Critica Sociale - anno XL - n. 21 - 1 novembre 1948

CRITICA SOCIALE 489 in poche pagine dar fondo al problema - questi aspetti cd atteggiamenti si possono riassumere -nelle seguenti forme: 1) il p,-uuvidenzialismo. Se si considera. il mondo e la società non come il risultato di una attività umana·~ un in– sieme di cose in corso di dialettico sviluppo, ma co.me la costruzione di una lungimirante e provvidenziale v olontà tivina; se, su di un piano più basso, si considera opera di– vina la diseguag!iànza degli uomini, e si· giustifica, come abbiamo sentito fare d'a llJl porporato, l'esistenza di ricchi e poveri, potenti ed umili, sfruttatori e sfruttati « alla stes– SIL stregua che in natura esistono le· alte vette 1 e le profon– .d,ità dei mari, opp4re i. lupi e gli agnelli»; se il sistema so– ciale in cui viviamo viene assunto ad « ordine » che in de~ initiva ha origine divina; allora è manifesto che contro que– sta tesi, _che provoc"a l'umiliazione, la rassegnazione, il fa– talismo - e che ha un fin troppo manifesto assunto con- servatore - il socialismo si schiera. ' 2) l'autoritarismo ecclesiastico. E' parimenti ·chiaro ·che, 11ensiero eminentemente critico ed azione eminentemente au– tonoma, il socialismo - ma veramente bisognerebbe dire tut– ta la civilità ed il pensiero moderni - mal si conciliano con moniti danteschi: < State Contente umane genti al quio.! ! .... < Avete il vecchio e il Nuovo Testam~nto e il Pastor della Chiesa che, vi guida ... » E questo atteggiamento diventa o può diventare aperta rottura quando le supretne gerarchie ecclesiastiche, esorbi– tando da quello che è l'ambito 'specifico della ·religione, e confondendo quindi .il profano col sacro a tutto scapito del– l'autentica r.eligicne, autoritariamente prescrivono il compor– tamento del « fedele» di fronte a dottrine profane o addi– rittura. a movimenti p oliti.ci e sociali. Se non vogliamo di– ·i;conoscere (pur senza entrare a discutere) l'elaborazione da parte della Chiesa di dottrine sociali, non possiamo d'altra parte dimenticare Ìè non remote condanne ecclesiastiche del sociaÙsm~, non rimaste invero -alla splennità, che è ànche opinabilità, di una condanna ex cathedra, ma accompagnate da una· campagna spicciola di aizzamento del fanatismo an– tisocialista. Ma, ripetiamo, tutto questo ci sembra al di fuo– ri della religione,. ed anzi contro di essa. 3) un malinteso principi<> di amore universale. Qui .biso– gna intendersi molto chiaramente, dato che anche ìl sociali– smo fa proprio, ryella sua istintiva coscienza, il principio del– la fratellanza umana e· dell'amore per il prossimo. Si po– trebbe arrivare a dire che, in ultima. analisi, il socialismo lotta proprio per realizzare ne1 mondo e fra gli uomini, messi in condizione di spirituale parità, i principii dell'amo– re cristiano. Ma si tratta pur sempre di lottare per conqui– stare una r-ealtà che non è del p.resente. Anzi, proprio gli attuali privilegi di potenza, di ricchezza, di coltura, di clas– se formano un ostacolo a questo principio di fraternltà. E anche qui, se la predicazione dell'amore universale dovesse condurre, da un lato alla ràssegnazione, alla rinuncia alla lotta, ·alla timorata reverenza per l'ordine costituito, e dal=' l'altro alla. predicata ma vana rinuncia agli-egoismi e ai •pri– vilegi, ciò si tramuterebbe in un assunto conservatore, a cui il socialismo non può naturalmente che essere ostile. 4) il paternalismo. Anche a questo riguardo nella tradi– zione storica della Chiesa - e la distinguiamo deliberata– ■-.ente dalla esigenza religiosa - c'è la tendenza a far scen– tere provvidenze e soluzioni dall'alto, ossia dalla lungimi– rante benevolenza di governanti, o dalla carità dei privile– giati, a beneficio della massa passiva e ossequiente dei biso– gnosi. Contro questo atteggiamento nòn può non schierarsi il socialismo. Propriò per lo spirito democratico ad esso con– naturato, esso ripqdia il paternalismo .degli uni ed il quie– tii;mo degli altri e pone le vere, le consapevoli, le durature con~uiste come una realizzazione, spontanea del popolo, in an duro clima di lotta, in una precisa ed attiva volontà di conseguimento dei fini. C'è una forte ed esplicita pagina di Marx - il quale, non v'è bisogno di ripeterlo, partiva da nette posizioni antire– ligiose - che riassume in grary parte queste riserve : « I prin– c¼Ji sociali del cristianesimo hanno giustificato l'antica schia– vitù, esaltata la servitù del mediòevo, ed acco1,1sentonopure, iblioteca G. o Bianco ove ·occorra, a sos_tenere l'oppressione del proletariato, au– che se con ciera piagnucolosa. I principt sociali del cristia– nesimo predicano la necessità di una classe dominante e di una classe oppressa, ed a pro' di quest'ultir;na esprimono solo il pio desiderio. che la .prima possa essere caritatevole. I principi sociali del cristianesimo trasferiscono nel cielo il conc_istoriale appianamento di tutte le ignominie ed intanto giustificano il permanere di queste infamie sulla terra. I principi sociali del cristianesimo spiegano tutte le iniquità degli oppressori contro gli oppressi come la giusta puni– zione del peccato· originale o di al.tri peccati, -opDure come prove che il Signore, nella sua infinita saggezza, impone ai redenti. I principi sociali del cristianesimo predicano la viltà; Ù disprezzo di sè, l'annullamento, la soggezione, la sottomissione: in somma tutte le· caratteristiche della cana– glia. Ma il proletariato non intende affatto lasciarsi trat– .tare come canaglia. Esso considera il suo coraggio, la co– . scienza di sè, il suo orgoglio e la sua indipende.nza, più necessari ancora del pane"· Si potrà dire che dal 1847 ad oggi la stessa Chiesa si è diversamente aperta alle esigenze sociali, ed in parte è ve– ro; si deve dire soprattutto che tutto, questo attiene più alla storia contingente che ai profondi valori della religione; si può anche dire che il cristianesimo, nel suo insegnamento umano, non si iimita a questo o addirittura contraddice a questo : ma resta pur anche vero- che Marx ha crudamente toccato alcuni fondamentali aspetti che l'uomo religioso che aderisce al socialismo deve superare e ripudiare. * * * Resterebbe da parlare di un altro di questi aspetti, che, ,e non addirittura il più importane, è certo il più attuale: il confessionalismo, il quale, inutile far reticenze, degenera ormai spesso da noi in pretto e autentico clericalismo. E qui passiamo già a prospettare, benchè fuggevolmente, il secon– do problema .. Il socialismo non può non sostenere e difendere, oserem– mo dire per definizione, il principio dello Stato laico. Ecco infat.ti rispecchia con evidente analogia lo stesso comporta– mento che ha il socialismo di fronte alla religione: piena libertà ai singoli di religione, di culto, di proselitismo reli– gioso, rispetto dell'azione- di enti e di organizzazioni di ca– rattere confessionale, sinchè rimangono sul terreno religio– so, ma assoluta ìmparzialità dello Stato, che opera su 1111 piano diverso. Si obbietta: questa posizione di agnosticismo, di neutralità, non si addice allo Stato. Ma lasciando in di– sparte la questione se lo Stàto - Stato etico quindi - per– segUe anche finalità morali oltre che finalità pratiche ed em– piriche, sta di fatto che lo Stato - checcè proclamasse in contrario l'art. I dello Statuto Albertit-10 o ripetessero poi i Patti Lateranensi - non può avere una religione, perchè la religione è un fatto interiore dell'uomo e non un feno– meno che possa attrihuirsi ad una organizzazione giuridica della società. E non ha nessun rilievo a questo riguardo il tener conto della maggioranz~ sia pure stragrande, dei suo, cittadini, quasi non vi fossero degli Stati laici - a comin- · ciare dalla Francia - in paesi non.certo meno cattolici del– l'Italia. Il carattere non più laico, ma implicitamente od e- - splicitamente confessionale .dello Stato costituisce o dovreb– be costituire - proprio agli occhi di una spassionata co– scienza religiosa - un'aberrante cqnfusione tra esigenze re– ligiose ed esigenze politiche, una . commistione profanatrice tra sacro e profano, una insidiosa equiparazione di Cesare e di Dio. Fermo restando quello che era ormai un punto acquisito· - e cioè la decisione di non riaprire più la questione ro– mana e di riconoscere la sovranità della Citrà del Vatica,{0 -, riteniamo sia stato un grosso errore della parte demo– cristiana, con la connivenza comunista, l'aver fatto assur– gere a norma c:ostituzionale quei Patti Lateranensi che co– stituiscono il più grave colpo aJ principio dello Stato laico. Lasciamo pure da parte il fatto, che, rinunciando a riaprire - e non sarebbero state certe ardue - le trattative con la nuova Italia democratica, si sentì con ciò il bisogno di strin– gersi nella d 0 ifesa ad oltranza di un accordo strappato dal fascismo in auge per un suo cal~olo politico. Ma consta– tiamo che proprio i democristiani, che pur della democra– zia formale si conclamano i più ligi osservanti, hanno di.

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