Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948
CRITICA SOCIALE 361 zone occidentali e quello comunista -(o · socialista unificato) della zona orientale, che ha praticamen– te sommerso tutti gli altri, richiamano nella forma quelli degli ultimi dibattiti della repubblica di Wei,mar ~ pertanto_ costituiscono, con l'immagine dell esperienza ·nazista sempre presente, un peri– colosissimo motivo di scissione del popolo tedesco. Ma oltre alla situazione all'interno della Germa– nia, non bisogna dimenticare la situazione interna– zionale, che non manca di influire negativamente sull'andamento dei negoziati, stessi. Tra i più importanti avvenimenti che fanno da contorno alle trattative di_Mosca è da por-re in pri– mo luogo la Conferenza di Belgrado sulla naviga– zione del Danubio. La conferenza, che si è risolta in un completo fallimento in quanto la maggioran– za devota alla Russia ha praticamente eliminato la influenza dei rapprese1!tanti occidentali, offre un esempio della complessità dei rapporti fra· gli ex– alleati. Il faltr che gli anglo-americani (non i fran– cesi, e questo fatto merita di essere rilevato) ab– biano alla fine mostrato assai maggiore arrendevo– lezza alla tesi russa di quanto in principio non era lecito credere, è cosa che non può non essere mes– sa in relazione ·con gli altri avvenimenti recenti. Anzitutto ·con l'abbandono, da ,parte della R,ussia e dei suoi satelliti, delle truppe del generale 'Markos in Grecia, che, secondo i più recenti comunicati del governo greco, sarebbero sul punto di essere sopraf– fatte. Ora, tutto ciò fa pensare che nei settori mi– nori non si è voluto da nessuna delle due parti ac– centuare i termini del conflitto. Non bisogna poi dimenticare che tutte le altre 'zone mondiali dove esistono contrasti più o meno velati (Birmania, In– docina, Cina ecc.) costituiscono altrettante pedine di un gioco vario e multiforme. Pedin.e, dicevo, al– cune delle quali, ad esempio il conflitto in Pale– stina, possono sempre diventare pezzi di prima im– portanza sullo scacchiere internazionale. Ma, per ora~ il silenzio che le circonda, e· il fatto che di esse si parla ben poco, non solo nella stampa, ma soprattutto nei comunicati dei governi (ed anche nelle note di cut abbiamo fatto cenno) mi pare che sia una conferma della-volontà di rimandare il con– flitto che anima i maggiori contende_nti. Accordi e dissensi tra gli all<e~ti · occid·entali In occasione del recente r·invio dell'ultima riu– nione al Cremlino degli inviati occidentali, la stam– pa ha parlato di dissensi sorti tra gli alleati occi– dentali, in particolare tra anglo americani da una parte e francesi dall'altra. Queste voci sono poi sta,te superate dagli eventi e sono state spiegate co– me originate da una divergenza di tattica (iii quan– to i francesi sarebbero stat.i i più concilianti nei confronti dei russi), o addirittura come una ma– novra degli occidentali, i quali si sarebbero riser– vata la .possibilità di r~rendere, attraverso un ten– ta,tivo di conciliazione francese, i negoziati che pa– revano sul punto di fallire a causa dell'intransi– genza dei russi e degli angloamericani. Essi cioè avrebbero riservato alla Francia la stessa funzione che i Russi hanno lasciato all'intervento di Stalin, apparso come il conciliatore supremo di fronte alla rigidità di atteggiamento di Molotov. Tutto ciò è non solo possibile, ma probabile. Riteniamo però che ci sia ben di più nelle voci di dissenso tra gli alleati occidentali. Che, cioè, un dissenso ci sia ve– rament e, e n on di carattere puramente formale, an– che se es.so non è certamente tale da provocare una frattura in s eno alla coalizione dell'Occidente, spe– cialmente in caso òi guerra, in cui ovviamente tutti si sentirebbero maggiormente uniti. Basti a questo proposito considerare brevemente alcuni lati della politica dell'America, della Fran– cia e dell'Inghilterra. Che .l'America non vuole la guerra è chiaro, malgrado le forti correnti bellici– ste, a favore della « guerra preventiva », che si so– no venute sviluppando negli ultimi tempi. Tutta– via è anche un fatto che l'America è quella che meno teme e meno ha da temere da una guerra. Il suo atteggiamento a questo proposito è quindi il più chiaro, seppure spesso. appaia il ,più empirico, ed il più risoluto. All'America, in fondo, non inte- BiqliotecaGino Bianco ressa tanto di cedere o no su qualche punto: le importa che il comunismo non si espan da ulterior– mente in Europa. Soprattutto le importa che, an– che se la Russia si rafforzi, le attuali proporzioni non siano alterate. In parte diversa è la posizione dell'Inghilterra. Essa si è dimostrata recentemente la più rigida, la più risoluta nel prepararsi (è stato proprio in In– ghilterra che si è parlato più apertamente di guer– ra prossima). D'altro canto, però, l'Inghilterra è an– che quella che più dell'America ha da temere da un confl-itto, e che nello stesso tempo ha da teme– re di veder ·ancora diminuita, in seguito ad altre concessioni alla Russia, la sua influenza in Euro– pa da una parte, nel suo Commonwealth dall'altra. Di qui un atteggiamento che pare il più deciso ed è in realtà il più incerto, dato che per' una strada nuova, quella che potrebbe portare all'unione eu– ropeà, essa non ha ancora avuto il coraggio di met– tersi. In conseguenza di ciò, l'Inghilterra è portata a schierarsi spesso a fianco dell'America, sebbene i suoi interessi siano notevolmente diversi; a svol– gere quindi spesso con essa una azione comune con finalità diverse. E' tuttavia da augurarsi che pre– sto, in una situazione in cui la pace fosse garan– tita, essa possa; per merito specialmente dei labu– risti, battere coraggiosamente in campo internazio– nale quella strada nuova (strada socialista) che già sta battendo sul piano interno. Ben diverso dai due precedenti è l'atteggiamento francese, che si mostra anche in con.trasto con gli altri in Germania, dove la Francia continua con ben maggiore convinzione la smobilitazione delle indu– strie tedesche. La Francia è quella che più ha da temere in ca– so di guerra, sia perchè non è assolutamente in grado di sostenerla, sia per la sua posizione sfa– vorevole geograficamente e militarmente, sia a cau– sa della sua situazione interna, in cui i comunisti sono. minacciosi e De Gaulle, che potrebbe farli ta– cere, lo è anche di più. La posizione della Fran– cia, però, proprio per questo, rispecchia meglio di ogni altra quella degli altri paesi dell'Europa oc– cidentale, compresi quelli che hann.o partecipato alla conferenza di Londra sulla Germania, in cui è stata decisa la creazione dello Stato della Germa– nia occidentale, e che ora partecipano al control– lo sulla Ruhr, e compresa anche l'Italia. La poli– tica francese è dunque la più europea. Ma c'è in essa un pericolo. Anche in conseguenza della sua politica estera tradizionale, la Francia è portata a cercare l'equilibrio europeo mediante alleanze con la Russia contro il pericolo tedesco, ed in questo senso oscilla forse ancora, facendosi sostenitrice di un compromesso con la Russia, a costo anche di gravi sacrifici. Questa ricerca, però, è senza dub– bio destinata a fallire, per una ragione semplicis– sima : che la Francia è •oggi troppo debole per po-• ter, sostenere da sola la parte -di alleata della Rus– sia, o anche la parte dell'intermediaria, e che la politica russa mm è più la politica di equilibrio del tempo degli- zar. Di questo si son resi conto molti francesi, specialmente i nostri compagni, i quali si sforzano di ricercare prima di tutto la pos– sibilità dell'unione europea, che sarebbe il vero per– no dell'equilibrio mondiale. Ma su questo argomen– to torneremo prossimamente. Da quanto siamo venuti esponendo, e da quanto abbiamo scritto in precedenti articoli, appare chia– ro che ci troviamo in una situazione internaziona– le in cui sono violentissimi i germi cli una guerra, ma nella quale tuttavia nessuno vuole impegnarsi per ora a scatenarla. Così vanno le cose di questo mondo. Quanto a noi, seguiamo attentamente gli scambi della diplomazia, ma siamo sempre più con– vinti che, come dicevamo all'inizio, bisogna risol– vere la questione fondamentale dell'organizzazione dell'economia europea, tenendo come punto di par– tenza e conìe punto di arrivo l'Europa stessa, nella sua integrità. · E crediamo ancora che per questa via la· pace possa essere salvata. PIERO GALLARDO
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