Critica Sociale - anno XLI - n. 4 - 16 febbraio 1949

84 CRITICA SOCIALE nè possibilità di giudizio, nè acqms1scano capacità di valutazione. Se la borghesia volesse effettivamente la collaborazione di classe, avrebbe tutta la convenienza a dare capacità di giudizio ai lavoratori; ma questa convenienza non l'ha, e per questo i Consigli di ge– stione, ·da strumento di collaborazione sul piano della produzione, tendono a trasformarsi in strumenti di lotta di classe sul piano della distribuzione dei pro– dotti. Come superare questo dissidio? Evidentemente non vi è che un'unica strada: quella segnata da quasi un secolo di lotte per il socialismo. La classe lavoratrice deve farsi cosciente d'essere por– tatrice di valori universali e quindi in ogni suo atteg– giamento non deve mai mancare di ispirarsi agli in– teressi generali della società che in definitiva sono i suoi stessi interessi; deve acquisire capacità e volontà di autogovernarsi e così inserire la propria volontà· deliberante in ogni attività sociale, ricordando che è maggiore vittoria per il proletariato il conquistare una posizione che consenta l'estrinsecazione anche minima di effettivo potere, di un effimero ~ spesso contropro– ducente aumento salariale; deve facilitare con ogni mezzo, ed a costo di qualunque sacrificio, la democra– ticizzazione della vita del lavoro, in quanto indispen– sabile premessa alla comune elevazione dei lavoratori, ed alla più proficua selezione. In tal modo la classe lavoratrice acquisirà la possibilità di intervenire, nel campo della produzione, con un'attività sempre più cosciente e con volontà consapevole delle finalità da perseguire, e quindi in grado di opporre il proprio peso ed il proprio « potere » al « potere » della classe pa– dronale. E siccome ogni forza economica è anche una forza politica, il proletariato non dovrà dimenticare che la lotta per la propria emancipazione si combatte e sul fronte della produzione e della distribuzione e su quello politico. Su questa strada, e solo su questa strada, il prole– tariato potrà acquistare quel peso che gli consentirà di esercitare il potere necessario per costringere la borghesia a prestare la propria effettiva collaborazione di classe nel campo della produzione. Conseguente– mente nè il gerarchismo totalitario, nè il paternalismo corporativista, nè la violenza capitalista, possono assi– curare le condizioni necessarie all'effettiva collabora– zione di classe, indispensabile premessa al consegui– mento del massimo di produttività per l'impresa eco– nomica. Concludendo: il proletariato, conscio dei valori uni– versali di cui è portatore e della necessità di assicurare alla società il maggior prodotto possibile, deve porgere tutta ed incondizionata la propria .collaborazione al perseguimento di tale fine, ponendo e rivendicando nel contempo l'attuazione di quelle condizioni che gli con– sentano di assicurarsi l'effettiva e reale collaborazione delle altre classi nel campo dellà produzione, onde assicurare all'intera società maggiori possibilità di mi– glior esistenza. Ne consegue che la battaglia dei socialisti per l'?f– francamento della classe lavoratrice dal dominio bor– ghese deve essere condotta con estrema energia, sia nel campo politico che. in quello della produzione; perchè vana sarebbe una vittoria nel campo politico, se le forze del lavoro n·on sapessero accompagnarla con eguale vittoria sul piano dei rapporti di classe nel campo della produzione. Non ci dobbiamo -nascondere che su questa strada vi è ancora un lunghissimo cammino da percorrere, ma questa non deve essere ragione di scoramento; così come non ci dobbiamo affatto meravigliare se qualche, tentativo di democraticizzazione nel campo della vita· aziendale ha potuto suscitare tanto sdegno tra la classe padronale e nella tribù dei paolotti e persino in qual– che ambiente ufficialmente progressista! PIETRO BEGHI BibliotecaGino Bianco L'oscura attuazione del decentr-amento regionale Pretendere che i problemi costituzionali, ammini– strativi od economici non siano improntati - specie in questi anni di violenta lotta di classi e di Stati -· a contrastanti visioni politiche, rivelerebbe indubbia– mente mancanza di senso storico e politico, ed equi– varrebbe a pretendere che le istituzioni si svolgano secondo un'astratta logica giuridica che, invece, non è certo sufficiente a far comprendere, integralmente e concretamente, i veri termini della questione della regione. Ciò premesso, è tuttavia doveroso - da parte di chi riconosca nello Stato un ente che, in un regime a pluralità di partiti, può rappresentare un'unità for– male a garanzia della mutua tolleranza e della libertà - mettere in luce tutto ciò che, mentre viene presen– tato o imposto dai partiti al Paese. come necessità co– stituzionale-amministrativa, ,corrisponde in realtà a particolari esigenze politithe dei singoli partiti o di piccoli gruppi. La D. C. si battè strenuamente per le autonomie regionali non soltanto per ispirazione dei principì della sua dottrina politica, ma soprattutto per il timore che il P. C. s'impadronisse dello Stato con un sol colpo elettorale, e quando essa conseguentemente riteneva di poterne impedire il predominio, frazionando l'attività parlamentare e legislativa nelle varie regioni. Ma dac– chè il partito D. C, ha riscosso la maggioranza asso– luta in Parlamento, il suo ardente favore per il regio– nalismo ha subito evidenti mutamenti. Costituito l'attuale Governo, fu elaborato da un alto funzionario del Ministero degli Interni, sotto gli auspicì del sottosegretario Marazza, un· primo schema di legge per l'attuazione de)l'ordinamento regionale. Nella rela– zione introduttiva, facendo riferimento al limite fissato dal primt comma dell'art. 117 della Costituzione, si stabiliva che le materie elencate in tale articolo non sarebbero state trasferite interamente alla competenza legislativa e amministrativa delle Regioni, ma soltanto nei limiti tracciati da apposite' leggi dello Stato. Tali norme - secondo quella relazione - sarebbero state formulate su iniziativa del Governo e dei singoli Mi– nistri interessati, che avrebbero deciso ciò che· ha da essere decentrato alla Regione e ciò che la burocrazia centrale deve tenere nelle proprie mani (e si sa che quanto propone il Governo, data l'attuale composizione e rigidità della maggioranza e minoranza in Parla– mento, offre ben poche possibilità di essere sostanzial– mente modificato), Tale progetto prevedeva il mante– nimento del Prefetto, nonchè uno stretto· controllo di legittimità e di ·merito (in contrasto con il limite, per i « determinati casi », stabilito dall'art. 125 della Costi– tuzione), analogo a quello esercitato dalle 'Prefetture sui piccoli Comuni.· Era troppo evidente l'intenzione della burocrazia centrale di insabbiare le autonomie regionali e il progetto fu poi buttato a mare, II).a esso rimane un documento assai espressivo delle velleità della casta burocratica. In data 10 dicembre 1948 è stato finalmente presen– tato alla Camera un disegno di legge (n. 211) per la costituzione e il funzionamento degli organi regionali. Esso, per il silenzio su punti importanti e per l'equi- 1 vocità di altri, rivela l'attuale disagio del partito dominante, che, mentre da un lato non può ripudiare i suoi principì regionalistici nè .promuovere la revi– sion·e di quella Costituzione che esso stesso ha recente– mente e prevalentemente contribuito a formare, dal– l'altro teme che l'autonomia politica e amministrativa possa dare ai comunisti o ad altri l'opportunità di corrodere il potere centrale. C'è in quest'atteggiamento una contraddizione profonda, che rischia di compro– mettere gravemente gli scopi dell'ordinamento regio– nale e di ostacolare la auspicata riforma amministra-

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