Critica Sociale - anno XLI - n. 3 - 1 febbraio 1949
CRITICA SOCIALE I 51 di tutti gli oratori di affermare con molta chiarez– za il pensiero che essi erano delegati ad esprimere. Le forze delle singole correnti apparvero in propor– zione sens•ibilmente diversa da quelle del Congresso di Napoli. Là il centro-sinistro e la sinistra si erano raccolti sin dall'inizio in una sola mozione, di fron– ~e alla quale era un'altra mozione che rappresentava il pensiero del centro-destro e della destra. A Mila– no la sinistra si presentava nettamente scissa. e seb– bene sui singoli problemi le soluzioni da essa pro– poste non fossero molto diverse da quelie propugna– te dal centro-sinistro, era però sensibilmente diverso lo stato d'animo con cui l'una e l'altro le sosteneva– no. La sinistra aveva compiuto un'.opera di intensa preparazione per il Congresso; aveva raccolto attor– non a sè tutti coloro che per vari motivi dissentivano dall'opera svolta dalla Direzione del partito, dal gruppo parlamentare, dalla delegazione nostra al go– verno. Insieme a coloro che considerano questi pro– blemi con prudenza ed equilibrio di giudizio, c'era– no alcuni che dimostravano una evidente irrequietez– za; che suscitò preoccupazioni neile correnti destre del partito, I-e quali temettero, nel caso di vittoria (che a un certo momento parve ad alcuni possibile) della sinistra, un mutamento repentino nelle direttive d'azione del p'artito, del quale l'opinione pubblica non sarebbe riuscita a comprendere i motivi nè a intuire le poss:bili conseguenze e che avrebbe quindi potuto produrre nel partito stesso una pericolosa soluzione di continuità e una conseguente perdita di efficienza e·.di prestigio. Da questo timore fu senza dubbio ispi– rato il tentativo dei compagni Saragat e D'Aragona di costituire una larga coalizione di forze congres– suali, accogliendo nei programmi enunciati dalle due frazioni di destra qualche ispiraz:one della mozioJle del 'éentro-sinistro; ma quest'ultimo non aderì all'in– vito che era implicito nella proposta Saragat-D'Ara– gcma, pe,chè ritenne che, se può esser pericoloso uu t~oppo_sensibile_ spostam~nto, dalle, diretti~e seguile sm qUt dal partito, non s1 puo pero non t1conoscere la necessità di una coraggiosa revisione. the il bilancio della partecipazione al governo presenti un brillante attivo nessuno infatti potrebbe ;if.fermare. Se anche sia vero che la Democrazia Cri– stiana non ha formalmente violato gli impegni as– sunti al momento della costituzione del governo, è vero però che l'esperienza ha dimostrato che il cri– terio col quale la detta democrazia procede nella sua opera di riforme legislative non è atto a soddisfare le esigenze di quella progressiva trasformazione del– la struttura economico-sociale che è reclamata daile attuali condizioni e dai necessari svil11ppi detla no– ~tra vita nazionale, associata a quella di tutti i po– poli. Appunto per questa inconfutabile testimon'an– za, dell'esperienza fatta nei decorsi otto mesi, anche la destra profilò nei suoi discorsi e nelle sue deci– sioni la possibilità dell'uscita nostra dal governo. II problema s'impone in funzione, da una parte della unificazione socialista, dall'altra della politica estèra a cui il governo sembra intenzionato di con– durre il n,.5tro Paese. La esigenza dell'unificazione f.u riconfe1mata da tutti, sebbene qualche oratore mostrasse di avere sull'argomento qualche po' <li ~cettidsmo e insistesse, nell'atto in cui si difendeva dall'accusa di aver condotto straccamente le trattati– ve, a denunzie.re invece la mala o fiacca volontà di coloro con cui il patto di unione avrebbe dovuto con– cludersi. Noi ripetiamo ad ogni modo, sicuri d'inter– pretare il desiderio della grandissima maggioranza iblioteca Gino Bianco del partito, che, senza intrattenerci a misurare le col– pe ·in cui si può essere incorsi daU'una o dall'altra parte, si deve insistere con incrollabile volontà e pas– sione nel perseguire questa unità, se anche il recente deliberato del Comitato dell'Unione dei Socialisti fac– cia ritenere che qualche nuovo ostacolo possa anco– ra trovarsi nel cammino che dovrà condurci all'uni– tà di tutte le forz~ sucialiste, Ma ripetiamo che non sarebbe ragionevole che gli autonomisti del P. S. I. esigessero che la no~tra uscita dal governo debba precedere ogni loro ddinitiva intesa con noi, e sap– piamo anzi che i più responsabili tra loro non richie– dono questo, perchè essi riconoscono che non ci JJUÒ essere imposto di abbandonare una posizione che, in– s'eme çon le molte responsabilità che ci addossa, c: offre tuttavia 1a possibilità di esercitare qualche pe– so sulla vita del Paese, •senza che prima noi sappia– mo di quali forze potremmo disporre per iniziare un'attività di oppositori che non vogliono aver nulla di comune con le mene agitatorie dei partiti e dei gruppi parlamentari di estrema sinistra, Noi dob– biamo solo .impegnarci a sottoporre, ad unificazione concordata, se anche non ancora compiuta, il pro– blema della nostra permanenza al governo (se non avremo prima, rper ispirazione degli avvenimenti, de– liberato la nostra uscita) al giudizio dei compagni au– tonomisti che vogliono costituire con noi un unico esercito di forze socialiste. * * * Potrebbero essere appunto gli avvenimenti di po– litka ·e·stera ad affrettare la nostra uscita. Non ab– biamo bisogno di ripetere in proposito il nostro pen– siero; ma riteniamo tuttavia di dovere, alla stregua di esso, valutare gli ultimi avvenimenti : l'invito ri– volto all'Italia a partecipare all'intesa europea, il du– ro comunicato del Ministero russo degli Esteri e la contemporanea dichiarazione di Stalin di des:derare un colloquio con Truman; infine la nota della Rus– sia alla Norvegia, che suona perentoria diffida dal– l'aderire ad ogni patto coi Paesi occidentali. Se l'intesa fra i Paesi europei dovesse avere come organo di collegamento un'assemblea di delegati dei Parlamenti dei vari Paesi aderenti, la quale abbia l'incarico di funzionare da Assemblea Costituente .della unione europea, noi non troveremmo obiezioni da fare contro l'adesione dell'Italia, perchè sarebbe questo l'avviamento alla costituzione della Federa– zione Europea, da noi costantemente auspicata, sin dalla vigilia della t:berazione. Ma se organo di que– sta intesa dovesse essere invece una delegazione dei Govermi (anzichè dei Parlaménti) degli Stati ade– renti, sia pure assistita da una rappresentanza dei Parlamenti in funzione di Consulta, allora la cosa acquisterebbe evidentemente un carattere diverso, che potrebbe essere preludio ad un allargamento del patto di Bruxelles, con tutti gli impegni m_:!itariche questo comporta; e in tal caso il nostro atteggiamen– to non potrebbe certo essere di adesione, ma di fer– ma opposizione, specialmente quando l'intesa euro– pea fosse integrata da un Patto Atlantico, perchè questo significherebbe che l'accordo fra gli Stati eu– ropei non serve più come garanzia a mantenere l'in– dipendenza del nostro continente dall'intervento di forze estranee, ma può anzi convertirsi in strumen– to di questo intervento. E' ora da vedere quali conseguenze potrà avere 11 desider:o di accordo enunciato da Stalin. Certo quel– l'intenzione pacifica che potrebbe rilevarsi dalle sue dichiarazioni si accorda facilmente con gli atti com-
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