Critica Sociale - anno XL - n. 19 - 1 ottobre 1948

436 CRITICA SOCIALE mere a un determinato stadio di media civiltà: le tendenze necessarie alla pace fra i popoli le tendenze necessarie alla libertà delle genti. Potremmo dire che la pace e la libertà superano la contingenza delle visioni politiche di questo o quel popolo, di questo o quel momento politico: in qt\anto esse si presentano oggimai non tanto come strumenti di determinati sviluppi nazionali, ma co– me le condizioni imprescrittibili di qualsiasi svilup– po in qualsiasi direzione; come le condizioni sine quibus non della stessa esistenza della civiltà, anzi di una società che meriti questo nome. Questa ve– rità è talmente certa ed assodata che gli stessi fana– tici e provocatori di guerra trovano necessario di dissimulare i propri tlni gabellando la guerra da essi provocata come guerra per la libertà o come guerra per conq1iistare ed ottènere le condizioni di una pace giusta e durevole. La guerra per la indi– pendenza, la guerra per la -conquista di una patria, sono implicitamente guerre per la pace e per la li– bertà, in quanto senza pace e senza libertà non vi è patria, nel senso completo ed ... della parola. La soppressione della libertà è sempre una for– ma di guerra civile, dichiarata o 'latente, è - per definizione - la soppressione del cittadino, la me– nomazione dell'indiv.iduo, l'abolizione di quei con– trolli sull'azienda pubblica senza dei quali la dege– nerazione di qualsiasi regime è apoditticamente ine– vitabile. Di qui la contraddizione soltanto apparente per la quale i più risoluti pacifisti fanno una ec– cezione al loro pacifismo - una sola eccezione - che riguarda appunto le guerre che si reputano in– dispensabili alla conquista o al consolidamento del– la libertà e della pace, due termini che si suppon- . gono e si condizionano a vicenda, perchè ogni guer– ra, diretta ad altro fine, implica la dittatura, e ogni dittatura significa pericolo permanente di guerra, o civile o internazionale. Si può discutere, caso per caso, sulla necessità di una guerra per assicura11e la. pace, sulla capacità di una determinata guerra a generare la libertà:. in questo c::impo gli eri ori, le illusioni, le insidie sono· sempre possibili: Ma il principio che pace e libertà siano ormai le condi– zioni essenziali e necessarie di ogni convivenza ci– vile non certo ammette alcun dubbio. Ed anche l'ul– tima grande guerra e la pace di guerra che ne sca– turì dimostrano macroscopicamente, a luce meridia– na, qu::into sia ingannevole la speranza di far sorge– re un equilibrio politico fra le nazioni dalla guerra e dalla sopraffazione. La costituzlone della Società delle Nazioni, lo sforzo :Qer rendere tale società sempre più sincera ed efficace chiamando in essa le nazioni vinte e quelle che dapprima rilutt::irono ad intervenirvi, c~– me la Russia e le Americhe, l'adozione di ciò che fu chiamato lo spirito di Locarno nei rapporti fra le nazioni appartenenti, non sono che il riconosci– mento implicito di tale verità. In un mondo. cosi costituito che in esso ogni attentato alla pace fra due popoli può diventare, ànzi diventa necessaria– mente, una conflagrazione mondiale, e l'esisténza delle oppressioni nazi_onali prepara ineluttabilmen– te tali conflagrazioni, quando fosse veramente pro– vato che un intervento internazionale riuscirebbe a prevenire taie disastro, esso si imporrebbe pratièa– mente a dispetto di qualsiasi teoria anti-interventi-· sta. Anzi, poichè le guerre che assumono cosiffathi estensione generano necessarìamente l'intervento, sono· anzi esse stesse una forma d'-intervento nella politica sia dei nemici, sia degli alleati, ne deriva che l'intervento preventivo e tempestivu, ad evifare la guerra, è. un omaggio, il solo possibile in certe condizioni, al principio del non-intervento, ossia alla realizzazione del- minor intervento possibile. E' dunque assurdo sostenere oggi quella che era una verità finchè le gùerre potevano rimanere lo– calizzate e circonscritte. Questa verità è rovesciata. BibliotecaGino Bianco L'intervento per evitare il disastro mondiale, l'inter– vento per assicurare la inevitabilità di un maggio– re e più disastroso intervento, diventano, più che un diritto, un dovere internazionale. Non. è ammis– sibile che l'umanità assista indifferente - sotto il pretesto di rispettare l'autonomia degli Stati - allo svolgersi di fenomeni che minacciano questa auto– nomia nella più larga misura, e non solo negli Stati spettatori, ma negli stessi belligeranti. Data la so– lidarietà economica istitùitasi fra le nazionii l'in– tervento per evitare una guerra fra di esse non de– ve apparire più strano che non sia l'intervento di un Governo per impedire un conflitto armato fra due cjttà o regioni dello Stato che essa amminj– stra. Non vi è ancora - è ben vero - un Governo nè un Parlamento internazionale: la Società delle Nazioni non è che il germe iniziale. Ma esiste la rete degli interessi c1le uniscono gli Stati, che li fe– derano necessariamente: gli Stati Uniti, la federa– zione degli Stati è un dato di t' atto anche se gli man– ca il suggello giuridico di una sanzione ufficiale e legislativa. Poichè quindi in determinati casi un in– tervento è il\levitabile, è interesse universale che se ne prevedano e determinino le condizioni ed i mo– di, che esso sia circondato da garanzie indiscutibili e ferree, ad evitare che µn intervento, il quale si presenterebbe come ispirato a un interèsse generale, copra invece velleità di _.dominazione a servizio di interessi limitati e particolari. Dalle cose dette ci sembra che codeste condizioni e garanzie si precisino naturalmente come segue. Anzitutto nessun intervento si giustificherebbe il quale avesse altro fine che di garantire o restituire ad un popolo quelli che sono i beni fondamentali di ogni popolo: il possesso'·delle libertà, la possi– bilità di ·mantenere la pace. Ed ancoi:a deve essere chiaro che le forze interne di quel 1 popolo sono rese per sè stesse in.capaci a realizzare questi fini. Il yomune adagio che « ogni popolo ha il governo che si merità » risponde, per quanto in forma grossola– na, alla verità finchè tale popolo gode di un grado di libertà, sia pure non completa, ma sufficiente a far sì che esso possa con propri sforzi abbattere e modificare il proprio r-egime. In tale caso è deci– samente opportuno che esso non sia' esonerato dal dovere di conquistare la libertà colle proprie forze e, col proprio accorgimento. I benefizii hanno un va– lore insignificante e si perdono colla stessa facilità con cui vengono acquisiti. Da popoli civili la liber– tà si conquista ~ si difende ogni giorno. L'acquie– scenza all'oppressione non deve essere nè incorag– giata nè premiata. -· 11 Perchè un ,·intervento sia giÙstificato non basta che il popolo di cui si tratta goda soltanto di urta libertà limitala, di una democrazia incompleta: co– me sarebbe l'esistenza delle monarchie anzichè del– la repubblica (vi sono repubbliche più reazionarie <li date monarchie) o che vi esista un suffragio non universal~ ed uguale, o che il sistema rappresen– tativo non vi fuzioni alla perfezione. Vi sono popo– li ancora incapaci di esercitare la libertà nel modo più completo, e giova che tale capacità essi acqui– stino gradatamente, coi loro propri sforzi e colla loro volontà. D'altconde non vi è un modello di co– stituzione civile che valga ugualmente per tutti i popoli e per tutti i tempi: nè lè costituzioni demo– cratiche rappresentan·o le colonne d'Ercole del pro– gresso sociale. E' opportuno per tutti i popoli che alle esperienze più diverse, rispondenti alle condi– zioni particolari, alle diverse attitudini delle stir– pi, sia 'lasciato il più largo campo possibile. Solo quando ad un popolo siano tolti, per conclamata evidenza, con un colpo di violenza non altrimenti rintuzzabile, tutte le pòssibilità di riscossa: quando sia soppres~o ogni sistema rappresentativo, ogni li– bertà di associazione, di stampa, di · controllo sul

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