Critica Sociale - anno XL - n. 19 - 1 ottobre 1948
446 CRITICA SOCIALE le, che, se razionalmente interpretato e adattato, può inve– ce portare al tanto invocato risanamento burocratico. Abbiamo già schematicamente prospettato con scritti pre– cedenti su quali basi va affrontato il problema, sia nei ri– guardi regionali, sia direttamente nell'assetto nazionale. Non ci sono altre vie. Stabilita la regione occorre seria– mente potenziarla e seriamente e sanamente sfruttarla. Lasciate allo Stato solo le. sue legittime mansioni, que– ste potranno meglio e più solertemente essere curate a tutto vantaggio della pubblica cosa, mentre, d'altro canto, la Re– gione, con l'ausilio delle Provincie e dei Comuni, potrà se– riamente applicarsi a tutte le mansioni secondarie cli J:Jatu– rale destinazione della ~tessa, come è in generale stabilito per _gli Stati più modernamente attrezzati e amministrati– vamente più progrediti. Lo Stato ha mansioni 'essenzialmente politiche. La Regio– ne e gli Enti locali hanno mansioni precipuamente ammi– nistrative. Logico quindi che, mentre le cure del potere centrale de– vono concentrarsi a trattare dei rapporti internazionali, del– la difesa de-Jlo Stato, della sua tranquillità interna, delle direttive. generali della -sua politica interna, l'Ente regione deve a sua voltà, in loco, rilevare e soddisfare i bisogni lo– cali col sistema più semplice e più efficace possibile, ·con una azione tempestiva e sollecita che non si può espletare sempre e in modo spedito dal pot~re centrale, il quale oltre· • che distante, ha altre e gravi ,preoccupazioni di ordine 1ri– ternazionale e nazionale. Guai quindi se le mansioni non sono razionalmente e in– tegrativamente suddivise o se una ,preconcetta mania tutela– trice ne infirmasse e rifardasse l'azione amministratiya. Le attribuzioni devono essere nettamente distinte, mai accavallantesi, mai duplicate. Ogni distorsione o deviazione da tale principio creereb– be una frizione, un ritardo, una. complicazione e ·una mag-, giare spesa, .non solo inutile, ma perniciosa. Gli è per la violazione evidente di tale principio che J:Joie abbiamo prospettato che le sole mansioni ora attribuite alla Regione sono poche. Le mansioni di cui all'art. n7 della Costituzione avrebbero potuto essere decentrate alla sola Provincia con ben lieve rinforzo di questa. Con solo queste mansioni decentrate alla Regione lo Stato centrale deve mane tenere quasi inalterata la sua· bardatura, deve mantenere quasi integro il suo grosso esercito di funzionari e di im– piegati e può di ben poco diminuire le spese. E' invece as– solutamente necessario che esso smaltisca buona parte del personale e lo .passi alfa Regione; è necessàrio che reali~zi economie per un solido finanziamento .regionale e provincia– le. Ciò è mdispensabile per il suo risanamento. E p·er arri– va,re a çiò, per non creare il doppione Stato-Regione, si rende pertanto necessario, ripetiamo, valersi dell'art. n8 del~ la Costituzione e passare· aìia Regione gli altri servizi non di ordine prettamente statale che la conformistica e compassata burocra;ia romana vuole ugni:s et · rostribus ma.ntenere alla Capitale. Il principio dovrebbe essere adesso, all'inizio della attività regionale, almeno questo: non un funzionario di più e non un soldo di più dell'oggi ed in seguito, con la integrazione e semplificazione dei servizi, tendere a una graduale diminu– zione di personale e sensibili contrazioni dei costi, di spese e di oneri. Per poter ottenere ciò occorre svincolarsi dal tradizionalismo dottrinario e accentratore, cattedratico e a– stratto, cli un leguleismo vuoto e sorpassato che il tempo e le esigenze hanno ormai condannato. Farn le· cose a metà ~ome sembra si vc:igJ.ia, è, pr~cisamente,' creare i doppioni e le doppie spese di cui sentiamo il peso; è ingombrare la via ad un solido risanamento; un silurare la stessa Costi– tuzione repubblicana. Occorre avere il coraggio di affrontare la situazione. Precisata là mèta, seguir 7 risolutamente la via. Se no, sarà il fallimento dei nuovi istituti e, anzichè una ricostruzione, una- rovina materiale e morale della stessa Nazione, che non avrà voluto e saputo salvare sè stessa. Ar,BJ;:RTO P AINI Biblioteca·GinoBianco Le cose di Cecoslovacchia Il. Per un uomo di sinistra, era difficile trovare a ridire sulla Cecoslovacchia del '47; e anche per la stampa co– munista pareva terra di « magnifiche sorti e progressive ». Sul piano politico 'i partiti della Resistenza (socialde– mocratico, cristiano-sociale, socialnazionale e comunista) avevano assunto la responsabilità della cosa pubblica, e avevano dato ufficialmente al paese la concordia. Era vera– mente, come disse Zenkl, ex sindaco di Praga e ministro socialnazionale, « un tripartito alla quarta potenza »: quattro partiti nel paese, quattro al Parlamento, e qual· tro al Governo. Non esisteva opposizione se non intorno al tavolo del Consiglio dei ·ministri o sugli scanni della Camera: tutti gli altri partiti di destra o di centrodestra, che avevano tenuto contegno ambiguo nelle giornate del settembre '38 o collaborazionista- durante l'occupazione te– desca, erano stati soppressi dopo la liberazione. Ufficialmente una minoranza non •avrebbe dovuto più esistere, percl\.è non era prevista l'esistenza di altri par• titi, oltre i quattro , governativi. E a questo punto, pre– messa l'approvazione recisa per la sanzione contro i partiti disfattisti e collaborazionisti, sarebbe interessante studiare e stabilire se, approvando un provvedimento, fn un certo senso, di forza contro eventua.li nuovi partiti di una even– tuale minoranza, i democraÌici deila maggioranza non ab– biano aperto la porta a ben altri provvedimenti di ben altra forza. Ad ogni modo, quanto al resto, tutto e'ra avvenuto, o aveva l'aria di svolgersi, all'insegna della democrazia sen– za aggettivi, con l'accordo, con la fiducia, e con lo spi– rito unitario più perfetti, Da un lato, come aveva notato Julien Benda, « la parte non comunista del paese · si lì. dava- perfettainente dei comunisti »; e dall'altro Gottwald, capo dei comunisti, riconosceva che la « dittatura del pro– letariato e i sovieti non sono la sola strada del socialismo ». Alle elezioni, effettivamente ineccepibili, del 2 maggio 1946 i comunisti avevano ottenuto la maggioranza relativa (40% circa); ma, molto più che la dottrina stalinista, si era fatto sentire, nell'organizzazione di partito, vicina al milione di iscritti, e nelle urne, il peso degli eventi e: degli interessi · caratteristici dell'epoca. _Nelle città la vi– sione dell'Armata- Rossa tDionfante ,sui nazisti in rotta aveva lasciato traccia profonda, sia tra gli adulti, schiac– ciati ben due volte, cioè nel '14 e nel '39, dalla guerra tedesca, sia tra i giovani, cresciuti nella organizzazione prettamente slava, del Sòkol. Nelle campagne, secondo le tradizionali promesse, i conradini attendevano dai comu– nisti là terra. A tutti, n,:lle metropoli e nei paesi, secondo -fa semplificazione propria dei dopoguerra, il comunismo appari va come il conttapposto naturale del fascismò e della tedescheria: spuntava intanto il calcolo sottile delle buone e sicure carriere in un partito di funzionari che ormai era al governo, in un paese di funzionari. Era .difficile, allora, a .Praga, capire il partito comu– nista; direi quasi che era difficile riconoscerlo. Prima di tutto, forse anche perchè alla U.R.S.S. interessava che ·; paesi dell'Europa centrale .fossero economicamente forti, _i comunisti cechi mellevano _in primo piano, noti gli scio– peri e il tenor di vita dei lavoratQrì, ma il tema e il do– vere della produzione. « Il nostro slogan, aveva detto Got– twald nella sua relazione ·al congresso del partito del feb– braio 1946, è lavorare, lavorare di più per la · repubblica ». Il partito appariva addirittura, per gli ste~si' suoi proseliti, in secondo piano rispetto al paese; questo dicevano rego– larmente i giornali e le manfrestazioni ufficiali: e lo con– fermava, per esempio, il linguaggio muto dell'arredamento della sede centrale del Partito, a Praga. Prima di tutto, nell'atrio, si incontrava una doppia fila di ritratti di fi. gure eminenti della., itoria e della letteratura ceca, inco– ronati da una grande scritta rossa: « Noi' emuliamo la tradizione progressiva del nostro paese». E in quell'aria propria, zelante ed erudita da collegio o da liceo, i ri•
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