Critica Sociale - anno XLI - n. 4 - 16 febbraio 1949

CRITICA SOCIALE credito dallo Stato, per pagare i salari alle proprie maestranze, _e nel contempo profonde decine e decine di milioni in costruzioni edilizie... di lusso? È colla– borazione di classe, tanto. per servirci di un esempio spesso ricordato çialla letteratura economica, quello del «fattore» - categoria «funzionari» - che manda in rovina le -terre del proprietario incapace o assenteista per comprarle poi alle migliori condizioni, o per far fare un affare al « compare », dimentico così anche degli interessi di quei lavorii.tori che· traggono i propri mezzi di vita da quelle terre? E come qualificare collaborazione di classe l'attività di quei « funzionari » che, avvalendosi del « potere » che esercitano su un'impresa, assicurano lauti profitti alle « anonime » di cui sono proprietari, a tutto danno della impresa affidata alle loro cure? E che dire, infine, di quei « funzionari » che amm\nistrano il credito, e magari gli stessi quattrini dello Stato, agli ordini di questo e di quel gruppo monopolista, favorendo la spa– rizione di quelle imprese i cui interessi contrastano con gli interessi dei loro effettivi padroni? Le cause d.e•l diminuito rendimento. Prima dunque di scandalizzarsi I tanto per la « non collaborazione » dei lavoratori, che pur condanniamo anche noi, che abbiamo anzi già condannata, la bor– ghesia ed i suoi paladini farebbero bene a fare un C1nesto ed attento esame di coscienza. Allo stato attuale delle cose noi abbiamo che il « datore di lavoro » corrisponde al « lavoratore » un salario proporzionale al « tempo d'impiego della mano d'opera » e che questo salario corrisponde, grosso mo– do, alle necessità minime di vita del lavoratore; talchè, anche in regime di libera e individuale contrattazione, è pensabile che il datore di lavoro non avrebbe con– venienza ad offrire· un salario più ridotto, senza pre– giudicare le condizioni fisiche del lavoratore, provo– cando quindi un minore rendimento, in misux'a più che proporzionale alla riduzione di quel s~lario. Inoltre il datore ·di ìavoro corrisponde premi di produzione, o cottimi, per assicurarsi una maggior attività del lavo– ratore, e quindi una maggiore-produttività; in tal caso il datore di lavoro, anche ammettendo che al lavora– tore riconosca integralmente il maggior prodotto rela– tivo alla sua maggiore attività, si avvantaggia quanto meno della più integrale utilizzazione dei propri im– pianti e del complesso organizzativo. Comunque il da– tore di lavoro ha i mezzi a sua disposizione per accer– tarsi della effettiva «collaborazione» del lavoratore. Non valgano le considerazioni relative alla situazione contingente, spesso pretesa più che reale, di un clima dì insubordinazione, di disordine, di violenze ecc., come . causa di scarso rendimento della classe lavoratrice. Se dovessimo addentrarci in un'analisi dei' genere, ve– dremmo che nessuno ne uscirebbe senza condanna e che ciò che spesso si vuol fare apparire causa è sem– plicemente effetto e viceversa. Interessanti rivelazioni statistiche presso varie azien– de ci dicono che là dove i cicli produttivi sono rimasti invariati, così come il carico di lavoro e gli altri ele– menti economici e finanziari dell'impresa, non si è avuto decremento nell'indice di produttività dei lavo– ratori; vedansi le industrie elettriche, molte industrie siderurgiche, industrie chimiche ecc. Tale indice è in– vece disceso al 70-60 (fatta base 100 il 1938), là dove si è dovuta convertire la produzione o dove i cicli di produzione sono discontinui ed •i mezzi finanziari ina– deguati. .Significativo l'esempio offerto da una grande industria, ove si è verificato un minor rendimento della mano d'opera nei reparti di produzione motoristica, in cui si hanno continue variazioni nel carico di lavoro, nell'organizzazione del lavoro ecc. a causa dello scarso assorbimento del mercato e della inadeguata qualità del prodotto; mentre in altri reparti, destinati a costru– zione di velocipedi, il rend'imento della mano d'opera BibliotecaGino Bianco è rimasto eguale ed ha anche superato quello del 19311. · Comunque ciò che a noi interessa stabilire è che la– classe padronale. ha facoltà e mezzi per ·controllare l'effettiva collaborazione dei lavoratori. Hanno i lavo– ratori eguale facoltà e mezzi per controllare se la classe padronale presta la propria effettiva collabo– razione all'impresa? E quando anche i lavoratori aves– sero e facoltà e mezzi per controllare ed accertarsi di tale collaborazione, chi stabilisce gli obiettivi che l'im– presa si propone di perseguire? È dunque evidente– mente assurdo parlare di collaborazione di classe lad– dove non vi sia possibilità di stabilire di comune ac– cordo e gli obbiettivi da perseguire ed i mezzi da im– piegare, e dove non vi sia la possibilità di esercitare il reciproco controllo dell'invocata collaborazione. Allo stato attuale delle cose, in regime cioè di società borghese; nè · vi .è nè vi può essere collaborazione di classe, neanche sul piano della produzione, ove pur dovrebbe esservi collaborazione. La società borghese è per sua natura, .per sua struttura organica, la società della sopraffazione e della violenza; e non ci si venga a ripetere che i fatti che noi lamentiamo rappresentano « deviazioni » o « degenerazioni » del sistema capita– listico. Quando si invocano le leggi del mercato e dell'eco– nomia di mercato, non vi è chi non veda l'impostura a cui tali invocazioni sono ispirate. Economia di mer– cato, automatismo economico ecc. sarebbero se... la società in cui viviamo non fosse quella che è; e d'altra .parte automatismo economico ed economia di mercato non sono che il mezzo per assicurare maggior ricchezza e, quindi, maggior potere a chi ha ricchezza e potere, e maggior miseria e minor potere a chi già ha miseria e poco o nessun potere. Perchè, se reali rapporti di effettiva impossibilità di una collaborazione di classe tra lavoratori e datori di lavoro non esistono, non esistono neppure tali possibi– lità di collaborazione tra le decine di migliaia di pic– coli azionisti, di coloro cioè che hanno giuridicamente l'effettiva proprietà dei mezzi d'opera, e gli « ammini– stratori » o « funzionari » che esercitano l'effettivo « potere » su quei mezzi di produzione per volere di un gruppo di speculatori che controllano con un pugno di azioni i maggiori complessi produttivi. Chi non conosce la sorte riservata ai piccoli azionisti dai pluto– crati dell'industria? Chi non conosce le disavventure dei piccoli risparmiatori che hanno investito il frutto di tante privazioni in titoli industriali e le malefatte dei tanti Brusadelli? È questa collaborazione cj.i classe,?– Se tante e così amare constatazioni fanno divampa,re lo sdegno di uomini che hanno il culto della libertà, della giustizia e della socialità, e se ci ribelliamo con tutta la nostra forza alla società borghese, espressione di violenza e di sopraffazione, dobbiamo concludere, riassumendo, che due sono le condizioni indispensabili ad una qualsiasi collaborazione: 1) parità di potere deliberante; 2) parità di possibilità di reciproco con– trollo. È implicito in queste due condizion.i il concetto della «capacità», sia individuale che collettiva, ad estrinsecare gli atti relativi. Se collaborazione di classe si pretende - ed è neces– sario sia assicurata - nel campo della · produzione, incominci intanto la borghesia a consentire che la classe lavoratrice possa affermare la propria parte di potere deliberante nell'ambito aziendali'!: li compito del proletariato. 'conosciamo le obbiezioni che si muovono a tale richiesta: il fallimento dei Consigli di gestione, i rischi dell'imprenditore, ecc. ecc. Noi potremmo ·rispondere che nelle aziende i Consigli di gestione funzionano esat– tamente nella misura in cui la bcrghesia dei « proprie– tari » e dei « funzionari » vuole che essi funzionino. Quando si è interessati a nascondere troppe ~ose ai Consigli di gestione è evidente che questi non abbiano

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