Critica Sociale - anno XLI - n. 2 - 16 gennaio 1949

CRITICA SOCIALE 33 sdam non' sono che la proiezione ultima degli accordi di Yalta. Il tipo del regolamento del mondo che è in fondo al piano inclinato. dì questo tragico corso della vfitica dei vin– citori. Ma più grave di ogni altra cosa è la proiezione di questa politica di Yalta riella- carne viva dei popoli che ne sono l'oggetto. E' l'invasione· psicologica per cui i popoli s, trovano dinnanzi alla ~elta senza quasi più scampo tra par– tito americano e partito russo. Questa la realtà come no! la vedemmo allora e come· è apparsa poi incontrovertib11- mente a ognuno. Ma l'onorevole Togliatti, interpretando Yalt?- come il pun– to più alto di cooperazione tra i vincitori, come il momento più evidente della cooperazione "internazionale tra i grandi, sembra prospettare ,un ritorno a Yalta c001e la auspicabile soluzione dei grandi problemi internazionali e dei nostri. Egli fa ricadere sulla rottura dell'accordo internazionale la rottura dell'accordo interno e pone così in modo assoluta– mente evidente il tema da noi sempre dibattuto della in– scindibilità della situazione internazionale con la situazione del nostro Paese. Da Yalta il leader comunista fà discen• dere la logica della sua politica di unità nazionale, di unità democratica, di quella che veniva allora chiamata politica di carità antifascista. Ma se egli ·era veramente fedele alla ·politica di unità delle forze nazional'ì come prodotto della unità delle forze internazionali, egli condusse per lo meno una politica contradittoria quando, proponendo il problema in Italia della fusione dei socialisti con i comunisti, provocò la prima frattura dell'unità democratica nazionale. l:!isogna per lo meno· dedurne che se egli su un t:erto piano svilup– pava una politica conforme all'interpretazione umtana di Yalta, su un altro piano praticava una politica di sparti– zione, una politica diretta ad allargare l'ipoteca russa in ltalia, anche a patto di re;,,clere .più visibile l'ipoteca ame– ricana, che si sarebbe, fatalmente, parallelamente stabilita, àn– che a costo di ritardare l'affermazione di classe che in Ita– lia avrebbe potuto compiersi se un partito socialista foss" stato in condizioni di guidare il fronte democratico ed il ·movimento della classe lavoratrice. In realtà Togliatti di– mostrò di seguire contemporaneamente ciue diverse e con– trastahti interpretazioni degli accordi di Yalta ... Unterru– zioni aJl'estrem.asinistra). Una voce ali'estrema sinistra. Legga gli accordi di Yalta ! ZAGAl:U. Non faccio che riferirmi agli accordi di Yalta. Ora, onorevoli colleghi, questo è il punto che sta dinnan- zi a noi. Si tratta di vedere se le ragioni che hanno impe– di_to lo svilupparsi di una politica nazionale del vaese ous · sisteranno o no. Noi siamo in presenza di una frattura che spacca verticalmente il popolo italiano, come l'onorevole To– gliatti ha riconosciuto. Dobbiamo vedere questo dibattito, che interessa larghi settori del popolo italiano, se è in condizione di porre per lo meno una primà pietra atta a ricostituire quel tanto di unità morale del no.;tro popolo che gli dia dignità e prestigio nel mondo. La neutralità di Nenni. Cerco di v~dere qual'• i. ven; signif1cdtC dell 'ofter.ta di neutralità che l'onorevole Nenni fa in quest'ora al popolo italiano. Cerco di v.eclere.se nella mano tesa dell'onorevole Togliatti vi è una politica, un'unica politica, che, partendo dal presupposto di una distensione internazionale, punti de– cisamente sulla distensione interna del nostro Paese. Noi non abbiamo esitato a criticare il federalismo spurio che può nascondere la continuazione di una politica di po· tenza, che può coprire compiacentemente certi accordi mi– litari che noi non vogliamo. Quindi desideriamo vedere cosa c'è dietro questa proposta di neutralità a cui Nenn, e To– gliatti hanno tardivamente aderito e 'che ora fanno balena– re come un messaggio di pace dinanzi alle folle italiane. Io ho qui sotto gli occhi un'interpretazione di tale neu– tralità data da colui che è uno dei consiglieri più intimi di Pietro Nenni, dal senatore Morandi. Vi leggerò poche ri– ghe: « E' chiaro, infatti, che quel giorno la lotta di classe che la borghesia ha proiettato da un trentennio sul piano inter– nazionale, con la contrapposizione del fascismo al comuni– smo, sarebbe stata praticamente sospinta a guerra di classe. « La tesi della neutralità può. bensì essere, nel senso che o Bianco ho inteso precisare, un'arma utile- oggi fra le tante che si possono usare per combattere a pro della pace, ma non può .servire più che a tanto, a battersi cioè per la salvezza della pace 1 e non per la << nostra pace " ! N élla guerra, il giorno che fosse scatenata, brandiremo armi di guerra. Non dob– biamç, consentire ombra di equivoco al riguardo e tollerare che la neutralità (problematica che riguarda il presente e che è destinata a risolverlo prima che alla guerra si giunga) possa essere raffigurata come usbergo, dietro il quale ri– fugiarsi nell'estremità di un conflitto"· · Una voce all'estrema sinistra. Queste cose prima le fa– ceva Scelba ; adesso anche lei? ZAGARI. Queste parole io ho citato, non t~nto per lan– ciare delle accuse di ribellis111c,che in questa sede non mi riguardano, quanto per constatare come, quando si fa coin– cidere la politica di classe con la politica internazionale, si deve accettare la conseguenza ineluttabile <li una guerra di classe. Quella che allora s; chiama neutralità non è che una fase di. una diplomazia internazionale di classe che ha come sbocco finale una guerra dì classe che mobilita agli ordini del· Cremlino tutto il collettivismo contro tutto il capitali– smo. Una tale 'impostazione, non avendo alcun, .termine che ri– solva il potenziale conflitto tra Occidente ed Oriente è nel– la sua forma essenziale la più innegabile confessione della fatalità della guerra e delfa sua più fanatica accettazione. Lungo questa via, per cui i socialisti di Nenni accettano, e non possono far altro, la coincidenza assoluta tra la po– litica di classe e la politica estera della ·Russia 'sovietica, è alla neutralità di Togliatti che noi dobbiamo guardare per– chè si possa scorgere !a possibilità della creazione in Ita– lia, in Europa e nel mondo di quel terzo elemento che possa alla fine dirimere questa fatale controversia fra i grandi, che diversamente non ha altro sbocco che la· guerra. In che senso questa nuova politica può servire alla di– stensione internazionale; in che senso possiamo ere.tre una distensione nazionale basandola su questà distensione inter– nazionale; in che senso possiamo sincronizzare questo feno– meno·-della distensione nazionale con l'altro fenomeno della distensione internazionale? · Questo è il problema che ci interessa: sapere in che mi– sura questa mano è tesa, sapere in che misura questo invito ad una determinata politica è .valido, perchè noi vogliamo credere ad ogni invito che venga da qualsiasi parte e da quals1asi settore del Paese, particolarmente in questo deter– minato momento. Ma dov'è questo terzo elemento? L'onorevole Nenni aggredì la federaziofie europea, che non è stata mai una sua amica. Ricordo il periodo clande– stino, quando ogni tanto Colorni, io ed altri presentavamo un ordine del giorno riguardante l'Unione europea; ma Nen– ni era sempre estremamente guardingo verso .questo argo– mento che considerava come una nostra esuberanza giova– nile. Noi avevamo un affetto profondo v'erso questa federa– zione europea perchè intravedevamo la possibilità, alla fine di questa grande guerra, di quest'urto- tra una parte e l'al– tra, tra la civiltà collettivista e quella capitalista, mtrave– devamo che l'Unione europea poteva essere la soluzione di tale urto, una sintesi. Noi sognavamo allora un'Europa so– cialista che realizzasse in sè questa possibilità di mediazio– ne appunto perchè socialista, ed aiutasse i popoli nella cor– sa democratica verso i'affrancamento dalla schiavitù capi– talista. Ho fatto il nome di Eugenio Colorni, un nom·e dinanzi al quale tutti, ·credo, possiamo idealmente porci in g!nocch10, . perchè la sua fu un'esperienza di purissima fede, così come fu la sua morte. ' Vi prego di credere che il suo federalismo non• era un te– deralismo americano nè un federalismo russo .ed 10 penso di essere pròfondamente legato a questo tipo di federalismo. Non penso minimamente che un federalismo possa essere di tipo americano o russo. Noi pensavamo esclusivamente a creare un grande Paese, l'Europa, quale sintesi dei grandi valori umanì, che servisse per gli uni e per gli altri, per l'Occidente e per l'Oriente, e che desse la mano agli operai dell'Occidente e dell'Oriente per creare quella nuova so– cietà verso la quale noi tendiamo. (A pplami a sinistra). (,Jue-

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