. Quindi, se i fun– zionari che volontariamente passino alle Regioni non saranno sufficienti, o si metteranno a disposizione delle Regioni e degli enti dipendenti funzionari temporanea– mente comandati (senza smantellare gli uffici centrali e con l'onere delle trasferte), oppure le Provincie e i Comuni dovranno assumere nuovo personale per ese– guire le funzioni amministrative loro delegate dalle Regioni. E che dire della revisione degli organi periferici dello Stato? Rimarranno le Prefetture? E, in caso afferma– tivo, rimarranno organi dello Stato e saranno subordi– nate al Commissario regionale? Su questo il progetto tace. Nelle alte sfere della burocrazia e del Governo non solo, come si è detto, non si è propensi a -sman– tellare gli uffici centrali, ma vi è pure una forte cor– rente favorevole al mantenimento delle Prefetture, come è dimostrato dal fatto che la commissione elabo– ra tric e del primo progetto abortito sosteneva con calore il mantenimento del Prefetto, e che ora il disegno di legge ]1)resentato alla Camera passa sotto silenzio la quest10ne e non fa cenno dei suoi rapporti GO! Com– missario del Governo presso le Regioni. Anche per questo si attende la riforma amministrativa e intanto gli organi statali periferici rimangono quelli che sono. Vi è una triplice serie di rapporti per i quali non risulta definita ia competenza degli enti interessati, e sui quali è necessario che il Governo faccia conoscere le sue intenzioni e il Parlamento discuta con pondera– tez_za nel quadro della riforma amministrativa: a) attività legislativa del Parlamento e attività legi– slativa dei Consigìi regionali (l'attuale progetto con l'art. 38 si limita a ribadire la prevalenza dei principi generali contenuti nelle leggi dello Stato sulle leggi regionali; b) ammini.strazione ministeriale - amministrazione· •regionale - amministrazione enti · locai.i (il progetto rinvia a leggi successive); c) Commissione di contro!!o su!!a Regione-Prefet– tura (il progetto, mentre prevede l'istituzione del Com– missario governativo per la Regione, nonchè la com– posizione della Commissione, tace sulla questione del mantenimento delle Prefetture e dei rapporti eventuali tra Commi.ssario e Prefetto). A proposito dei silenzi del disegno di legge in esame è p01 da ricordare che esso non si occupa degli « organi di giustizia amministrativa di primo grado» che, a norma dell'art. 126 della Costituzione, devono essere istituitt nella Regione. Questo è anche uno dei punti importanti che attendono una definizione nella futura riforma amministrativa. · Con riferimento al progetto 211 noi ci siamo limitati a far osservare come la delimitazione delle competenze fra Stato, Regioni ed Enti locali non risulti da esso affatto soddisfacente, -abbiamo rilevato le velleità della burocrazia centrale d'insabbiare l'attuazione di un effi– ciente decentramento amministrativo, abbiamo trala– sciato altri importanti problemi, perchè il progetto ne dà una soluzione definita, su cui dovranno indagare le commissioni tecniche e i membri del Parlamento; il nostro scopo è stato soprattutto quello di mettere in - luce le oscurità e gli equivoci, su cui neppure la rela– zione introduttiva al disegno di legge dice nulla che possa informare il Parlamento sulle intenzioni del Go– verno per le successive iniziative di legge, alle quali pur· si richiama il progetto stesso o esplicitamente (al– l'art. 31, per quanto riguarda la precisa delimitazione delle competenze), e col silenzio (in merito alle Pre– fetture). Non è certo col rinviare, col tacere e col cedere ai ricatti della burocrazia che il Governo potrà realizzare, sulla base del decentramento stabilito dalla Costituzione, un'efficace riforma amministrativa dello Stato; LUCIANO SAFFIRIO BibliotecaGino Bianco La riforma carceraria è un dovere sociale Siamo convinti noi pure de!!a verità enunciata nel titolo di quest'articolo inviatoci da un nostro amico, che siamo pertanto lieti di pubblicare per contribuire a muovere acque che non debbono stagnare. La C. S. La civiltà d'un popolo non si misura soltanto - co– me qualcuno ha detto - dalla quantità di sapone che esso consuma, ma anche dal trattamento che riserva ai detenuti. Cosa si dovrebbe dire dell' Italia, le cui carceri sono quelle stesse che ispirarono al Murri. trent'anni fa, nel libro « Galera» un tremendo atto di accusa? Il problema carcerario ha due aspetti: le norme giuridiche dell'esecuzione penale e le modalità di esi– stenza del detenuto. In altre parole: la pena in sè e l'edificio in cui vive il detenuto. Il governo fascista aveva tentato di risolvere il pro– blema con la cosiddetta riforma del 1931. Fra i vari sistemi penitenziari ideati dopo le riforme Howard e discussi nei congressi internazionali (il sistema pen– silvanico o filadelfiano, quello auburniano, quello mi– sto, quello irlandese di Walter Crofton, quello dell'au– togoverno, quello dell'automatismo nella concessione di benefici, ecc.) il legislatore fascista scelse un siste– ma progressivo, basato sul lavoro in comune durante il giorno e sull'isolamento durante la notte. Per evi– tare la reciproca corruzione fra detenuti adottò due mezzi: il reparto dei condannati (i'n base alla reci– diva e all'indole àel reato, all'età e al lavoro) e l'os– servazione (cioè la valutazi6ne delle_ qualità, del ca– rattere, delle attitudini del condannato ammesso alla vita in comune, mediante sottoposizione, al momento dell'ingresso nello stabilimento, ad isolamento continuo e a visite quotidiane del direttore, del medico, del cap– pellano). Limitò la liberazione condizionale a taluni condan– nati e il perdono giudiziale ai minorenni. Introdusse il trasferimento dei condannati più meritevoli agli sta– bilimenti di .riadattamento sociale e le misure ammini– strative di sicurezza, basate sulla pericolosità del reo ed inflitte a tempo indeterminato, dopo scontata la pena, anche su iniziativa del giudice di sorveglianza (nuovo organo di vigilanza sull'esecuzione delle pene). Infine il legislatore fascista regolò l'assistenza post– carceraria, istituenào presso ciascun ·Tribunale un Consiglio di pa_tronato, con limitatissima funzione al– l'interno del carcere, e con l'organizzazione all'esterno di assistenziari pei liberati dal carcere (istituti in cui gli ex-detenuti trovano un'occupazione provvisoria, in attesa di un regolare lavoro nell'industria libera). Tutto questo riguarda il lato giuridico dell'esecuzione penale. Per quanto si riferisce alle modalità di esi– stenza del condannato, ben poco fece il governo fa– scista, se Dino Grandi, ministro di grazia e giustizia, ammetteva in una Relazione ufficiale del 25 marzo 1940 che, « il più resta ancora da fare ... ». In questa Rela– zione (pubblicata nell'opera Bonifica umana, ed. Isti– tuto Tumminelli, 2 vol., Roma, 1941) egli dichiarava: « Bisogna riconoscere cne in materia di stabilimenti carcerari ed istituti penitenziari, salvo qualche lode– vole ecce7.ione, il nostro paese si trova tuttora in uno stato di palese inferiorità di fronte a molti paesi, per– chè gli Stati italiam prima della unificazione non si preoccuparono degli.edifici carcerari, e ai relativi com– piti furono destinati vecchi conventi, antiche fortezze e castelli abbandonati. « Purtroppo, anche dopo l'unificazione e anche dopo il 1890, cioè dopo la pubblicazione del codice Zanar-

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