Critica Sociale - anno XL - n. 22 - 15 novembre 1948
CRITICA SOCIALE 519 liminare di effettiva diffusione. La famosa scena in cui Carlo Marx con la sua schiacciante superiorità intellettuale annientò il povero artigiano autodidatta Weitli~g segnò qua-– si l'interdizione ai proletari autentici di cooperare all'elabo– razione del sistema dì « idee » che doveva esprimere ne va– rietur, la vera « coscienza del prolé~ariato ». Se s1 e po– tuto parlan-e di una << chiesa marxista » è che fra i dottori che discutevano di « materialismo dialettico», di rapporti· fra « valori » e « prezzo », di interpretazione della storia dell'arte secondo i canoni ,del determinismo economico, ed il modo in cui un- manovale messosi in sciopero poteva rap– presentarsi la lotta di classe ed il « sole dell'avvenire», l'a– bisso non era meno profondo che fra le squisite arguzie di teolpgi tomisti·, gesuiti, rosminiani sui dogmi tridentini, e la concezione che possono avere della trinità e del mistero del– l'Incarnazione le femminelle in trepidante attesa del mira– colo di san Gennaro. * * * La prima constatazione dun<:Jueè che tutto è da fare sia per districare gli elementi di «popolo» dall'ambiente di «massa» che li meccanizza e li disumanizza, sia per n– trovare quel linguaggio, quell'insieme di nozioni chiare, di sentimenti schietti, di immagini non artefatte eh~ possa es– sere idoneo ad una effettiva comunione tra· loro e con loro, Diciamo per esempio che per fondare una « politica di popolo» bisognerebbe (riferendoci all'esempio della campa-· gna di Wallace) non sfruttare superficialmente un generale desiderio di pace che si vede· ad occhio nudo, quasi una schiuma sull'oceano-unassa, ma esplorare a fondo, ÌJl ogni gruppo, se non addirittura in ogni individuo, tutto l'insieme di sentimenti, di speranze, di disposizioni egocentriche od altruiste che suscitano, colCH"ano,rendono più o meno con– sistente il «pacifismo» in questione. Con un paziente (forse lungo ed ingrato) sforzo di «propaganda» o di « educazio– ne» ottenere quel che si potrebbe dire una « catarsi »· €più che « epurazione ») delle mentalità scoperte in uno stato spesso grezzo o «dormiente»; accentuare la lucidità di « in– tuizioni giuste e generose»; eliminare confusioni ed inibi– zioni. Agevolare, promuovere più che la solidarietà, l'ami-· cizia tra le coscienze in -tal modo risvegliate e ·giunte a ri– solutezza. Consolidare queste amicizie in una comune im– presa costruttiva: il risorgimento appunto di una comunità di indole «popolare»; qualsiasi associazione iniziata pure con scopi modestissimi (mutuo soccorso, o semplice club per « passare il tempo -insieme») può, sviluppandosi, acqui- L'tt:illuminismo » del settecento fidava in una progressiva « razionalizzazione » del popolo che cosi, strato per strato e qucisi individuo per individuo,· si sarebbe elevato, al livello deHa « società ». Nrl romanticismo e nel primo socialismo si sono mani– festati con un certo impeto tentativi ,per ritrovare un comu– ne terreno, ove le mitologie ipopolari e le a~pirazioni della « alla cultura » (quindi della «società» che i tumultuosi eventi nel 1789-1815 avevano sgominata, ma anche portata, co;J -l'afflusso di elementi nuovi, ad una più viva efferve– scenza) avevano potuto a vicenda fecondarsi. Le « andate al popolo » sia dei saint-simoniani, sia deJ .populismo russo sia degli amici più o n1eno preraffaclUti di William Morris in Inghilterra, hann.o tutto il carattere di una coalescenze, di romanticis-mo e socialismo). Tutto quel che scrissero Charles Fourier e Robert Owen er~ al livello della « mentalità popolare», e sebbene Herzen sem– bri dire chr la lettura ,delle « Contradictions Econo1niques ». esigeva uno sforzo quasi uguale a quello richiesto dalla « Fe– nomenologia » di Hegel, quest'opera di Proudhon, come pure <i: La Justice », certamente educarono la generazione di Eu– géne Varlin (protagonisti della Prima Internazionale e delle Comune), e tanto nell'argomentazione con1e nello stesso stile del discorso si riconosce un'affinità spiccata con tutto ciò che dello <i: stato d'animo » dei proletarii francesi dice l'acuto osservatore Lorenz von Stein, che fino dal 1843 ve– deva il • quarto stato » prendere unÌI. ,posizione preponderante nella democrazia francese. D'altra ,parte si hanno testimonianze della simpatia vibrante con cui le opere di Byron e di Shelley furono lette in circoli operai inglesi all'epoca eroica del « Chart!sm »; piç che la poe– sia di Shiller, quella di Helne è penetrata negli strati « popo- ibliotecaGino Bianco stare una importanza normativa per tutta la vita «privata» e pubblica dei suoi componenti. Condizioni indispensabili evidentemente sono: l'una che per ogni singola c9munità non si oltrepassi il numero di persone che permetta a ciascun membro di conoscete, e be– ne, tutti gli individui associati; l'altra che nè all'interno nè da una superiore istanza, l'associazione si,- soggetta ad au– torità che disponga di mezzi coercitiv,i. Cosi. invece <)itrar– re profitto, come fa la Terza Forza·, dalla grettezza citi i– stinti conservatori (da quella paura del ·comunismo, per e– sempio, eh~ ha I determinato l'esito delle 1 elezioni in Italia) si potrebbe intravedere tutto un lavoro di educazione e di propaganda, di iniziative «associazionistiche» che scrostas;e il tapino europeo, risvegliasse in lui l'audacia di franca– mente e pienamente affermare il suo desiderio di felicità 11,mana ( « le bonheur » diceva Saint J ust «rcette idée neuve pour !es peuples d'Europe ») senza,stomachevole rassegna– zione ai succedanei, ai conformismi, alle scemenze << ideolo– giche». L'Europa non ha spazii dove fisicamente evadere dall'a– sfissia del « regime di masse». Tanto più ha bisogno, d'una incontrastata sovranità della ragione (ohe disperda, affoghi nel ridicolo tutti i miasmi autoritari, dalla teocrazia a quel– lo che Sartre chiama << l'esprit de sérieux ») e d'una socie– volezza così affinata, intuitiva nella discriminazione di di– stanze, vigile e tollerante da procurare alla persona assie– me al calore di solidarietà immediata un massimo senso di indipendenza. Sul risveglio ed il coltivato sviluppo di tali qualità - e naturalmente sull'adeguamento ad esse del tenore di vita e delle attività produttive - potrebbe soltanto edificarsi una civiltà di popolo, in contrasto con la « civiltà di masse» in cui tutto tende alla brutalità di rapporti utilitari, alla equipa– raztlone sul più basso livello possibile, al rozzo pragmatismo come criterio di verità e di giustizia. Sono accetrni che sembreranno molto generici eppure im– plicano un modo molto meno «generico» di considerare 1a condizione dell'uomo e dei suoi -rapporti sociali (quindi an– che « politici ») che quello, per esempio, espresso da un in– co,niciato neretto, esibito con esultanza in prima pagina da tm quotidiano socialista: si intitola « La morale di Ortona». Constata che dal 18 aprile al 20 giugno u. s., il numero dei votanti per « il sole nascepte » dell'on. Saragat è passato - in quella località - da 412 a 578. ·Da questo aumento di schede anonill)e si deduce che « l'idea del socialismo libero lari » tedeschi, l'opera del mistico-romantico Jung Stilling ba trovato lettori fin tra i contadini J"ussi in cerca d'una « vera religione >>; gli stessi « Promessi Sposi » toccano un pubblico di « minuta gente » più direttamente che un sinedrio di intell~t– tuali. Nel teatro romantico fL"ancesc, neJle opere riboccanti cij. « ingenu~ >> immaginazione di Alessandro Dnmas e di ~ugéne Sue sarebbe molto ingiusto scorgere una <i: volgarizzazione » (come quella che film d'oggigiorno òarebbe_ro di teorie scien– tifiche o di « :parole d'ordine » · etico sociologiche) della ro– mantica « filosofia » delJa storia e del romanlicisrno « male del secolo» (\Veltschmerz): sono, con assoluta schiettezza da parte degli autori, 1 versioni « popolari » di problemi di cui un Hegel, uno Ste.ndhal, un SJowacki, un Kierkegaard scru– tavano le « difficili » profondità con stile e 1netodi accessi– bili so~o agli « bappy few ». Ma insomma tutto ciò fini cosi « I Miserabili », ultimo « ca– polavoro » riconosciuto come tale dalla « colta società » e adot– tato dal popolo. Anche qui li 1848 è una data non di conclu– sione, ma di separazione fra op·posti declivi!. La grand·e delusione suscitò diffidenze insanab\li fra « so– cietà» e « popolo » cd anche fra le officine di « ideologie» e l'ascetica ricerca della I scienza pura, dell'« arte 'Per l'arte», d'un « realismo » inflessibile ne11'economia, nena ,pOli~ca e nell'« esperienza religiosa ». Da allora il ,po.polo si depauperò sempre più di tradizio– ni, di abitudini, d'immediata comunità; di creative facoltà « mito-poetfche ~, per vivere come « pietra fra Je pietre t nel « regiine di n1ass, ». La società si sbriciolò in cenacoli e « torri d'avorio :t, ab– bandonando, non senza vani sproloqujj, ogni resistenza ag'H « appara'ti » anonimi ed esanimi che n1eccanizzavano tutta la vita della collettività..
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