Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948
CRITICA SOCIALE 401 tabile, in quanto, di fronte agli insuperabili intoppi della produzione capitalista, essa è la sola garanzia per quella pianificazione di cui l'umanità abbisogna. « Per liberare la tecnica dalla cabala qegli interessi privati e porre il gover– no al servizio della società, conclude Trotzki, è necessario « espropriare gli espropria tori». Solo una classe onnipotente, interessata alla sua stessa liberazione e contrapposta agli e– espropriare gli espropriatori·»: Solo una classe onnipotente, unita ad un governo proletario, una équipe di tecnici qua– lificati può costruire una economia veramente scientifica e veramente nazionale, ossia socialista... L'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione è la prima condi– zione dell'economia pianificata, ossia l'introduzione della ra– gione nelle relazioni umane, dapprima sul piano nazionale, poi su quello mondiale». Carattere assai diverso ha invece nella collezione « Les classiques de la liberté » il «Marx» con introduzione e scel– ta di Henri Lefèbvre (Genève:Paris, editions des Trois Col– lines; 1947, pagg. 218, fr. 240). Anche qui il compilatore ri– nuncia a delineare _il pensiero completo di Marx. Anzi si sofferma esclusivamente, benchè profondamente, su un solo problema - quello della libertà -, che affaticò il « Marx giovane», ancora involuto nell'hegelianesimo, e che in se– guito passò in secondo piano. I testi scelti (in grandissima prevalenza brani del « Manoscritto filosofico-economico del 1844», della « Ideologia tedesca», della « Sacra Famiglia») servono in realtà come chiosa e documentazione della lun– ghissima e limpidissima introduzione, che occupa da sola quattro quinti del libro, e che è indubbiamente il migliore e più esauriente lavoro apparso sull'argomento: Marx e la li– bertà. Esposto in qual modo }):egei avesse inteso il proble– ma della libertà, il Lefebvre dimostra come da un lato Marx lo sfrondasse di tutte le «mistificazioni» hegeliane, soprat– tutto dando la prevalenza alla concretezza della società sul– la idolatrica costruzione statale, e dall'altro, grazie alla sua concezione dialettica, considerasse ogn~ tappa della storia ad un tempo come una affermazione ed una ntgazione del– la libertà. Marx critica la libertà astratta, la libertà-mito, la libertà che si pone illusoriamente come indipendenza assolu– ta. Ogni libertà è liberazione, e quasi sempre rivoluzionaria, di una classe o di un gruppo sociale in un dato momento 1 e in un dato ambiente storico. E già sin dalle sue opere giovanili, Marx, pur avvertendo che alla base della libertà sta il lavoro, sta l'auto-creazione, irride a quella illusione del– la libertà, che è la libertà formale, la libertà giuridica, la li– ·bertà contrattuale, dove le condizioni obbiettive ed effettive consacrano invece l'asservimento. La stessa emancipazionr politica; che fa dell'individuo un cittadino, apparentemente con parità di diritti, non gli basta: egli mira a quella eman– cipazione umana, che sola potrà essere data dalla società so– cialista, che faccia di ogni individuo un uomo, veramente e totalmente affrancato. « Il marxismo» - conclude il Le– febvre - è una filosofia pratica della libertà. Esso spezza il carattere familiare della schiavitù, non essendovi peggio– re asservimento di quello che ignora se stesso. Esso intra– vede le possibilità reali dell'uomo: la propria libertà. Esso spiega, esalta, rende intollerabile questo presentimento che senza il materralismo dialettico ricadrebbe in angoscia, in inquietudine vana, in ricerca di un'evasione metafisica. Solo la terza antologia ha però il pregio di mostrarci tut– ti i poliedrici aspetti dell'opera di Marx. Si tratta dell'opera, recentissima, di Maximilien Rube!: « Kart Marx. Pages choisies pour une éthique socialiste». (Paris, ed. Marce! Ri– vière, 1948, pagg. 374, fr. 450). Riconosciamo subito che si· tratta di un eccellente e raccomandabile lavoro, ,che ha il pregio di non trascurare nessun aspetto oell'opera di Marx. (dai primissimi scritti, al III Libro del Capitale; dal carteg– gio, alle occasionali polemiche) e di trovare un organico equilibrio (così difficile a raggiungersi, - e io stesso ne so qualcosa -, specie dovendo fare i conti con la tirannia del– lo spazio) nella scelta dei brani. L'antologia, assai vasta, è divisa in quattro parti: la concezione etico-materialista della storia; il significato storico del capitalismo; la missione e– tica del proletariato e la sua auto-emancipazione; la società socialista. Ma non renderei l'idea esatta di quest'opera, se non ricordassi la prefazione, che. da sola occupa una cin– quantina di pagine, e di cui i lettori della Critica hanno avu– to una primizia nel numero 4 del 16 febb. 1948, che ripor- 1bliot~ca~ino ~,anca tava appunto uno dei brani fondamentali di questa prefa– zione. Essa ha il merito di ritrovare l'unità del pensiero rii Marx - ossia il superamento e l'integrazione di tesi volta a volta obbiettive e soggettive, fatte di constatazioni o di postulati, di scoperte scientifiche o di irruenti aspettative - nell'etica marxista, ossia nella praxis rivoluzionaria, deter– minata dall'esigenza di autoeman,cipazione della classe lavo– ratrice. Alla luce di questa finalità, che impronta mezzi e metodi d'azione, e, prima ancora di essi, l'interpretazione stessa della realtà e della storia, ogni scoria di fatalismo, di determinismo, di utopismo, di finalismo prefigurato viene volatilizzata. La dasse lavoratrice stessa è la sola e la vera responsabile della propria liberazio11e. Appunto per questo il Rube! può concludere: « Se la figura di Marx ha potuto sino ad oggi apparire sotto la maschera del sapiente o del V1S1onario,essa deve ormai imporsi sotto l'aspetto del mora– lista della rivoluzione socialista». G. P1scm,L RALPH KoRNGOLD: « Robespierre e il Quarto Stato » - Tra– duzione di Fulvio Papa; Einaudi, Torino, pagg. 366. Ouesta biografia, di Robes,pierre ·ha in <1è tutti i difetti della ma,ggior parte delle biografie ed autobiografie, che dif– ficilmente rieseono ad essere storie, e tali difetti ha .piuttosto accentuati in un tentativo totalmente apologetico della poli– tica del dittatore. Essa rientra, quind,i, iin quèl moviimento di reazione aHa storiografia post-rivoluzi.onaria che tese a denigrare RobeSlpierre e .con lui Giacobini e Rivo'luzione. Questa reazione ha, però, spesso· oltrepa,ssato i limiti di una obiettivit ricostruz-ione stCJrica dando di 09.rni atto dei Giaco– bini e di Robes,pierre un giudizio favorevole che, talvolta, appare ingiustificato. · Non mi pare , :Poi, affatto giustificato il ricorrere conti– nurunente, come fa il Korngold, ai « se » nel tentativo di illuminare meglio i fatti ricostruttivi; il Korngold ne fa, addirittura, una indigestione ed :Ln a•lcuni casi dimostra una ecces·siva ingenuità, con1e, per esempio, quando pensa cltt « Se le guardie francesi non aves·sero avuto un odio cosi implll!cabile verso U loro colonnello - .0uchàtelet può daorsi che 1~ BastLglia non sarebbe sfa.ta 1prcsa e che la corte avrebbe prevalso sul popolo.». Non può dirsi, però, ,che il Korngold non dia esatti giudizi su alcmni concreti atteg~amenti politici di Robespierre, quali la sua ,posizione di fronte alla questione istituz-ionale, di fronte al problema della guerra ed a ,parècchl altri. Ma quello che l'auto-re non vede è quel senso di equilibrio, dì storicismo, direi quasi, che domt,nò spesso ?tiassimiliano; cosi, in un primo tmnpo egli fu contr.ario aHa repubblica, perchè riteneva che essa avrebbe convarlidato il ,potere della « aristocrazia della r-icchezza » sul popolo basso, mentre la istituzione monarchica con •l'equilibrio di potere tra la corte e !<1 boo-ghesia a,vrebbe lasciato i-I Quarto Stato arbitro di incamminarsi , •er.so l·a democrazia e le riforme sociali; in un secondo tempo sostenne la istituzione repubhliicana per– chè essa avrebbe dato vita non più ad una repubblica 11risto– cratioa, ma ad una repuhbJ .i.ca giacobina, e chiese la morte di Luigi XVI perchè questi si era macchiato del deJ.ltto di « es.sere stato re ». Robespierre che già si era op,posto alla pena di morte cosi giustificava quel-la da infliggere al re: «SI, I-a ,pena di morte, in generale, è_ un delitto, e per ciò può es– sere giustificata solo nei ca,gi in cui la sicurezza degli in– dividui e dell'origan•i•sm.o socia'le la renda imperativa. La si-curezza pubbliica non è messa in 1perioolo nei casi di de– litti comuni, giacchè la società può sempre proteggere se stes– sa ,mediante altri mezzi, e impedire al criminale di essere nocivo. l\fa di un re detronizzato nel mezzo di una rivolu– zione, nè la prigione, nè l'esilio possono autorizzare lo Stato a d·isinteressaxsi. Luigi deve morire perchè la patria deve vivere I ». Cosi sosteneva la decapitazione del re colui che aveva equiparato le condanne di morte a « bassi assassini, veri delitti commessi nou da indiv-idui, ma da un;intera na– zi-Oille, dei qua 1 li ciascun cittadino deve portai-e la respon– sabilità». Ed un eguale storicismo dimostrò quasi sempre; oltre che per la questione ri-stituzionale e la· pena capitale, di- fronte al problema della guerra, della conquista del potere, ecc. Nena -storia del mondo non eredo che ci sia un nome ad ,un tempo più amato ed odiato, più stimato e più di– sprez.Hto di quanto l,o sia stato Massimiliano Robespierre: gli uni lo idolatravamo, gli altri cercavan di buttarlo nel fango ed infine riuscirono a farlo ghigliottinare; è ~rto però che, quando questo • rappresentante del Quarto Stato > venne decapitato nella Pliice de la Révolution, la rivoluzione in Francia ere finita. f. I>.
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