Critica Sociale - anno XL - n. 18 - 16 settembre 1948
408 CRITICA SOCIALE La « crisi di regime » e la « terza forza ». Rifare la storia delle crisi di governo che si sono succedute in Francia vorrebbe dire rifare la stori~ degli avvenimenti francesi del dopoguerra, ~ c1 porterebbe troppo lontano. Del. r_esto ce ne siamo già occupati isu questa stessa rivi.sta molte v_olte e non è quindi il caso di ritornarci. Ma per rispon– dere ad una domanda fondamentale, se, cioè, si tratta di una crisi di regime (del ,regime pa,rla– mentare) e quindi per renderci conto se ci trovia– mo di fronte ad una vera e propria svolta di in– calcolabili conseguenze per l'avvenire della demo– crazia francese ed europea, è necessario rifarsi un poco addietro. Gioverà intanto ricordare, per maggior chiarez– za, che secondo la Costituzione francese l'Assem– blea de\te essere sciolta e si devono indire nuove elezioni soltanto dopo che due crisi ministeriali si siano succedute secondo le formule di ,rito. Finora le crisi sono state quattro (cinque comprendendo quella ,dell'ultimo gabinetto Schuman, durato tre giorni) ma nessuna di esse ha avuto luogo nelle condizioni richieste, essendo stato il governo a porre la questione di fiducia. In sostanza, queste crisi hanno avuto luogo ·per la dissoluzione interna dei governi stessi, dovuta alla loro formazione ete– rogenea e alla mancanza di un preciso programma minimo accettato da 1utti i suoi componenti. Per– tanto, l'Assemblea potrebbe venir sciolta, in queste condizioni, soltanto per propria decisione, dopo che fosse stata votata la necessaria riforma eletto– rale. Se questo, che è nei voti principalmente di De Gaulle, avverrà presto, è cosa che non si può dire, ma che avverrà è forse inevitabile. La prima decisiva prova della drammatica si– tuazione in cui si è venuta a trovare la democra– zia parlamentare francese si ebbe nel novembre scorso, quando Léon Blum, designato a costituire il governo dopo le dimissioni di Ramadier, non ot– tenne la maggioranza necessaria. Il tentativo di Blum 'mirava allora alla formazione ·di un vero · e proprio governo di ·« terza forza» il cui presuppo– sto era costituito, nel ,campo politico dalla lotta su due fronti contro comunisti e degollisti, nel campo economico dalla difesa della stabilità della situa– zione monetaria e del potere di acquisto dei salari e sui minimi vincoli alla produzione, nel campo so– ciale da quelle garanzie e provvidenz·e senza le quali un governo non può oggi dirsi democratico. Il suo fallimento, quindi, mostrò il fallimento della « terza forza». Esso era, ed •è, essenzialmente do– vuto ad un mancato accordo in materia economica, e proprio questo fatto indica l'inconsistenza di una formazione generièamente democratica,· in cui i programmi d·ei singoli •componenti ,divergono, sia pure nelle intenzioni ancor prima che siano chia– ramente· formulati, sostanzialmente. E' questo un primo insegnamento che tocca a noi non lasciar perdere. Quando poi Schuman costituì il suo Gabi-netto, questo rispondeva ancora alla formula di « terza forza » ma ,dopo ,che erano stati -accettati alcuni compromessi inevitabili. Così è stato del Gabinetto di André Marie, e così è del Gabinetto attuale. Un nuovo tentativo ,di imperniare la costituzione gover– nativa sulla terza forza è stato compiuto ulterior– mente di nuovo da Schuman, con la sua formazione governativa in cui i dicasteri economici •erano af– fidati ai socialisti. E 1a rapida caduta anche di es- · so avvalora quello che già abbiamo. detto del tenta– tivo di Léon Blum. Fatte queste premesse, .possiamo concludere che effettivamente si è mostrata in Francia la carenza di un movimento capace' di riassumere e di esau– dire le esigenze di una ricostruzione libera e in parte pianificata nell'ambito democratico, senza pericoli di slittamento. Occorre però aggiungere che la mancanza di questo movimento e della ne– cessaria fede che esso •dovrebbe riscuotere all'in– terno del paese per averne tanta forza che gli per– metta di veramente governare, è dovuta_essenzial– mente a cause, pur .gravi, ma che riteniamo non siano di carattere decisivo, nel ,senso che un risol– levamento è tuttora possibile. Oltre alla causa fon– damentale, quella della divisione in blocchi che BibliotecaGino Bianco in Francia è nettissima, e oltre al fatto che i due blocchi estremi, dei comunisti e dei •degollisti, han– no potuto facilmente speculare sulle difficoltà della situazione del dopoguerra, soprattutto svolgendo manovre di critica demagogica senza aver da af– frontare i problemi concreti, si Sono commessi er– rori da parte dei raprpresentanti della democrazia, che hanno avuto fatali ripercussioni specie nel campo ·economico, favorendo il gioco degli estre– misti. Tra questi errori è da porre in primo piano quello dell'organizzazione economica del paese. Si è svolta recentemente, anche in Italia, una campa– gna contro il dirigismo e le nazionalizzazioni fran– cesi, per dimostrare come tante colpe siano da im– puta,re ad essi e' come invece il liberismo avrebbe tanto meglio favorito Ia ricostrùzione. Orbene, pos– siamo dire che le critiche sono in parte giustifi– cate. Ma: intendiamoci bene. Dato e non concesso che il liberismo economico avrebbe ottenuto in qualche campo migliori risultati parziali, restereb– be da ,dimostrar,e che esso non avrebbe poi avuto la conseguenza di paralizzare altre iniziative pur necessarie, e soprattutto che non avrebbe portato ad una campagna di giustificati .scioperi, che avreb– bero scosso dalle fondamenta la stessa struttura economica del paese. Le critiche che in questo sen~ so i socialisti hanno mosso al piano Reynaud sono chiare ed esplicite. La crisi francese è pertanto crisi della « terza forza ». Coincide questa con una vera e propria crisi di regime? Crediamo che l'affermazione sa– rebbe prematura e che quindi coloro che la fanno intendono aùspicar,e tale ,crisi. La difficoltà, in cui si trovano i parlamenti, a svolgere la loro azione normale (questo succede anche da noi), attraverso i nòrmali 'dibattiti tra maggioranza ed opposizione, non p,rova ancora che essi abbiano esaurito le loro possibilità. E'. un fatto, comunque, che sempre più si dimostra che la sola possibilità di salvare il re– gime parlamentare è oggi riposta nei pa,rtiti socia·– listi, e qne·sto vale per la Francia come per l'Ita– lia. Questo è il punto della questione che interessa di più a noi, ,che abbiari10 molta fiducia e molte speranze nella « terza forza » internazionale ma poche ne abbiamo nella « terza forza » in campo nazionale, almeno per ·quanto. riguarda effettive possibilità di costruzione, ove il partito socialista non abbia tanta forza da concordare coi suoi alleati la propria politica economica, accettandone e de– ~iderandone la collaborazione su quel minimo pro– gramma che possa conciliare le opposte; esigenze, rimanendo abbastanza compatto per non dover subire spinte e ricatti. Qui il discorso si fa doloroso, dicia– molo ·r.rancamente. Qui ci vuole una revisione di tutto il programma, e occorre anzitutto impostare la ripresa d~li'econbmia su più concrete basi di quanto si sia ,faitto fino ad ora. Occorre che la tec– nica non vada disgiunta daHa buona volontà. Oc– corre che noi, in poche .parole, rivediamo alcune delle nost!'lè posizioni, per,chè molto dobbiamo ag– giungere e forse qualche cosa dobbiamo togliere. Non è qui il momento ed il luogo per approfondire queste questioni fondamentali. Ma vorremmo auspi 0 care d1e i numerosi valenti tecnici del nostro par– tito, •così come i compagni degli altri paesi, pensas– sero a queste cose. Perchè questa crisi francese non porti la F,rancia, che sarebbe seguita dall'Italia, a quella svolta che si p,rofila all'orizzonte, e dopo la quale il nostro compito non sarebbe certo esau– rito, ma tornerebbe ad essere ,quello, romantico ma sterile, della opposizione e magari della clande– stinità. PIERO GALLARDO Leggete e diffondete il quotidiano del P. B. L. ·L L'UMANITA'
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