Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948
CRITICA SOCIALE 371 te il suo pensiero, postulando una specie di metafisica, do– ve ogni apparente lotta delle iniziative individuali viene ad essere superata in una armonia suprema vòluta dalla na– tura, se non. da Dio. Tutta l'economia liberale riposa su questo concetto e su questo postulato: che. il mondo non può essere migliore di quanto è, e che, per conseguenza, tutte le concezioni e tutti gli sforzi rivoluzionari per mu– tarlo andrebbero contro l'interesse stesso della umanità. E questo mondo è il migliore possibile, precisamente perchè un'ar-monia assorbe e coordina tutti gli sforzi, comp~esi quelli della lotta e della concorrenza individuali. S~ volessi esaminare nel suo stadio più recente questa concezione dell'ottimismo economico, dovrei analizzare le ultimissime teorie della « razionalizzazione - economica». Es– se sono in realtà l'applicazione, ad un determinato stadio della tecnica e della scienza, . del vecchio ottimismo degli . economisti. Quivi l'armonia postulata, l'armonia _prestabi– lita, .si costituisce non più tra individui isolati,. non più tra sforzi personali, clato che la concezione ·dei razionalizza– tori per molti riguardi nega, limita e comprime l'iniziativa individuale pura: 1'armonia che Bastiat e- gli uomini del suo tempo ricercavano tra gli sforzi personali, individuali, i razionalizzatori credono di averla istituita tra_raggruppa– menti so-;;iali, e quasi. tra le classi sociali. Essi ci rappre– sentano un universo dove, in virtù di un principio ottimi– stico, si- potrebbe, ad esempio, attraverso uno stesso pro– cesso, assicurare l'aumento continuo dei valori, dei profit– ti, ·dei salari, ·facendo ad un tempo beneficiare l'operaio del profitto del padrone come consumatore, perchè pagherebbe - i prodotti a minor prezzo, e come operaio salariato, per– chè otterrebbe un salario più elevato. Questa concezione, quale veniva definita da questi teo– rici, era un'economia ottimista. Ed anche qui è tutto questo ottimismo economico, il quale pesa sul pensiero da un se– colo a questa parte,. in tutte le forme successivamente adat– tate all'evoluzione dell'economia moderna, che bisogna re– spingere, al fine di potere c0ntemplare la realtà sociale _con occhi liberi. E pertanto : eliminar.e tutte le forme, quali esse siano, di autorità spirituale; non pensare e non cre– dere che tutto vada nel migliore dei modi possibile; non ritenere che, sia Dio, sia la Natura, sia la Scienza, abbia– no voluto e fatto un montfo in conformità a leggi SIJ1lerio– ri, per cui sarebbe empio od assurdo da parte dell'uomo tentare di trasformarlo nei suoi elementi. I criteri del nostro giudizio No, lo sforzo da farsi è, invece, di sottoporre tutto que: sto, dopo avere fatto tf}bula rasa di tutti gli argomenti dati d'autorità al nostro giudizio, alla nostra r-agione. E di po- , ter dire in conseguenza: « Io esamino, io giudico : a me spetta il diritto di accettare, ma a me spetta del pari il di– ritto di rifiutare». Ma in ogni deduzione di questo genere, proprio del re– sto come nella deduzione· cartesiana, bisogna, beninteso, de– terminare a quaJe criterio ·dovrà obbedire il nostro giudi– zio. Noi accetteremo o ripudieremo secondo il verdetto del– la nostra ragione. Ma quale strumento di misura dovremo applicare? Su quali nozioni dovremo fondare il nostro giu– dizio, o, più esattamente, il nostro verdetto? Noi ci tro– viamo qui, invero, in una posizione del tutto analoga a quella, a voi ben nota, in cui si è trovato Cartesio, nel suo « Discorso sul Metodo». Dopo avere applicato il dubbio provvisorio, egli cerca il concetto a priori, il postulato dello spirito, seconcln il quale potrà determinare i suoi giu– dizi, il vaglio a cui intende sottoporre la realtà. Ebbene : questi concetti, come sempre, sòno in rea:ltà cli origine sperimentale, ed anche qui è tutto un lavoro mille– nario della civiltà umana a fornirceli. Noi sappiamo, at– traverso una lunghissima tradizione a cui hanno simulta– neamente contribuito la storia e la. filosofia, quali sono le esigenze a cui ogni società deve rispondere, di fronte ad un giudizio umano. Noi sappiamo secondo quale forma es– se devono venire giudicate per essere accettate o ripudiate, per essere tollera.te 0 condannate dal nostro spirito .. C'è una certa nozione sperimentalmente acquisita di ciò che è Pordine sociale; vi sono tutte le nozioni, elaborate dalla filosofia del XVII e XVIII secolo, che si racchiudono nel iblìotecaGino.Biancq concetto di diritto naturale. C'è una certa concezione, press'a poco di quest'epoca, o per lo meno· definita in que– st'epoca, giacchè è infinitamente più antica, di ciò che è il diritto dell'individuo di fronte ad ogni socìetà, di ciò che egli ha diritto di esigere da essa, di rivendicare da es– sa; c'è una concezione della giustizia, della eguaglianza na– turale, dell'egu:;tglianza dei diritti tra gli uomini. Ed è a ,questi strumenti di misura, è a questi criteri che la no– stra ragione, liberatasi dall'abitudinarietà e da ogni impe– ratìvo autoritari.o, deve sottoporre la realtà sensjbile, la realtà sociale. Quando si ricercano, come "avviene spesso, i rapporti tra socialismo e democrazia, è soprattutto per questo aspetto che il socialismo mi appare come democratico e mi sem– bra la forma completa e totale della democrazia. E' in questo senso che i postulati, i criteri che esso applica a questo esame critico della realtà sociale sono di fatto, dal punto di vista pratico, esattamente gli stessi che centocin– quant'anni fa, al momento della Rivoluzione francese, han– no- servito a fondare le basi cli ogni democrazia politica. «No» q/la socj.età presente. Ecco gli strumenti di cui dobbiamo ;ervirci. Ma sino a qui, ben inteso, non si tratta che di un lavoro critico. L'ap– plicazione dei nostri criteri alla società che dobbiamo con– siderare e che abbiamo spogliata di ogni prestigio autori– tario, ci porta a questa constatazione: « essa non crea l'or– dine; essa lede la giustizia; essa è un attentato alla lega– lità ; essa non è in grado di realizzare per gli uomini - che ne ·sono, volenti o nolenti, gli elementi, le unità - i di– ritti ·elementari, i _diritti naturali, come il diritto alla vita, il diritto al lavoro». E se noi arriviamo a queste consta– tazioni, ebbene, nÒi avremo -negato, rip1,1diato; e la base che ·abbiamo assunta per il nostro ·esame critico ci avrà con– dotti ad una negaziÒne critica~ Sin_o a questo punto noi abbiamo fatto, di fronte alla ·società, un lavoro critico. Ma fate bene attenzio11e: noi non sia!llo per questo ancora socialisti, giacchè tutto que– sto lavoro di critica e di n_egazioneci è comune, per esem– pio, con l'anarchia, ci è comune, sotto un certo aspetto, col comunismo. Del resto, questo spiega come· mai tra noi mi– .litanti socialisti,_e soprattutto tra quelli della mia età, un certo numero ---ed è anche il mio caso - sia passato sotto l'influenza dell'anarchia, prima di giungere al socialismo. Ed il mio .caso non è isolato, il mio caso è spiegabile, pre– cisamente perchè fanarchismo poteva rispondere altrettan– to bene quanto il socialismo a questa fase puramente critica e negativa del mio pensiero. In un iibro che è stato appassionatamente letto dalla mia generazione e che probabilmente voi· non avrete invece let– to, in un libro ciel Barrès anarchico, del 1894, che s'inti– tola « Il nemico delle leggi », il protagonista, che è un gio– vane studente anarchico, ma anarchico sino all'attentato, àd uno che gli chiede: « E che farete, quando avrete tutto negato è tutto distrutto?», risponde: « Io non lo so;· e non ho nemmeno bisogno di saperlo. Quando si soffre per una scarpa troppo stretta il primo moto è quello di togliersela, senza sapere esattamente ciò che· si metterà in sua vece». Ebbene, sinchè si resta a questo punto, si è fatto un lavo– ro· p,reparatorio dellq spirito, che conduce necessariamente al socialismo, ma non si è ancora socialisti. Su questa ta– bula rasa, preparata dalla critica e dalla negazione - e talvolta questa negazione, in spiriti appassionati e genero– si, giunge sino ad qssumere naturalmente la forma di qual– che cosa che somiglia alla r.ivolta -, occorre ora costruire. E' -qui che troviamo quello che è stato l'apporto geniale, indimenticabile, di Marx ; ciò per cui il socialismo (e i no– stri avversari possono rallegrarsene, perchè questo forni– sce loro un cotl)odo argomento) sarà sempre indissolubile dalla analisi e dal pensiero marxista, quali che siano le modificazioni che debba accettare e sopportare. L'apporto ge– niale di Marx è che a questo spirito di fronte al quale la realtà è stata in certo qual modo dissoluta - essa esiste, ed esso la subisce: ma non l'accetta, la nega -, a questo spi– rito Marx ha procurato in primo luogo una filosofia della storia che ci fornisce il disegno di una co;truzione posis tiva, e in secondo luogo un'analisi della società che ne for-
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