Critica Sociale - anno XLI - n. 4 - 16 febbraio 1949
CRITICA SOCIALE 85 Uva dello Stato. Se si considera, d'altro canto, .che l'opposizione può invece volgere i propri favori al decentramento politico, ravvisandovi l'opportunità di rifarsi contro il Governo nelle elezioni e nell'ammini– strazione delle Regioni, si. vede quanto siano compro– messi gli scopi essenzialmente amministrativi dell'ordi– namento regionale. Il disegno n. 211 tratta del Consiglio regionale, della Giunta e del suo Presidente, delle leggi regionali, del Commissariò governativo e dei controlli, dei servizi, ciel personale e degli uffici della Regione, ecc. I punti oscuri del progetto (delimitazione della competenza fra Stato e Regione; mantenimento o .meno della Preféttura), nonchè le formule equivoche e pericolose (decentra– mento autonomo dei servizi da parte delle singole Re– gioni, costituzioJ1e degli uffici regionali e personale) hanno evidente origine dalla preoccupazione del Go– verno di non suscitare violente opposizioni, di dare tempo al tempo e di lasciare la via aperta alle succes– sive iniziative di legge ministeriali. Se l'art. 117 della Costituzione elenca le materie per le quali è devòluta alla Regione la competenza legi– slativa, è però ·necessario vedere in concreto se la competenza per tali materie è trasferita interamente alla Regione o meno. Già l'importante art. VIII delle disposizioni transitorie della Costituzione stabilisce che « leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubhlica amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni». Ora l'art. 31 dell'at– tuale progetto si limita a ribadire tale principio, men– -tre il successivo art. 38 riafferma che leggi della Re– pubblica stabiliscono i principi fondamentali a cui do– vranno attenersi i Consigli regionali nella loro attività legislativa. Ciò significa che le materie elencate dal– l'art. 117 della Costituzione saranno parimenti di com– petenza degli organi statali e di quelli regionali (con gli inevitabili conflitti tra i « principi generali» delle leggi dello Stato e i singoli articoli delle leggi regio– nali), che le leggi che dovranno regolarne il trasfe– rimento alle Regioni ,ispirate come saranno dalla buro– crazia centrale al servizio del Governo e alle cui grazie il Governo stesso dimostra di tenere molto cercheranno di minimizzare la corrispondente competenza legisla– tiva degli enti regionali, e che perciò, per i singoli rami della pubblica amministrazione si avranno, al centro, gli uffici attuali_ che rimarranno immutati col loro personale, e, alla periferia, uffici regionali e pro– vinciali, con personale in trasferta o nuovo (ciò del resto è evidentemente confermato dalle norme sulla costituzione degli uffici regionali, contenute nel di– segno 211). Per quanto riguarda il vero e proprio decentramento politico, che consiste .nell'autonomia legislativa con– cessa alle Regioni, il progetto rinvia, come si è detto, a successive leggi della Repubblica. Ora che il principio dell'autonomia politica delle Regioni è stato stabilito (probabilmente alla leggera), col pericolo che tale au– tonomia prevalga sugli scopi, veramente sentiti, di ùn decentramento amministrativo, l'indirizzo legislativo non può certo essere quello cli rinviare o sabotare la riforma mantenendo intatta la burocrazia centrale e periferica (aggiungendovi inoltre quella regionale) e istituendo nelle Regioni organi legislativi e ammini– strativi privi di funzioni rilevanti; tanto valeva allora non costituire gli enti regionali e servirsi di provincie e consorzi di provincie. Ad ogni modo, c'è _da auspicare che il regime della partitocrazia venga ad attenuarsi, altrimenti si rischia di moltiplicare per 19 gli attuali difetti del parlamentarismo e di fare della Regione una palestra di esercitazioni politiche anzichè un ente pre– valentemente amministrativo. Nel campo amministrativo il progetto dice qualcosa di più, ma non di maggiore soddisfazione. Ci si do– vrebbe attenere al principio di evitare almeno, nel trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni, ogni doppione, ogni aumento di personale, ogni controllo dei j:Ontrolli, ecc., affinchè l'articolazione fra gli organi BibliotecaGino Bianco amministrativi dello Stato, della Regione e degli enti autarchici fosse semplice e rapida. Ma, purtroppo, vi sono segni di una tendenza in senso contrario. Il Go– verno, per le preoccupazioni politiche del partito di maggioranza e per le pressioni deUa burocrazia roma– na, non pare affatto disposto, come si è accennato, a smantellare la burocrazia centrale, mentre, alla peri– feria, in attesa della auspicata riforma amministrativa, permarranno i Comuni e le Provincie come enti autar– chici e ad essi si aggiungeranno le Regioni come enti dotati di poteri amministrativi e legislativi. I rapporti fra Stato, Regione e Provincia sono lasciati nell'oscu– rità, in attesa delle leggi che dovranno stabilire la distribuzione delle competenze fra Stato e Regione, nonchè della riforma amministrativa. Ma già in questo progetto è stabilito, nell'ultimo comma dell'art. 31, che « la Giunta proporrà al Consiglio un piano particola– reggiato di decentramento dei servizi della Regione » dopochè saranno state emanate le suddette leggi. Tale principio a noi pare accettabile soltanto quando tale decentramento sia attuato nel quadro di leggi dello Stato che, pur tenendo conto delle esigenze_ regionali, disciplinino in modo uniforme i rapporti fra Stato, Re– gioni e Provincie, allo scopo di evitare eccessive diffe– renze nella prassi amministrativa tra Regione e Re– gione anche a vantaggio della certezza dei rapporti fra il cittadino e gli organi della pubblica amministra– zione. l',[ decentromento bui,ocratioo. Ma accanto a questi (ed altri!) problemi inerenti alla delimitazione delle competenze, la quale è pregiu– diziale per l'attuazione del decentramento, esistono altre questioni relative al particolare decentramento burocratico (trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni e revisione degli organi periferici dello Stato). Il progetto in esame, così come rinvia a leggi suc– cessive per quanto riguarda il passaggio delle. funzioni statali attribuite alle Regioni, conseguentemente nulla stabilisce in merito al trasferimento in esse degli uffici statali: prevede soltanto l'organizzazione interna degli uffici regionali (art. 27) e un piano regionale di decen– tramento dei servizi (art. 31). Vi sono invece le norme concernenti il personale necessario per la· costituzione degli uffici regionali, ma da esse purtroppo non si arguisce nulla che dimostri la volontà del legislatore di evitare accuratamente - come è necessario! ·– l'aumento della burocrazia statale e locale. Il terzo comma dell'art. VIII delle disp. trans. della Costituzione prevede il passaggio alle Regioni dei fun– zionari dello Stato, e specifica che queste devono, « tranne casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato e degli enti locali ». Ecco ciò che dispone in proposito il recente progetto: 1) le Regioni provvederanno alla prima costituzione dei propri uffici con personale temporaneamente co– mandato dalle amministrazioni dello Stato e, ove· oc– corra, degli enti locali; 2) la Regione provvederà ad inquadrare nel ruolo regionale il personale delle amministrazioni dello Stato e di quelle degli enti locali, che faccia domanda di passaggio alla Regione; 3) inoltre la Regione potrà chiedere alle suddette amministrazioni l'assegnazione di personaie statale temporaneamente comandato. Il personale dello Stato entrerà soltanto volontaria– mente nel ruolo regionale. Ciò pare un'evidente. con– cessione ai desideri d'immobilità della burocrazia ro– mana. Nelle condizioni attuali si può prevedere che il personale delle amministrazioni centrali non vorrà muoversi e che, tutt'al più, acconsentirà a farsi « tEm · poraneaìnente » coman_dare, conservando il posto nel ruolo centrale e acquistando gli assegni di trasferta. Inoltre, · poichè, a norma dell'art. 118 della Costitu– zione, agli enti locali (Provincie, Comuni) verranno
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