Critica Sociale - anno XLI - n. 3 - 1 febbraio 1949
CRITICA SOCIALE 53 l'azione collettivà che metterà in grado le· libere nazioni di potere fronteggiare un aggressore pote11ziale con una forza prepo11deranle, costituisce, insieme alla ricostruzione eco_nc,– mica ed alla stabilità politica, l'u11ico e soddisfa.:ente antido– to c011tro la paura>. ,li documento richiama poi due trattati. Quello di Rio de Janeiro (2) - che, come si è visto, dovrebbe costituir~ il prototipo del Patto Atlantico - il quale « dispone l' az10•1e collettiva da parte delle repubbliche americane nell'eventua– lità di un attacco armato contro una nazione dell'emisfero occidentale>. E il patto di Bruxelles (3) considerato con pie– no favore anche nel suo aspetto militare, ma che viene rico– nosciuto 5oltanto insufficiente "perchè le risorse unite delle nazioni del patto di Bruxelles non possono attua 1 mente co– stituire una forza militare sufficiente a garantire una effet– tiva resistenza contro l'invasore>. Scendendo ai mezzi pratici, il documento osserva che « gli Stati Uniti devono decidere quel che può essere fatto per aiutare queste nazioni a costituire un' orga,1izzazic1ne milita– re abbastanza forte per garantire la loro effettiva ai,todife– ra >. A tale riguardo « appare chiaro che gli Stati Uniti de– vono fornire gran parte dell'equipaggiamento mi4itare >. e senza però mai compromettere la nostra forza economica o militare». li guaio si è che « le nazioni dell'Europa Occi– d~ntale hanno speso individualmente somme elevalt per il proprio armamento, senza alcun coordinamento. Gli organi di difesa previsti dal trattato di Bruxelles si stanno sfor– zando di costituire una forza pirì imp011ente, integrando i rispettivi sforzi in un programma di difesa e di rifornin:ien– to unificati. Questo è il significato delle parole « c011tinua td effettiva collaborazione reciproca> co11te1111te 11e/la riso– lwzione Vandenberg. Ogni paese deve dare il contributo c011 quello che può, nella misura massima, si traiti di mano d'o– pl!ra (? !), di anni, di materie prime, o di capacità produt: tiva >. « Come nel caso dell'E.R.P., il coordinamento degh sforzi da parte degli europei in un programma comune do– v.-ebhe nel tempo stesso fornire loro maggiori compensi per le loro fatiche e ridurre la misura degli aiuti suppletivi di cui ess.i avranno bisogno da parte degli Stati Uniti. fo qu.,,/– che caso le n<JJlionieuropee potranno trovarsi di fronte a maggiori spese militari (nota btne !), ma u.n pro.gra~":'a di difesa comune efficace, con l'appoggio degh Stati Urutt, ~– sicurerà una misura di sicurezza che non potrebbe essere raggiunta in altro modo e che, aumentando la fiducia, aiu– terà la ricostruzione>. Vero si è che si riconosce che « ricostruzione economica e sicurezza contro l'aggressione sono strettamente legate> e che si ribadisce che « -la ricostruzione eoonomica è fonda– mentale e dovrebbe continuare ad avere la precedenza sul processo di riarmo>. Ma alle consuete classi dirigenti, c~e le esigenze economiche hanno sempre sottomesso alle esi– genze di Marte, resta in definitiva affidato l'assicurare il « perfetto equilibrio in Europa tra ricostruzione e riarm~ ». Menl're « un eguale equilibrio dovrebbe essere cons~gu!to negli Stati Uniti tra le esigenze della nostra econonua ,n– terna, della nostra difesa, del nostro contributo all'E:R.P., e il co11trib11to al riarmo europeo> (NB. : tanto per ch1ama– ré le cose col loro vero nome!). Abbiamo voluto largamente citare, perchè il documento parla chiaTissimo, e non lascia alcun adito a spera:re in u~a unilaterale garanzia americana in caso di aggressione o m una esenzione delle diverse nazioni d'Europa dall'onere fon– damentale di riarmarsi, per garantirsi reciprocamente. L'ul– tima parte del document,:, mostra poi quale affidamento da parte americana si faccia sul patto di Bruxelles, ~uale < lo- • gico punto di partenza>, e come il patto a~a~hco. veng~ considerato in funzione di un allineamento de, d1vers1 paesi in tale patto, contro il quale il nostro. ~artito, consideran– done la risorgente insidia di patto m1htare, ha sempre e categoricamente spezzato le sue lance (4). (2) (3) 292. Cfr. riv. Relazioni internruionali, 1947, n. 38, pag. 597. > > > > 1948, n. 13-14, pag. 1 (4) Una particolare analisi meriterebbe la nostra a_desion~ al e Consiglio Europeo >. Non possiamo certo, in hnea ~ principio, essere avversi a questo primo costituirsi di ~rgan~ che C:ebbono addurre a quella Federazione Europea eh è net nostri obiettivi e nel nostri ideali. Ma occorre tener d'occhio ibliotecaGino Bianco La simrezza e l'l tafia « Sicurezza» è il termine sotto la cui egida nasce il pat– to atlantico. Non si può dire si sia lavorato molto con la fantasia. La parola anzi è di per sè assai poco rassicur m– te, chè la storia diplomatica del periodo corso tra le due grandi guerre mondiali è la storia dei fallimenti dei diversi « sistemi di sicurezza> escogitati (compreso quello della « si– curezza collettiva»). E anche allora ci si manteneva sullo stesso terreno della potenza militare, della preponderanza della forza di uno schieramento per frustrare gli intenti bel– licosi di un altro, del riarmo generale come arra per il mantenimento della pace ... No, non sembra che gli uomini abbiano appreso gran che dalla storia, se così pedissequa– mente ricascano nelle stesse illusioni e nelle stesse involu– zioni (malgrado le nuove diavolerie - e si chiamano: bomba atomica, ecc. - messe in opera) e se non sentono la neces– sita di battere, per costruire la pace, delle vie nuove, tra le quali mai ci stancheremc> d'indicare la soluzione federalista. Che è poi la sola atta a dar vita ad una « terza forza inter– nazionale>, puntando sull'Europa come compagine non de– stinata a serviTe da antemurale agli Stati Uniti o ali' In– ghilterra, secondo la tradizionale strategia dei grandi impe– ri d'oltre?rare, ma a fungere da fulcro di distensione, di scambio di riattivazione della civiltà occidentale. Comu~que, per restare sul terreno della «sicurezza>, bi– sogna constataTe che c'è il problema della « sicurezza> del– l'Europa Occidentale, cioè dei paesi già inseriti nel patto di Bruxelles; e a questo problema la partecipazione dell'Italia, nelle condizioni in cui si trova, non sembra, e l'Inghilterra 1~ ha capito molto bene, dare un apporto positivo. E c'è il problema, che solo in definitiva deve preoccuparci, del!a « sicurezza> del nostro paese. Dall'inserimento dell'Itaha nel patto atlantioo consegue un aumento della sua « sicu– rezza»? Mi pare sia lecito dubitarne fortemente. A coloro che sostengono che una dichiarazione di neutra– lità dell'Italia non basterebbe a salvarla da un'invasione, per– chè data l'importanza strategica dell'Italia, un aggressore ris~luto e spregiudicato non si. arresterebbe certo davanti ai cartelloni di confine attestanti la sua volontà di restar fuori da ogni conflitto, va osservato che l'argomento è perfetta– mente rovesciabile. E cioè, nemmeno l'adesione dell'Italia al patto atlantico preserverebbe l'Italia da un'invasione, non potendosi ·prospettare seriamente che le nostre esigue forze militari (a meno di non correre la pericolosa avventura ,J, una violazione delle clausole militari del nostro trattato di pace e precostituire un nostro solido armamento, che d'al– tronde sarebbe parimenti inetto a fronteggiare validamente un impeto offensivo) preservino le nostre fr'ontiere orien– tali. La garanzia militare americana interverrebbe bensì, ma solo ad invasione in atto o compiuta, per portare, nel migliore dei casi, la guerra nel cuore del nostro paese - p,~obabilmente ritirandosi su di una « linea gotica> rove– sciata ed abbandonando la Valle Padana all'inv~.sore -, o per operarne la riconquista, dopo che il tempo impi~gato nella invasione avrà consentito alle forze armate americane di traversare l'Atlantico e di sbarcare, con forze sufficien– ti, in EUTopa. Non senza tener conto che, probabilll"en.te, l'ltalia verrebbe considerata ancora una volta uno scacchie– re secondario, rispetto all'asse militare solcante il centro dell'Europa, e quindi tale da sconsigliare di compiervi sf?~– zi militari di vasta portata, sia difensivi che controffens1V1. Ora va considerato che l'adesione dell'Italia al patto atlan– tico cioè ad un'alleanza militare implicante un mutuo e re– cip;oco aiuto tra i partecipanti, schiererebbe illi~o et i.m'!1e– diate il nostro Paese tra quei nemici che la Russia Sov1et1ca. nell'ipotesi di uno suo intento aggressivo, dwrebbe affron– tare: sarebbe anzi il nemico più esposto, più debole, più al– lettante per mire offensive. Coni'è chiaro, la e sicurezza> - intesa per lo meno nel questa istituzione, sin troppo legata in partenza alJa UnJone di Bruxelles (come dimostrano le confusioni fatte al riguardo dalla nostra stampa). Alla iniziativa ed alla responsabilità dei suoi componenti è affidato il portare il e Consiglio Euro– peo> sul plano de11a conquiste federaliste, mirando risolu– tamente alla CosUtuente federale, ma con il costante rischio, in caso diverso, di involuzioni appunto verso un'adesione all'alleanza di Bruxelles ed al suo inne.starsi nel patto atlantico.
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