Critica Sociale - anno XLI - n. 3 - 1 febbraio 1949

64 CRITICA SOCIALE / ll riparto degli utili secondo il progetto Segni La Commissione parlamentare deve aver già esaminato a quest'ora il progetto Segni sui contratti agrari. Mi occupo soltanto del contratto <li mezzadria e particolarmente di quanto concerne la quota di reparto dei prodotti e degli utili : argomento che più interessa conducente e coltivatore dei poderi che sono sulla pianura, sulla collina e suHa mon– tagna dell'Umbria, delle Marche, della Toscana, della Ro– magna e di parte dell'Emilia. Liberata da tutte le incrostazioni di esaltazione o di deni– grazione a ogni costo, la lunga e pesante diatriba mezzadri– le (che speculazione di partiti politici e miopia tenacissima dei proprietari terrieri trascinano da alcuni anni con gra– vissimo danno della produzione agraria) è, soprattutto, una questione di aumento di costo del lavoro umano: cioè, la ca– tegoria dei lavoratori della terra, secondo il vecchio contrat– to di mezzadPia, esige per il proprid' lavoro una ricompensa , maggiore de11'attuale. Se ricordiamo che la grandissima mag– gioranza dei lavoratori, sia intellettuali, sia man11ali, in tutto il mondo, ha cercato e cerca di aumentare stipendi e salari, non deve sorprendere che anche i mezzadri si preoccupino di migliorare le loro condizioni di lavoro: miglioramento c he non è possibile negare con il pretes'to che il contratto r.li mezzadria è intangibile. Ma quale, attualmente, è la ricompensa al lavoro pagato con la metà del prodotto e degli utili .rica,vati dal podere? Questa domanda è assai imbarazzante per le due parti inte– , ressate. Al di là del millenario e venerando sipario, che è il tanto esaltato contratto di mezzadria, esiste una situazione com– plessa e caotica per quanto rigua·rda i multi formi rapporti tra famiglia coltivatrice e conducente, sul vasto e vario ter– ritorio ove l'azienda agraria è condotta secondo il contratto di mezzadria. Le unità poderali, pur presentando situazioni simili in ambient'e geoagronomico uniforme, differiscono l'u– na dall'~ltra, per condizioni instrinseche dovute al prevalere di 'uno o più dei molti elementi che costituiscono l'impresa a– graria rappresentata dal podere. La stessa famiglia coltiva– trice, ove più ove meno, tende ad affinare il senso di respon– sabi4ità, di attitudine a prevedere e a provvedere, con risul– tati vari i quali, però, dimostrano che la famiglia colonjca non si improvvisa: essa ha una sua tradizione, 11nasua espe– rienza tecnica, una sua particolare attitudine a condurre, da sola o in collaborazione, l'impresa agraria. Indubbiamente, il contratto di mezzadria ha, sino ad ora, permesso accordi multiformi, taciti e abitudinari, che si so– no adattati .! si adattano tuttavia ai variabili casi provocati da va·riabili situazioni patrimoniali, finanziarie, economiche e di lavoro: in questo adeguamento alla varia realtà sta forse il segreto della longevità di questo contratto agrario, che interessa quasi venti milioni di italiani, abitanti su più di un terzo del territorio nazionale. La durata legale del contratto è di un anno; ma non è raro il caso di famiglie coltivatrici che sono rimaste, per successive generazioni, più di cento anni sullo stesso podere. -, E' evidente che la revisione di un contratto agrario così resistente alle vicende umane, così importante per le econo– mie individuali e col'lettive, non può consistere, principal– me!lte, in un unico e disinvolto spostamento di quota dei i;rodotti e degli utili da div,idersi fra conduttore e famiglia coltivatrice, anche se a quest'ultima, con il pr<>s"ettomini, steriale, è quasi assicurata la permanenza sul podere. Se co– sì avvenisse, la diatr•iba riprenderebbe ogni qualvolta alle parti sembrasse giunto il momento favorevole, o d, preten– dere un ulteriore aumento della quota, o di tentar di rito– gliere quello che era stato concesso. Questo premesso, dobbiamo constatare che l'universale tendenza ad aumentaTe salari e stipendi ha voluto raggiun– gere un primo risultato cercando di stabilire, categoria per categoria, quel minimo di stipendio o di salario che permetta di soddisfare le fondamentali necessità di alimentazione, di abitazione, di vestimenta, di progressivo perfezionamento edu- BibliotecaGino Bianco cativo e professionale, di possibilità di risparmio e di pre– videnza, in modo da non interrompere lo sforzo, sempre più diff11so ed evidente, di raggiungere una continuata e maggiore elevazione morale e materiale del lavoro umano. Al di sotto di questo minimo oggi µon è possibile fermarsi. E' proprio questo minimo di ricompensa al lavoro che deve essere ancora stabilito per la categoria dei coloni : sia peT famiglia coltivatrice, sia per unità di lavoro. Tutto questo suppone la conoscenza dei bilanci annuali delle unità fami– liari: bilanci-tipo delle famiglie coltivatrici, tipo per tipi– che aziende agrarie, scelte nelle zone agrarie sufficiente– mente uniformi. Il benemerito istituto nazionale di economia agraria ha pubblicato, da tempo, un'interessante e cospicua raccolta di monografie di famiglie agricole per le diverse regioni d'Italia. Bisogna rivederle, aggiornarle e comple– tarle con altre opportunamente studiate. Questa indagine è alfa base di ogni conclusione in proposito. Ma è possibile sin d'ora prevedere quali saranno i risultati di maggior ri– lievo che potranno essere constatati. Potremo accertare: 1•) che, specialmente in pianura, molti contadini non sono più dei semplici lavoratori della terra; ma sono diven– tati veri imprenditori agricoli, associati alla proprietà terrie– ra, con un apporto di cospicui capitali tecnici, fis~, e circo– lanti, avendo raggiunto la possibilità di considerevoli ri– sparmi; 2 ) che numerose famiglie coltivatrici, in pianura, han– no raggiunto il minimo di remunerazione che dovrà essere ddinito; 3) che non è elevato in pianura ma corrisponde alla qua– si totalità in collina il nmrero delle famiglie coltivatrici le cui unità di lavoro sono lontane dal minimo di remunera– zione; 4") che ,in montagna, salvo qualche oasi ben circoscrit– ta, no'n esiste la possi bili.tà, da parte del coltivatore, di av– vicinarsi al minimo previsto. Ne deriva che: a) nel primo caso l'aumento, per disposizione legislativa, della quota di partecipazione, da parte dell'unità familiare lavoratrice, a 1 prodotto e ai risultati degli allevamenti, non ha ragion d'essere: esso rappresenterebbe un vero e proprio indebito arricchimento. I rap~orti tra famiglia c-oltivatrice e conducente sono, in tal caso, divenuti prevalentemente ca– pitalistici e le parti interessate sanno ben regolarsi, di anno in anno: tanto più che questi contadini arricchiti sono i frequenti e preferibili acquirenti o affittuari del podere che coltivano, o di altro podere; b) nel secondo caso, raggiunto il minimo, l'aumento del– la quota di partecipazione al prodotto e agli utili e, quindi, il maggior costo del lavoro agricolo imporrà un ulteriore investimento di capitale, una più assidua e competente dire– zione tecnica da parte della proprietà, per arrivare a un più o meno pronto aumento del reddito complessivo. Se questo incremento di attività agricola la proprietà terriera non po– tesse o non volesse realizzare, o si rassegni a una diminu– zione permanenre di reddito, o si decida a vendere i terre– ni, oppure a cederli in affitto individuale alla famiglia la– voratrice o, in affittanza collettiva, a condizione unita o di– visa, alle associazioni dei coloni che, forniti di esperienza agricola e dei primi capitali di esercizio, hanno la conve– nienza di assumere l'impresa agricola, cercando di aumen– tare la produzione agraria che interessa ·1a collettività dei consumatori ; e) nel terzo caso la divisione a metà del prodotto non })a razionale possibilità di permanenza ed è inevitabile lo sposta– mento a favore della unità farriliare. La proprietà terrie– ra, se ~ncora vuole durare in questo ambiente agrario, sem– pre ostile a un'agricoltura intensiva e redditizia e che co– stringe a un lavoro assai faticoso e oppresso dalla diffusa e persistente siccità estiva, deve rassegnarsi a una sensibile decurtazione del suo reddito netto, affinchè la remunerazio– ne del lavoratore raggiunga, almeno, il minimo ricordato; · d) nel quarto caso non può che attuarsi un'unica risolu– zione: l'espropriazione della pror,rietà terriera montana che, fissato un minimo di remunerazione al lavoro, non può man– tenere le due parti interessate: il proprietario e il coltivato-

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