Critica Sociale - anno XLI - n. 1 - 1 gennaio 1949
CRITICA SOCIALE trovare in sè. Trasformista o riformista o rivoluzionario o massimalista, ha sempre dei complessi di insoddisfazione, ha una specie di bovarysmo politico, che è. la spinta e al tempo stesso la catena del suo pensiero. Per ciò si dovrebbe concludere che le qualità umane del socialista non giovano polificamente ed il Tazionalismo del quale egli impronta la sua dottrina diventa talora una de– bolezza. E l'insoddisfazione che gli deriva da· queste sue deficienze interiori, che egli non sa correggere, lo porta talvolta ad opporsi ideologicamente a tutto quello che fanno gli altri, talvolta a subirlo, in attesa del momento rivolu– zionario; e questo perchè crede gli altri più forti .di lui, senza accorgersi che gli altri sono tali perchè lui consente che così siano. Si potrebbe a questo punto obiettare che è ·più forte chi è su posizioni dogmatiche e fideistiche: il comunista o il derriocristiano. Questo è vero in parte. Le posizioni di fede, eliminando l'incomoda .operazione di pensare, consentono di dedicarsi completamente all'azione sistematica. Ma se ~i su– pera il punto morto, rappresentato dalle più comode posi– sioni ideologiche di partenza, appare evidente che chi agi-· sce con fermezza su un piano razionale ha maggiore mobi– lità ·e vastità di azione. Ed allora occorre che il socialista acquisti l'interiore coscienza della forza della propria idea, si renda conto di questo elementare procedimento.: superare in se stesso, con l'ausilio della propria ragione, il tormento che gli deriva dall'ansia di giustizia, per poterla realizzare. Se no, farà come il cane che corre dietro alla propria coda. Ed è inutile che, come nel duello del Sciur Panera, si lamenti del proprio avversario perchè si muove, o come Te– coppa non accetti la condanna, in questo caso, della pubblica opinione. · Occorre quindi. che il socialista prenda dvunque l'i,nizi-0.tvva, che non tema di essere fischiato, come non lo temeva Turati, che non si preoccupi di quello che pensano gli altri, ma che insegni invece agli altri ad adoperare lo strumento della ragione. Il socialismo si crea dentro gli inditvidui, non lo si im– pone con decreto legge o per grazia dello Spirito Santo. Quando ognuno è cosciente di sè, e responsabile verso se stesso, le promesse per la costruzione di una società socia– lista sono realizzate. Ma se l'esempio non viene da coloro che vogliono questa società, come e quando si potrà iniziare? Cosa fa il P.S.L.I.? Questa digressione era necessaria per chiarire le premesse dalle quali si deve partire per esaminare l'attuale situazione politica interna italiana. · In seno al P .S.L.I. si manifesta, alimentata dit un gruppo di « c-u,ptdireritm novarwm » una insoddisfazione per i ri– sultati della nostra partecipazione. Si dice che il prepotere della maggioranza democristiana è tale cla non consentire un minjmo <;liazione socialista e si fa leva su tutti quei trasfo.-misti, che sono più numeròsi di quanto si creda in seno al P.S.L.I., i quali, fautori della partecipazione, non avendo constatato fino ad ora vistosi e imponenti- risultati, trovano che la partecipazione è inefficiente. Da notare che questi stessi gruppi, alla formazione dell'attuale Gabinetto, non eccepirono tutte quelle osservazioni dottrinarie che, a,l– lora come oggi, non essendo mutati i rapporti politici di fo,– za nel Paese, avrebbero potuto tempestivamente enunciare. Ma allora si ammetteva che m::m vi era altra soluzione, che si doveva difendere la democrazia, l'unità. europea ed il pic,no Marshall, che la presenza al Governo era una garan– zia ed un controllo, che, essendo tutti d'accordo su una linea di socialismo democratico, l'azione socialista sarebbe stata necessariamente lenta e che, infine, nel corso di questo pe– riodo il Partito si sarebbe preparato e rinforzato.per nuove prove. Ora delle <lue una. O il Partito e la Delegazione al Go– verno sono poco efficienti (i!), èd aHora si cerchi di mi– gliorarne il rendimento; oppure le idee di questi compagni sono mutate. nel senso che non q-edono più al socialismo democratko ed allora ciascuno risolva . secondo coscienza il suo 'problema. Ma da una tem~oranea supposta ineffj- (2) L'efficienza di:pende dall'azione sdnerona dlela' Dire– zi.one, dei Gruppi parlaanentari e degli uomini del Governo. BibliotecaGino Bianco cienza o meglio da una insoddisfazione impaziente per la mancanza di vistosi risultati, nel corso di pochi mesi, trarre decisioni radicali è prova, a nostro avviso, o di perdita del senso dei rapporti e delle proporzioni, di manifestazioni di impazienze giovanili, generose quanto sterili, o di incoscien– za e emp-ietà verso il Partito. Il P.S.L.I. non è un partito di massa, ma di espansione di idee. Chi ha votato Unità Socialista vuole una prova di serietà, di fermezza di carat– tere, di continuità di propositi e di azione. Il P.S.L.I. nella trascorsa lotta elettorale aveva i compiti di moderare l'esclu– sivismo democristiano e di opporsi ad avallare come unica soluzione socialista la dittatura del P.C. Si sentono, ci do– mandiamo, questi agitatori di sezioni o di federazioni, di as– sumersi non verso i centomila o duecentomila soci del Par– tito, ma vers·o i dùe milioni di elettori di interpretare i loro desideri e soprattutto si sentono di prendere la responsa– bilità verso il Paese di apri-re una crisi, che, come spieghe– remo in appresso, aumenterà le tendenze confessionali di destra? Qui è una questione di coscienza, oltre che di stra– tegia e tattica politica. Nel gioco parlamentare è nella pub– blica opinione oggi non c'è posto per due opposizioni di si– nistra; una forte organizzativamente, demagogica e negativa, una debole, ma obiettiva e costruttiva, che sarebbe fatalmen– te annientata dalla più forte. ];:' una ele,;;nentare constatazione basata sulla psicologia e sulla storia. Quando si è meno for– ti, si sceglie il male minore. Ma la nostra è una debolezza relativa; è la debolezza di tutti i partiti di opinione nei confronti di quelli di massa ed in definitiva può essere una f~rza. La nostra presenza. al Governo è una garanzia, non· per i democristiani, come è stat; ripetuto fino alla noia con un certo fondamento, ma per il Paese. La nostra uscita si– gnificherebbe, è vero, disapprovare- una parte delle imposta– ,ioni democristiane, ma indurrebbe quel partito, che dispo– ne del-la maggioranza, a spostarsi a destra e, di conseguenza, noi oppositori ci troveremmo sempre più identificati, per reazione, con le posizioni' del P. C. Le quali cose sono en • trambe• contrarie alla nostra coseienza, e crediamo anche a quella dei compagni non partecipazionisti. l,a. minaccia di De G111Ulle. Bisogna tener conto di quanto sta per accadere in Fran– cia. Una volta tanto i Francesi copiano da noi. Si stanno covando il loro Mussolini. Vogliono fare la loro esperienza dittatoriale. Per quanto le conclizioni storiche ed economiche dei due Paesi siano molto differenti (e questo è bene af– fermarlo, contro i soliti superficiali luoghi comuni dell'iden– tità delle posizioni italiane e francesi), tuttavia una -certa influenza la situazione francese finisce poi semp_re per eser– "citare in Italia. Più per ragioni storiche, ormai, che di ef– fettivo prestigio. Dal 1792, fino al 1915 ogni avvenimento francese si ripercuoteva in Italia. Di qui il h10go comune che quello •che accade là «deve» necessaria:mente accadere qui. Chi conosce la -storia sa però che il 1870, appunto per– chè c'era un Governo con la tèsta sul collo, non ci ha toc– càto, per limitarci al più evidente dei molti esempi. Certo però che un Governo De Gaulle sarebbe una tentazione, un modello di « tradizionale importazione pregiata» cui ispirar– si, un pretesto, almeno, per cercare di dare una decisa ster– zata a destra (3). Ora gli eventi di Francia, fin tanto che i socialisti ed i repubblicani, e forse anche i liberali, stanno al Viminale, non possono influi,-e, perchè un'uscita di questi gruppi, dopo l'av– vento di De Gaulle, significhere];,be dare l'allarme al paese, e De Gasperi sa di non poterlo dare. Ma va da sè che, uscendo prima di un evento di fondo come questo, o come altri che oggi non· è dato prevedere, di fronte cioè ad una uscita, determinata da insoddisfazione e motivata da un pretesto che pur facendo effetto sulla pubblica opinione non abbia peraltro profonde e gravi ragioni politiche, e <lisso!- (3) Quell-0 ich.e De Gau!Je può ra,p,presenta.-e per la Frruncia e per I'Europa 1 io oggi ·non so comp•leti;imente; desidero sol– tanto porre l'accento sul fatto che, se, come temono alcuni, per un complesso « né.zionalistico » il Generale as.sume un atteggiamento inqipen.dente da quello che le altre Potenze han preso verso la Russia, co9 questo suo nazionalismo rie– sce a rovinare non soltanto il suo Paese ma le speranze di un'unità europea per la pace.
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