Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948
372 CRITICA SOCIALE nisce essa stessa gli elementi. Sotto questo aspetto il so– cialismo <ji Marx, benchè non sia affatto un dogma, 11:a, non dimentichiamolo mai, soltanto un metodo, poteva legit– timamente essere qualificato come scientifico. In opposi– zione al socialismo utopistico che l'aveva accompagnato o preceduto, esso è scientifico e non già utopistico, nel senso che gli elementi costruttivi non gli vengono forniti da un lavorìo di pura immaginazione intellettuale, ma vengono ricavati dall'analisi e dall'applicazione della realtà e ven– gono in una certa parte considerati con l'applicazione al reale di una ·legge del divenire, di trasformazione della realtà, essa pure sperimentalrnente ricavata dalla storia. Le contraddizio11i del nosti-o 111011do. La società nella quale viviamo, come tutte le società no– te, ha creato <lei rapporti giuridici che esprimono la sua stessa essenza. Questa· società si è espressa in un insieme di relazioni giuridiche che concretano il regime di pro– prietà, che è la sua stessa essenza, la sua ragion d'essere. Ma nella nostra società, come in tutte le società che l'hanno preceduta, le relazioni giuridiche e lo sviluppo ecc;. nomico non hanno seguìto una direzione esattamente paral– lela o eonvergente, non si sono sviluppati secondo l'iden– tico ritmo; si sono anzi' poco per volta separati e la loro dissoeiazione si manifesta sempre più; e, nel momento in cui essa appare evidente, essa si traduce nella realtà stessa che noi consideriamo. Marx ci rivela così la legge che ci consente di constatare che una società è già tarata e mi– nata nella sua stessa essenza. A partire dal momento in cui noi abbiamo compreso ciò, noi possiamo costruire, e con una certa approssimativa esattezza, i rapporti giuridici nuovi, .che corrisponderanno alle nuove forme di produzio– ne determinate dalla stessa società attuale. Ecco l'apporto marxista: e quando esso venga inteso co– me metodo di spiegazione dei fatti presenti e come un me– todo di proiezione sull'evoluzione che si verificherà nel di– venire della società presente, la convinzione socialista si è formata. Il lavoro critico, la negazione sono state com– pletate con una· costruzione positiva, ed allora il lavoro dello spirito, è quasi compiuto. Che ci resta ancora? Ecco, siccome noi ci collochiamo sempre quanto più è possibile sul piano di u.n metodo scien– tifico, ci resta ancora da compiere un lavoro. di verifica, di controllo. Per profonda che sia la nostra convinzione, ed anche se avesse assunto, come avviene per noi tutti, i caratteri ,psicologici di qualche cosa che rassomiglia ad una fede ardente ed appassionata, tuttavia noi passiamo effet– tivamente la nostra vita a spiegare i fatti per mezzo di dogmi e a controllare i dogmi con i fatti. ,Ed è questo il lavoro di critica e di controllo, sia col pensiero, .sia con l'azione, a cui l'attività stessa dei socialisti è consacrata. Questa verifica, questo c_ontrollo, sono di duplice natura. Gli ideali socialisti. Anzitutto voi avete visto che nel lavoro critico noi ci siamo serviti di un certo numerò di criteri d'ordine psi– cologico, di ordine morale. Questi criteri di cui ci siamo serviti per condannare la società presente bisogna . che li riprendiamo per applicarli alla società da noi costruita, da noi prospettata. E proprio come poco fi noi abbiamo rac– ·colto l'apporto geniale di -Marx, qui troviamo l'apporto ge– niale di J aurès. La novità che J aurès ha introdotto nel pen– siero socialista è proprio quella di dimostrare che i cri– teri morali con i quali noi distruggiamo la società bor– ghese servono a controllare anche la costruzione sociali– sta; che questa, o, se preferite, l'ipotesi socialista, è quella che risponde più completamente, più esaurientemente a cer– te esigenze delfa coscienza, del p~nsiero, della sensibilità in un dato stadio dello sviluppo economico. Ci si è detto e dimostrato che il regime socialista è necessario. Ma tutto ciò che è necessario non è di necessità nè giusto nè buono, proprio come tutto ciò che è giusto od è buono non sempre è necessario. L'apporto geniale di J aurès è di avere sotto– posto a questa verifica psicologica e morale, che aveva servito a condannare la socie'tà presente, la società futura, e di aver dimostrato che essa resisteva vittoriosamente al- BibliotecaGino Bianco l'esame, che non era solamente la società della necessità, la società della realtà, ma anche la società della giustizia, la società della legalità, la società della moralità, concepite nelle loro forme superiori. Ecco un primo procedimento di verifica che noi non ab– biamo il diritto di trasourare, dato che ce ne siamo serviti contro la società presente. Ma accanto a questa verifica morale sussiste la verifica materiale, corrente, costante, quo– tidiana, esattamente dello stesso ordine di quella con c_uiil sapiente procede nella fase sperimentale, quando, dopo aver osservato, dopo avere immaginato, dopo avere formulato un'ipotesi, egli la sottopone a tutte le forme possibili di verifica sperimentale. Le forme di questa verifica sono non meno complesse della realtà stessa. E tuttavia io voglio riferirvi quella che mi è sempre sembrata la più istruttiva, che mi è sembrata possedere i maggiori pregi di propagan– da, quella che è sempre stata per il mio spirito di maggiore soddisfazione. E' la ricerca per mezzo della quale si giun– ge a constatare che nel quadro del regime sociale presente, nel quadro del regime attuale della proprietà non c'-è, per così dire, problema d'ordine politico e d'ordine sociale che sia suscettibile di una soluzione interamente soddisfacente per lo spirito; che non appena vi si scavi dentro, si può seguire il percorso degli argomenti contrari nelle opposte direzioni, sì che il pensiero potrebbe, quasi con la stessa soddisfazione, fissarsi sui poli contrari ; che tra la tesi e l'antitesi, così impostate, non appare allo spirito alcuna con– ~iliazione in una sintesi. Invece, se, con uno sforzo di spo– stamento e di trapianto, ci •si pone nel quadro immaginato del regime socialista, si veggono non soltanto le contrarl– dizioni risolversi, ma gli stessi problemi eliminarsi. Ciò che vi dico può forse sembrarvi un po' astratto, ma io ricordo di avere fatto dimostrazioni di questo , genere su problemi del tutto diversi,· quali la produzione o il li– bero-scambio, la razionalizzazione economica o la protezio– ne della vita operaia, o sui problemi della scuola, o, in un altro ordine d'idee, su problemi quali la revisione dei trat– tati e le questioni di distribuzione territoriale. Se noi intavoliamo una controversia in un·o dei nostri ,. congressi, non considerando che la società presente, i suoi bisogni, le sue correnti d'inte~ssr, noi potremmo disser– tare senza fine, ad esempio, pro o contro i diritti di do– gana. Si potrebbe asserire, ad esempio: « Perchè si con– tinuano a fabbricare delle scarpe a Fougères, mentre se ne • fabbricano a migliori prezzi in Cecoslovacchi.a? Una socie– tà, anche se capitalista, può praticare la selezione delle produzioni; ci si può accordare affinchè in ogni paese.non si fabbrichi che quello che si produce a più buon. mercato». Ma in senso contrario si potrebbero arrécare argomenti non meno validi: considerando che la vita di migliaia di ope– rai è collegaÌl!l alla permanenza dell'industria di Fougères, di Limoges, di Nancy, e le ragioni di ogni geneue J')er cui è impossibile a qaesta di sopportare attualmente· la concor– renza con la produzion; delle grandi fabbriche cecoslovac– che. E mentre le prime considerazioni sboccherebbero a tesi di completa libertà di produzione e di distribuzione in un mondo selezionato, le' altre sboccherebbero alla tesi dei da– zi protettivi per impedire a migliaia di operai di morire di fame. Quando abbiamo dovuto discutere i,l problema della ra– zionalizzazione, noi abbiamo compreso, gli uni e gli altri, che le difficoltà che si pongono a proposito della raziona– lizzazione sono un altro aspetto del problema che si era posto 150 anni fa, quando per la prima volta si è-installata in una fabbrica la prima macchina a vapore o il primo te– laio meccanico. Non possiamo certamente negare che nella società attuale i progressi industriali, i progressi scienti– fici, i progressi tecnici siano utili all'umanità, non possia– mo sbarrare loro la strada; ma in pari tempo noi consta– tiamo con la storia passata e quella presente che ogni pro– gresso della scienza, dell'industria e della tecnica si tra– muta per un piccolissimo gruppo d'individui in cospicui profitti e per milioni p'altri, almeno temporaneamente, in miseria e in disoccupazione. E allora decideremo pro o contro i progressi tecnici, i progressi industriali? E' chiaro che ci troviamo in presenza di problemi insolubili; di pro– blemi il cui enunciato stesso è assurdo.
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