Critica Sociale - anno XLI - n. 3 - 1 febbraio 1949

CRITICA SOCIALE 61 · questo aspetto, un rilievo ancora maggiore acquista - ,la necessità, \innanzi prospettata, di conoscere con esattezza la consisténza numerica delle singole ca– tegorie. La necessità del verificarsi della condizione sud– detta non. rappresenta certo un elemento favorevole alla stipulazione di cÒntratti collettivi con efficacia ,obbligatoria erga omnes. Ma essa costituisce, a mio avviso, 1tunico mezzo per conciliare il principio della efficacia obbligatoria dei contratti con quello della libertà sindacale. Ogni diversa soluzione ten– dente ad attribuire alla rappresèntanza sindacale unitaria che procede alla stipulazione dei contratti la rappresentanza di tutta la categoria, anche quan– do la maggioranza di essa non fosse iscritta alle associazioni stipulanti, non rispetterebbe il princi– pio costituzionale della libertà sindacale in uno dei suoi aspetti più salienti; darebbe luogo all'at– tribuzione ad un. organismo {e cioè alla «_rappre– sentanza sindacale unitaria>) di un vero e proprio potere di impero nei confronti di tutta la categoria; immetterebbe tale organismo nel diritto pubblico come un soggetto attivo di potestà amministrativa, giustificando così un deciso intervento statale, an– che attraverso controlli di merito, a tutela degli in– teressi della maggioranza della categoria onde im– pedire che essi vengano lesi dalle decisioni di una minoranza. Si sappia che sarà appunto questo il prezzo che le libere associazioni sindacali dovran– no pagare se pretenderanno di imporre formalmen– te a tutta la categoria l'osservanza dei con.tratti col– lettivi stipulati da una minoranza degli appartenen– ti alla categoria stessa. ' Dalla disposizione della Costituzione sembra poi che si possa arguire che alla stipulazione dei con– Jratti collettivi, ai fini sempre della loro efficacia 'obbligatoria, debbano partecipare tutti i sindacati registrati esistenti. Quid juris nel caso che uno di essi non in.tenda parteciparvi e di fatto non vi par– tecipi? Il caso da considerare non è quello del sin– dacato deliberatam~nte escluso dalle trattative {per– chè in una situazione del genere è evidente che al contratto non potrà esser.e attribuita l'efficacia ob– bligatoria generale), ma quello in cui un sindacato, per qualsiasi motivo giustificato o meno, si rifiuti di partecipare alle trattative, o le abbandoni una Tolta iniziate. A mio avviso si potrà, anche in tali casi, conseguire l'efficacia obbligatoria generale so– lo se i sindacati stipulanti rappresenteranno ancora la maggioranza degli appartenenti alla categoria. E' evidente poi che l'efficacia obbligatoria pre– rista dalla Costituzione potrà essere propria solo dei contratti collettivi di lavoro, regolanti cioè con norme generali rapporti di lavoro intercorrenti tra gli appartenenti alle categorie rappresentate dalle associazioni stipulanti. Non potrà perciò essere ri– conosciuta efficacia obbligatoria ad atti che, ma– scherati sotto il nome di contratti colJettivi di Ia– Toro, siano diretti a regolare invece differenti rap– porti, ad esempio rapporti economici. Sorge, allo– ra, il problema di accertare la sussistenza di tale condizione e degli eventuali conseguenti controlli sul contenuto e sulla forma dei contratti collettivi. Io credo che tali controlJi dovranno essere am– messi, ma dovranno però essere limitati al solo aspetto della legittimità, con esclusione quindi di qualsiasi intervento nel merito che possa cioè rap– presentare valutazione della opportunità e della con– venienza di determinate norme; opportunità e con– Tenienza che non. possono non essere rimesse esclu– sivamente aIJa libera valutazione dei sindacati in– teressati. Codesti controlli potranno essere esercita– ti dagli stessi organi centrali ai quali abbiamo in– aànzi accennato a proposito della registrazione del– le associazioni e delJa vigilanza sulle medesime: e, eior. in via principale, dal Consiglio nazionale della 1'COUO!lliae del lavoro. LIONELLO LEVI ibliotecaGino Bianco La politica economica del Governo(l) Un partito ,è caratterizzato {e<laltrimenti non è un par– tito) quando ha una visione sua propria dei fatti e della società. Al Governo cerca di realizzarla, al1'opposizione la mette a confronto con le realizzazioni del partito al Go– verno e ne deduce pubblicamente le pratiche conseguenze. Dal discorso di De Gasperi alla Camera, prima della formazione del presente Governo, sembrava che egli aves– se accolto una parte del programma sul quale noi avevamo impostata la nostra campagna elettoralt. Infatti in esso il Presidente del Consiglio diceva che il Governo voleva rea– lizzare la difesa della lira ed una politica produttivistica. Che cosa s'intendeva dòre con questi termini? Per difesa della lira intendevamo il mantenimento del livello dei cambi e dei prezzi raggiunto dopo la politica deflazionistica di Ei– naudi (gennaio 1948); mentre per politica produttivistica s'in– tendeva l'impiego razionalmente massimo di tutte le risorse disponibili nel Paese e di tutte quelle che si sarebbero po– tute ottenere gratuitamente o a credito dai mercati esteri, consentendo così, da un lato, una decongestione della massa di disoccupati, dall'altro, la realizzazione di quei programmi di ricostruzione, sulla base dei quali ci sarebbero stati con– cessi prestiti ed aiuti. Difesa della lira e politica produtti:vistica. Così intesi, i due obiettivi, difesa della lira e politica pro– duttivistica, non sono contradittori, ma •si armonizzano per– fettamente nel superiore equilibrio di un'economia che va al di là dell'equiva·Jenza nel rapporto prezzi e salari individuali, per .raggiungere livelli sempre crescenti nel rapporto prezzi e fondo salari nazionale. In altri termini questo significa che a parità di ]{velli di prezzi, il numero degli operai, dei lavo– ratori occupati, sarà sempre crescente, e pertanto la massa di salari pagati, a parità di salario nomina·le, sarà sempre crescente; significa che con l'aumento della domanda au– menta la produzione. I due termini sono invece contradittori quando per difesa della lira s'intenda una politica preoccupata unilateralmente dei biglietti in circolazione, ,senza metterli a confronto con la massa dei beni disponibili, una politica esclusivamente pre– occup!lta di stampare in qualunque circostanza il minimo possibile di biglietti, indifferente alla destinazione di tali bi– glietti; sono termini contradittori quando per politica pro– duttivistica si voglia intendere una politica inflazionistica, che non si preoc.:upa che della produzione in termini tec– nici, ed è indifferente ai costi ed alla convenienza economica sui mercati nazionali ed internazionali; che è solo intesa a realizzare determinati risultati preordinati in cosiddetti « pia– ni >, costringendo tutti a tali realizzazioni, senza considera– zioni delle libertà che si possono ledere. E' quest'ultima interpretazione che, a quanto mi risulta, è stata data, purtrop~o, dalla maggioranza governativa ai ter– mini « difesa della lira> e « politica produttivistica>, per cui ogni qualvo1ta si è accennato, anche vagamente, alla ne– cessità di raggiungere anche il secondo degli obiettivi, poi– chè alcuni dei mezzi proposti potevano cozzare con l'inter– pretazione, tanto per intenderci, «deflazionistica> del ter– mine difesa della lira, non se ne faceva niente. Basti come esempio il famoso «ventaglio> di provvedimenti del ferra– gosto, rimasto ermeticamente chiuso! Così avviene che la produzione non aumenta, almeno con quel ritmo che il Paese avrebbe diritto di pretendere, dato che da un lato c'è una gran massa di disoccupati, c'è la capacità degli impianti, c'è disponibilità delle materie prime (e molte altre potrebbero rendersi disponibili se si adottasse una detenrinata politica economica); dato che dall'altro vi sono i bisogni immensi di una popolazione mal nutrita, mal vestita, senza abitazioni, priva delle più elementari cure sani- (1) Pubblichiamo alcune parti di un discorso che il com– pagno Cittone ave.va preparato per il Congresso del nostro Partilo (noia di C. S.).

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