Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948

386 CRITICA SOCIALE il sostegno di una robusta fede - nella nuova mas– sima, che identifi,ca senza -residui la moralità con In corrispondenza al fine politico. Una volta che lo Stato sia costruito su tali basi, non è da stupire che a questo Stato tutto si debba fo ultima analisi sacrificare, non esclusa la libertà àei cittadini, che cessa, di costituire il fine della azione politica. Su queste conclusioni insistono. i cattolici, quan– do si propongono di dimostrare l'intrinseca antide– mocraticità dello Stato secondo li(! filosofia imma– nentistica ,e a contrapporre a questa - che oggi, a "loro avviso, ha come inevitabile sbocco il cosi detto· marxismo-leninismo dei comunisti - -la filosofia cristiana, come unica possibile fonte, sul piano po– litico, di ispirazione democratica. Per la via ·del– l'immanentismo si cadrebbe necessariamente. nel to– fantarismo; e solo, per converso, la filosofia ·cri– stiana potrebbe portare al traguardo della demo– crazia. Una concezione filosofica - si dice - che am- . mette, come quella cristiana, l'esistenza di una su– prema ed immutabile legge, di ordine trascendente, non può adattarsi mai ·a subordinare in maniera to– tale l'azione del cittadino ài fini dello Stato. La legge -dèllo Stato si fer,ma davanti ai confini della legge di Dio, e regola quindi una sola parte dell'at– fività del singolo. Il quale si contrappone con tiò allo Stato, quale microcosmo avente un suo proprio fine. Da cui si dedurrebbe la fatale opposizione a qualunque totalitarismo e l'intrinseco liberalismo , della concezione cristiana. In questa tesi si può però solo in parte convenire. lilfatti solo dove, come nei paesi protestanti, non è depositaria infallibile della legge divina una Chie– sa gerarchicamente ordinata, e dove pertanto essa legge si ,considera scritta nel cuore del cittadino che direttamente l'attinge dai sacri testi liberamente in– terpretati, la fede cristiana, - concepita senza dub– bio assai razionalisticamente - si è ·r_ivelata ali– mento e presidio del castume democratico contro ogni tendenza total'itaria. Noi sovente sorridiamo .dei Capi di Stato o dei Parlamentarj anglo-sassoni che invocano ufficialmente Dio, così come del fre– quente comparire della Bibbia in mano di a.utorità laiche. nelle pubbliche cerimonie, proprio perchè non ,comprendiamo il prof0ndo significato di questa particolare educazione cristiana di molti paesi pro– tèstanti. Ma per i cattolici ossequienti agli infallibili det– tami della chiesa di Roma la limitazione dei poteri . dello Stato per opera della legge divina vale solo se e in quanto lo Stato stesso sia concepito in an– titesi alla Chiesa. Chè, se lo Stato assume a fine proprio quello stesso della Chiesa, ne nasce uno statalismo non meno antidemocratico di quello dei regimi tatalitari, per quanto di natura diversa. Quando ancora oggi si scrive su « La civiltà cat– tolica » che « la Chiesa Cattolica, c·onvinta, per ~le sue divine prerogative, di ·essere l'unica vera Chie– sa, deve reclamare per sè sola il dirit to alla libertà, perchè unicamente alla verità; n.on mai all'errore, questo può competere »; onde « t radirebbe il suo mandato se ;proclamasse in via -teorica 0 IJ)ratica. che l'errore possa avere gli stessi diritti della ve– rità ,specie quando sono in giuoco i supremi doveri e i supremi interessi _dell'uomo»; quando si ag– giunge che ,in uno Stato in cui la. maggioranza è cattolica non deve ammettersi la divulgazione delle altre credenze, è facile comprendere che lo Stato cattolico - lo Stato cioè che accetta il supremo magistero della Chiesa e ispira la propria azione politica ai suoi insegnamenti - è per sua· natura essenzialmente antidemocratico. Non importa infatti che il bene o il vero non sia– no identificati, come nel .totalitarismo di ispirazione immanentistica, con la volontà dei reggenti dello Stato, cosi da giustificare ogni loro .azi0ne; se poi d'altro canto vi è una istituzione infallibile-nel suo Capo - la ,Chiesa - che ha il diritto, e anche il dòvere, di reclamare dallo Stato il mantenimento· di un determinato ordine, costi quel che costi agli oppositori. Questa filosofia in altri tempi ha por– tato agH « autodàfé ». Oggi la Chiesa, con la sua BibliotecaGino Bianco ~-------------------- esperienza bimillenaria, rifugge dal ricorrere a certe azioni e persecuzioni a difesa della « sua ve– rità» oltraggiata, e si accontenta di regimi che, tollerando gli oppositori, li privino •però legalmente della possibilità di diffondere le idee che essa giu– dica .pericolose. Non esita però (vedi il caso di Franco!) a ricorrere ai metodi di altri tempi, quan– do si veda gravemente minacciata. E poco d'altron– de le importa che un regime privi i cittadini di tutte le altre libertà, purchè esso incoraggi la li– bertà di professare la fede -cattolica. Che vi siano oggi dei cattolici schiettamente de– mocratici, come si· ebbero i cosi detti cattolici-libe– rali nel Risorgimento, è fuori di dubbio. Basta pei:isare a tutti quei cattolici che in ogni paese del mondo insorsero a suo tempo contro Dolfuss e con– tro Franco. Ma è anche certo che il pensiero. di costoro è intimamente contraddittorio. Essi si sfor– zano infatti di ignorare che la religione non può distinguersi dalla politica, e credono di poter con– cedere ai Padri gesuiti de.« La Civiltà Cattolica » che in. campo religioso una sola fede ha diritto a1la libertà, mentre in campo politico ammettono quella libera dialettica delle idee che è il fondamento del– la vita democratica. Ma se domani, putacaso, i Pa– dri gesuiti - gli unici coerenti - chiedessero alla maggioranza 'cattolica del Parlamento di vietare la propaganda di una certa corrente di idee (che po– trebbe anche identificarsi eon un partito) a difesa del -carattere cristiano della nostra civiltà, coìne ri– solverebbero il ·dissidio questi cattolìci democratici? Essi preferiscon.o .evidentemente non pensarci, nel– la fiducia che non abbiano mai a presentarsi simili eventualità. -Solo dunque p~r forza di una interna contraddi– zione -più o meno inconsapevole -· il cattolico– ortodosso può pervenire a quella fede democratica che invece tende a conciliarsi, come abbiamo osser– vato, con la pr.assi religiosa di molti settori prote– stanti. Dal che si deduce l'assoluta insostenibilità della tesi di una filosofia cristiana - cioè della· fi– losofia cattolica, posto che il protestantesimo nel suo processo di progressiva razionalizzazione tende sempre più ad affidarsi alla filosofia laica - ispi– ratrice somma, nel mondo contemporaneo, di fede· democratica, contro il sempre minacciante totalita– rismo. Quale allora la via d'uscita? La tremenda' crisi della società contemporanea,. che è travaglio di ge– stazione della collettività super-nazionale e del règi– me di •popolo, ha ovviamente come -riflesso anche - una crisi filosofica: come dimostrano, sia lo smar– rimento dei rappresentanti contemporanei delle correnti di pensiero idealistiche, divenuti,· tra l'al– tro, promotori di esperienze totalitarie, sia !'in.con– cepibile prestigio di cui g0dono certe steFili cor– renti filosofiche, quali l'esistenzialismo o il neo– tomismo. Ma non è affatto detto che · la filosofia dell'immanenza, debba, per sua natura, tradursi, sul piano politico; nella dottrina totalitaria. · Ebbene, noi cominceremo a nutrire fondate spe– ranze di essere ,sulla via che porta fuori dalla pre– sente •crisi della società, quando, anche IJ)artendo dal– le posizioni della filosofia immanentistica, si saprà costruire una visione intimamente e coerentemen– te democratica di una nuova società, dimostrando come il totalitarismo costituisca non la logica con– clusione del pensiero immanentistico, ma una inter– pretazione grossolana del medesimo. Nel sistema fi– losofico immanentistico di Benedetto -Croce, la cosi– detta « religione della libertà » è rimasta sempre . un po' straniera, avendo il filosofo napoletano av– vertito l'esigenza democratica più che altro come · reazione contingente alla dittatura fascista, quando il suo sistema poteva ormai considerarsi compiu1i>. Ma quel che non ha fatto -Croce altri potranno e dovranno fare. La filosofia dell'immanenza, che po– ne l'uomo realmente al centro del mondo e non co– nosce altra legge che non sia quella· che si realizza nel divenire della stor.ia umana, deve anche saper diffondere nelle cosc'ienze il convincimento che la progressiva « liberazione » del singolo, tanto come cittadino quanto come lavoratore, è l'eterna incoer– cibile legge della società. LUIGI PRETI

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=