Critica Sociale - anno XL - n. 18 - 16 settembre 1948

420 CRITICA SOCIALE esose condizioni d'affitto che si -praticano nel settore che sin da ora è libero, del tutto insostenibili per quanti debbono contare sul loro reddito di lavoro. In realtà il ritorno al regime liberistico delle abi– taziòni è condizionato ad una risoluzione dell'at– tuale crisi degli alloggi. Non -è •possibile, se non in quanto sia attuata una ripresa edilizia in massa, che provveda soprattutto alla costruzione di case economiche per gli strati ;popolari. E poichè nè il Piano Fanfani, dichiaratamente insufficiente alla bisogna, nè i provvedimenti previsti dànno la cer– tezza che, al ·termine fissato, questa crisi degli alloggi sarà realmente risolta, o ridotta comunque a tollerabili condizioni, il garantire preventivamente la cessazione a data fissa del regime vincolistico costituisce una forma di demagogia, anche se si tratta di demagogia dì destra anzichè di una dema– gogia di sinistra. Logica voleva, semmai, che il governo rispondesae : al liberismo si tornerà quando si sarà costruito a sufficienza, e dò, signori pro– prietari di immobili, dipende in primo luogo da voi. E veniamo all'aumento degli affitti che, in certo modo, costituisce la contropartita del mantenimento del regime vincolistico. Anzi esso ha la finalità di attenuare gradualmente il contrasto, e di rend~re più agevoli le future decisioni avvicinando il livello degli affitti dei locali vincolati a quello dei locali del mercato libero (posto che cosi avvenga, giacchè fare affidamento sull'equilibrio economico che s'in– staurerà ad una data così lontana sembra per lo meno azzardato). Molte critiche si dovrebbero muovere alle disposi– zioni particolari. C'è da chiedersi, tra il resto, se il criterio uniforme adottato (p·rogressivo 100% per i locali considerati di lusso; 50% nei casi normali; 30% per riduzioni eccezionali) sia il più semplice ed equo. Forse conveniva meglio adeguarsi alla realtà delle cose ed alla varietà delle s,ìtuazioni e, anzic'hè adottare delle percentuali uniformi e rigide, . articolarle opportunamente. Ed in conseguenza di– stinguere, in relazione con i diversi problemi edi– lizi e di alloggi· che v.i si presentano : da un lato tra campagna, medi centri urbani, e grandi centri (meglio ancora, se tenendo poi conto delle partico– lari condizioni delle località dove le distruzioni pro– vocate dalla guerra o fenomeni acuti di urbanesimo hanno resa critica la situazione degli alloggi); d'al– tro lato (ciò che non è affatto impossibile, sia tenendo conto dei caratteri strutturali, sia tenendo conto delle condizioni locatizie del 1938) tra case di lusso, case civili, case popolari. Non intendiamo · diffonderci qui nella critica di queste diS[)Òsizioni particolari. Ma non possiamo sottacere il nostro dis~ senso dalle misure relative alla riduzione dell'au– mento al solo 30%. iJl divario dal normale 50% è troppo esiguo e ad ogni modo un qualsiasi aumentò - ch'è poi progressivo di anno in anno .:_ può riu– scire :pef molta povera gente insostenibile, e gra– yido di tragiche conseguenze, dato che la crisi di alloggi. spesso preclude una sistemazione ,Più eco– nomica. Inoltre, il criterio base per questa ridu– zione ( « quando la posizione economica dell'inqui– lino sia particolarmente disagiata specie se si tratta di persona che vive del puro lavoro o pensionato») è tro{}po osciHante, generico,. favorevole agli arbitri. E la misura costringerà ,Poi questi disgraziati e sgraditi inquilini, che non possono o non vogliano· soggiacere al diktah del padron di casa, à sobbar– carsi alla molestia, alla spesa, alle spossanti attese, é alle immancabili delusioni della procedura avanti le speciali commissioni pretorili, verosimilmente de– .stinate a risuscitare il non gra;dito ricordo dei defunti Commissariati Alloggi. Ma sorvoliamo su .ciò, perchè è della sola que– stione generale che intendiamo parlare. et sono due fatti incontestabili, che vengono s,i:stematix:amente ricordati .per gustificaré la necessità dell'aumento BibliotecaGino Bianco ------------ degli affitti. Il primo è che la quota parte di spese , destinata all'alloggio si è venuta riducendo ad una percentuale apparentemente irrisoria, rispetto al reddito complessivo ed ai bilanci del passato. Il fatto è vero (per quanto molto spesso, nel fare questi con– teggi, si tenga artataanente conto del solo canone locativo e non anche dell'insieme, ormai cospicuo, di tutte le altre spese, dianzi a carico del proprie– tario, ed òra ;poste a carico dell'inquilino). Ma biso– gna valutare questo fatto (che ormai si è da par-ec– chi -anni consoUdato e che è generale) con minore angustia. Bisogna ricordare che in generale (ed in ispecie per i ,redditi di lavoro o per quelli fissi) si è avuta, a causa d-ella guerra e -dell'inflazione, una contrazione dei redditi reali rispetto all'anteguerra e che una crescente incidenza sul reddito della voce ccalloggio» (e si badi che di massima l'obbiettivo l ultimo dovrebbe -essere il ristabilimento della pro– porzione normale di anteguerra!) rappresenta una diminuzione del livello di vita. Vittime di ciò sono soprattutto i lavoratori, anche dei ceti medi, che, col loro reddito attuale, non possono certo sopperil'e a bisogni superflui o voluttuari. Anche chi volesse essere sol'do alle conseguenze di carattere sociale che ne derivano -e abbarbicarsi unicamente ai tra– dizionali principìi liberistici dovrebbe pur riflettere che questa diminuzione del livello di vita nelle classi popolari e nei ceti medi si riflette da un lato sulla possibilità di risparmio, con conseguente contra– zione degli investimenti, e d'altro lato sulla contra– .zione ,della domanda di beni, con conseguenze sia sulla produzione, sia commercio. :E' quindi cont110- producente rispetto a d,ue fattori essenzialt per la ripresa economica. Il secondo fatto è che·, proporzionatamente a tutti gli altri redditi di capitale, il reddito degli inve– stimenti immobiliari è di gran lunga inferiore e talvolta add/rittura problematico. Anche questo fatto è vero. Ma il fondare la richiesta di aumento degli affitti su di un p'rincipi9 di ,giustizia perequativa, di cui dovrebbero faT le spese gli ìnqulini, è un ing;anno. Più di qualsiasJ altro capitale, gli inve– stimenti immobiliari si sono messi al sicuro contro le conseguenze finanziarie della guerra ed hanno mantenuta intatta la loro consistenza di fronte alla svalutazione monetaria. L'inflazione o la semplice svalutazione monetaria hanno, cqme è ovvio, una indiretta, e se si vuoJ.e ocèulta, portata fiscale: costi– tuiscono un prelievo di ricchezza da parte dello Stato che, emettendo quantità sempre crescenti di carta moneta, della moneta riduce in conseguenza il potere d'acquisto. Gli investimenti immobiliari (e non importa qui considerare se essi soltanto) si sono invece so,ttrat~i a questo forzoso e invisibile grai– vame. In via• di g·iustizia a;ppare quindi fondato e ragionevole chi.edere dei sacrifici a questa categoria di privilegiati - ,privilegiati n!)n perchè semplice– mente 'I abbienti », ma perchè, per eff.etto della loro. proprietà immobiliare, hanno schivato, a differenza di altri, una forzosa falci.dia, attuata dallo Stato per mezzo dell'inflazione -. Sacrifici che poss<mo consistere: o nell'adattarsi ad una diminuzione dei :redditi dei capitali immobiliari, considerando che una ,perequazione e rivalutazione di questi redditi CO!)'lporterebbe una diminuzione del livello di v,ita per coloro che, ·per essi, sono dei cc consumatori»; oppure nel sopportare un onere fiscale realmente adeguato. A quest'ultimo riguardo, un provvedi– mento di aumento degli affitti sarebbe ben diversa– mente giustificato se fosse certo (come purtroppo non è) che l'imposizione fiscale sugli immobili, anzichè essere fondata su ridicole percentuali fisse di rivalutazione, o su criteri presuntivi che pren– dano a base il reddito, o su concordati .del tutto arbitrari, si fonda sul loro valore venale, nel mo– mento presente. · Tuttavia il più grave dìfetto del progetto gover-

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