Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948
CRITICA SOCIALE 391 Il manife$to dei comunisti e l'estremismo di sinistra Possiamo riconoscere senz'altro che il Manifesto (scritto in un periodo nel quale non esisteva in nessuna parte dii Eu– ropa nè del Mondo, fatta forse parziale eccezione per l'[ n– ghilterra e per la Francia e per gli S. U. d'America, aTl!1tn germe di istituzioni aemocratiche, e anche in quei due paesi europei sembrovano in quel momçnto soffocate dalle tenden– ze reazionarie prevalenti) lasci supporre che l'avvento del socialismo non possa compiersi se non con la violenza, cioè ~ppunto coi mezzi predicati dall'esJremismò di sinistra. (N è, im/nrversando ancora la wnta alleanza reazionaria, altra via che quella della violenta azione rivoluzionaria e barricadie– ra, era allora aperta per l~ stesse conquiste democrotiche e liberali, co~e il 1848 dimostrò). · Ma si è marxisti, genuiruvmente marxisti, non quando si accettanq passivam.ente dottrine e visioni che Marx ·può aver formulate ed avute in correlazioni. alla situazione di un de– terminato momento :storico,ma quando si sa far saggio uso del metodo che egli ha insegnato e usato, adattando cioè pre– visioni e metodi di azione alle mutevoli condizioni nelle'!qua• li ci si offre di meditare ed operare. Ricordiamo del resto come proprio l'Engels, nella ormai famosa prefazione del 1892 ·a « Le lotte di classe in Francia» di Marx; abbia sot– toposto a radicale critica i metodi rivoluzionari quarantot– teschi e indicato le vie per l'azione·democratiicadel socialismo. Per questo non possiamo assolutamente convenire sull'in– trinseco contenuto dello scritto del Lewis Co~ey, che il no– stro Pagliari riassume e analizza nell'articolo che segue. La C. S. Col titolo sopra indicato Léwis Corey pubblica nel New Leader del 29 maggio un articole commemorativo· del cen– tenario del « Manifesto dei comunisti», per determinare più specialmente l'influenza del Manifesto sull'estremismo di si– nistra, « una particolare malattia ideologica che s,pinge ad essere a sinistra e rivoluzionari ad ogni .costo». Questo e– stremismo di sinistra è alimentato, secondo l'autore, dagli errori storici, economicì e tattici del Manifesto, che stanno producendo gravi danni e possono produrne anche di mag- - gioFi e che sono molto più importanti delle verità che il Ma– nifesto contiene. Queste verità sono ora generalmente accet• tate, ma mentre spiegano, in misura considerevole, il perchè della crisi rivoluzionaria· dell'epoca nostra, non ci dicono nulla su ciò che si debba fare per padroneggiare la crisi e promuovere democrazia e libertà, La tesi dell'autore è -in sintesi questa: c_hele analisi sto– riche, economiche e tattiche del Manifesto ostacolano il ri– sorgere del socialismo. liberale, da cui dipendono lé speran– ze progressive mondiali. Tre sono per lui gli errori fonda– mentali del Manifesto: 1•) la sua concezione delle classi e della 'lotta di classe colla progressiva proletarizzazione e scomparsa delle classi medie e la missione messianica del proletariato, come portatore del Socialismo; 2•) la sua pro– posta di un collettivismo assoluto, tatticamente dannoso e potenzialmente totalitario, colla centralizzazione di tutti i mezzi di produzione nelle mani dello Stato· e la collettivizza– zione di tutte le forme di, proprietà; 3°) il suo concetto dello Stato, unilaterale dal punto di vista storico, teorico e tat– tico, che considera ·lo Stato solo sotto ·l'aspetto coercitivo, come l'uso organizzato della forza da parte di una classe per tener soggetta un'altra classe. Queste tesi potevano esser vere per l'epoca del capitali– smo iniziale, in cui il Manifesto fu redatto, e riflettono uno stadio primitivo del capitalismo industriale, non gli sta·· di di alto sviluppo posteriori. La nuova rivoluzione indu– striale, caratterizzata dallo sviluppo ·della grande industria e della produzione automatica, ha creato una nuova classe media di impiegati, tecnici e amministratori, dirigenti ed e– secutori, e di professionisti in rapido aumento e in numero proporzionalmente maggiore dei lavoratori' -manuali. L'idea ib_lioteca Gino Bianco della collettivizzazione generai~, sorta anch'essa nel capita– lismo primitivo, quando la stragrande maggioranza delle im– prese industriali era su piccola scala, perde di significato nell'epoca del grande capitalismo, in cui un pugno di grandi società domina la vita economica, come avviene agli Stati Un~ti, ove 1500 trusts monopolistici controllano il 70% del– l'economia industriale. Basta socializzare le grandi industrie per avere il socialismo, permettendo alla libera impresa pri– vata e alle cooperative di fiorire nelle piccole aziende indi– pendenti e nell'agricoltura, ciò che significa libertà econo– mica, senza la quale· non ci può essere alcuna altra libertà. Il concetto dello Stato come organo coercitivo, largamente, se non totalmente, vero nel periodo precapitalistico, non è più vero per lo Stato rappresentativo, a poteri limitali, della democrazia liberale. Ora, per il Manifesto, lo Stato moderno rappresentativo non è nulla più di un comitato d'affari della borghesia, da cui consegue l'enfasi su la rivoluzione e la violenza della minoranza, il rovesciamento colla forza del capitalismo e del"suo Stato per fare del proletariato la clas– se dominante, stabilire la democrazia, centralizzare tutti i mezzi di produzione nello Stato, e anche se nel Manifesto non c'è in nessun punto la frase « dittatura del proletariato>, esso ne contiene però l'idea essenziale. Tutte e tre queste tesi erronee sono, come si è detto, de– ri_vazioneda un capitalismo primitivo, il capitalismo su pic– cola scala del 1840-50, in cui il proletariato era una piccola classe in minoranza. Una riv.oluzione « social_ista» in queste condizioni esige tattiche rivoluzionarie e dittature giacobine per conquistare e mantenere il potere, tanto più che in quel– l'epoca la rivoluzione 1:ìorghése democraticà era essa stes~a ancora all'ordine del giorno in Europa. La tattica del Ma– nifesto-(e Marx non ne ha mai elaborato una diversa) pre– conizzava una rivoluzione proletaria collegata colla rivolu– zione democratica borghese. Questa combinazione ,di due ri– voluzioni in una sola - quella che fu detta la « rivoluzione permanente» -, venne appm,1to tentata, con disastrosi ri– sultati, da Lenin e Trotzki in Russia. Il comunismo sovie– tico tolse infatti le sue armi ideologiche dall'arsenale delle idee del Manifesto. La prima traduzione ne apparve in Rus~ sia nel 1870 e le sue analisi, in complesso, derivavano dalla visione nera del capitaJi,smo primitivo e della politica della società zarista. Tutte le ·sue idee - lo Stato come dittatura capitalista, rivoluzione viol'enta di una minoranza, collettivi– smo assolut_o,dittatura del proletariato - diventavano vive nella teoria. e nella pratica comuniste. Ciò che avvenne non è quel che avrebbe dovuto accadere. Una rivoluzione di mino– ranza - « una dittatura del proletariato senza proletariato>, aveva detto Lenin nel 1920 - portò all'istituzione del potere assoluto dello Stato, il quale si servì del collettivismo asso– luto, non per costruire il socialismo, ma per infrangere ogni opposizione, inclusa l'opposizione dei liberi sindacati operai, e per la collettivizzazione agraria creò una burocrazia di due milioni di funzionari, sotto la direzione di Mosca, per con– trollare decine di milioni di contadini. Ma se non si può argomentare contro il comunismo so– vietico sulla base del Manifesto, il socialismo liberale, e so– prattutto il laborismo inglese, è, da parte sua, secondo il Manifesto, un errore mortale,. un movimento reazionario e peggio. ,Il laborismo socialista britannico non accetta nessu– -na delle idee basi del Manifesto. Rigetta la rivoluzione vio– lenta e il concetto dittatoriale dello Stato, sia capitalista o proletario; -crede nelle trasformazioni sociali democratiche, ·valendosi dello Stato democratico rappresentativo, e in un limitato collettivismo. Soprattutto crede nella democrazia e nel · libero tradunjonismo come premesse indispensabili per il socialismo. Un mondo libero dipende da qu"esto: se il so~ cialismo liberale vincerà nella lqtta titanica col èomunisrpo totalitario. E l'estremismo di sinistra del Manifesto è dalla parte del comunismo. · La maggior insidia estremista del Manifesto sta appunto nella sua insistenza sulla tesi che lo stato democ·ratico rap– presentativo non è che dittatura capitalista. Da ciò l'estre– mismo dèduce che, dopo tutto, c'è maggior affinità tra· so– cialismo e comunismo, che non tra socialismo e democrazia; sia in Francia e in Inghilterra, sia negli Stati Uniti. Ma qui •sta il veleno dell'argomento. Se la democrazia liberale non
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