Critica Sociale - anno XL - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1948

368 CRITICA SOCIALE Socialismo e piccola proprietà La richiesta della riforma agraria torna ora fre– quentemente nei discorsi dei partiti di estrema si– nistra, nei quali rimane in una forma generica e astratta, priva di ogni sicura delineazione e, forse spesso, di ogni contenuto concreto. Dal canto suo la democrazia cristiana interpreta l'esigenza di ri– forma agraria come necesità di accrescere il nume– ro dei piccoli proprietari, che costituiscano in se– guito una forza poderosa di conservazione sociale. Per intanto i comunisti, ponendosi sul terreno dei democristiani e gareggiando, efficacemente ç,on essi per l'accaparramento dei voli dei me,zzadri aspi– ranti alla proprietà della ferra che coltivano, fanno della prospettata soluzione una forza di fermento e di contrasto ·invece che di tranquillità e di con– servazione sociale come è nei fini della D. C. E così la questione agraria viene agitata solo in funzione di interes~i politici, con perfetta trascuranza di quello ·che è il suo contenuto intrinseco e la sua esi- . genza fondamentale. · Spetta a noi socialisti di condurre sulla giusta via la ricerca delle soluzioni. Gli scritti del nostro Pagani e di altri. collaboratori hanno già egregia– mente adempiuto a tale funzioJLe. :Allo stesso intento contribuisce lo scritto, pervenutoci già da tempo, di Giulio Pugliese, la cui chiusa, se appar colorita di soverchio ottimismo, ci indica una via e ci spro– na ad un'opera che, per i precedenti della bonifica compiuta ad Ostia dalle cooperative ravennati e nel~ la Francia dai JLostri emigrali, sotto la guida di Baldini, di Farnboli e d'altri, possiamo proclamare in, tutto conforme alle tradizioni del noslI'o J)artito. LA CRITICA SOCIALE In un articolo pubblicato nel fascicolo del 16 mag– gio 1948, Aldo Pagani ha· posto I.a questione in te11- mini precisi: tuttavia io penso sia utile illustrarla più compiutamente, perchè in quest'ora così grave per la vita nazionale il problema della. terra è di tale importanza da richiedere la collaborazione di quan- . ti hanpo la possibilità di dare un. apporto concre– to. La riforma agraria è stata posta come caposaldo in tutti i programmi di tutti i partiti nelle recenti elezioni, ma quasi nessuno ha indicato per quali vie e con quali mezzi concretarla. La ragione di questa carenza è evidente, in quanto in una nazione così varfa per conformazione e fertilità di terreno, per clima, per regime delle pioggie, si è sempre parlato di riforma agraria come di un problema unico e che si possa risolvere con una unica formula. Il grande teorico. del socialismo agrario, Carlo Kaustky, ha dimostrato che non esiste una questione agraria, ma tante questioni agrarie quante sono le nazioni, anzi qua·nte, sono le ·regioni di ogni singola nazione. Per non aver tenuto conto di questo la rifor.ma agraria è sempre rimasta allo stadio idi quei buoni ,proposi– ti di cui è lastricata la -strada dell'inferno. Ma ora è indispensabile passare dalle parole ,-ai fatti e stringere i tempi. Il problema agrario non si risolve con una formula unica: ciascuna re– gione ha il suo problema, in ciascuna zona il pro– blema -si presenta c;on termini diversi che richie– dono dive11se soluzioni. Ha non una, ma mille· ra– gioni il Pagani a deplorare la vaga frase pronun– ciata da Salandra, durante l'altra guerra, qaando. <lopo Ca,poretto, ·credette di rafforzare lo spirito di resistenza dei nostri fantaccini, in grande maggio– ranza contadini, promettendo loro la terra. La « ter– ra al contadino», come tutte le-frasi che in poche parole vogliono risolvere gravissimi problemi, ha finito di confondere le i-dee e di creare illusioni. In Italia non c'è terra sufficiente. Questa nostra Italia, che i poeti hanno cantato come Ja magna parens frugum, come il « giardino d'Europa » è povera anche di terra. Dei 300.000 Kmq. men-o di una quinta parte, poco più di 50.000, sono in pianura e quindi suscettibili di coltura intensiva e di forte produzione; tutto il resto è collina e montagna. Si è c1ridato un po' da tutti, e da noi socialisti per i p~imi, contro il latifondo,. contro le grandi • BibliotecaG,no òtanco P(Oprietà incoltr e non sottoposte a totale sfrutta– mento; ma guardiamo in faccia alla realtà come ci si presenta. Il latifondo esiste non solo e non tanto per trascuratezza di governi o di regimi, ma specialmente per la anti-economioità del suo sfrut– tamento. Alla sua trasformazione occorreranno ca– pitali enormi che al valore odierno della nostra mo– neta devono essere valutati a migliaia di miliardi: occorrerà' il lavoro ed il sudore di decine di migliaia di contadini. E quando tireremo le somme, ci ac– corgeremo con raccapriccio che allo sforzo immane non corrisponde l'esito, neppure in linea di giusti– zia sociale. L~ Democr'.lzia Cristiana, seguendo l'indirizzo pa– ternalistico degli a-ntichi partiti clericali, nella per– suasione di rafforzare le correnti conservatrici del paese, ,punta dedsamente per la creazione di una nuova piccola proprietà. Ed è •proprio ,di pochi me– si addietro la 1pubblicazione di un decreto ministe– riale ,contro il quale io ho già elevata la mia voce in « Cooperazione Italiana », riguardante « Provvi– denze a favore della piccola proprietà contadina-» approvato dal Consiglio dei Ministri con deiibera– zio 20 febbraio 1948. La terra al contadino, come giustamente osserva il Pagani, non sana, ma aggrava una ingiustizia, poichè, non essendovi terra se non per una piccola frazione di contadini poveri, essa favorisce i pochi che estrarranno il numero buono alla lotteria della riforma agraria ed aggrava la posizione dei moltis– simi che rimarranno a bocca asciutta. Aggiungo che in Italia la proprietà è troppo divisa e che una rifor– ma che avesse per fine una sua ulteriore polveriz– zazione, risulterebbe di enorme danno alla collet– tività nazionale, in quanto ridurrebbe senza dubbio il rendimentq della terra. Ma noi socialisti abbiamo nel nostro programma la chiave per risolyere il teorema a molteplici in– cognite e si chiama « cooperazione », la cui attività non deve essere ristretta al campo nazionale, ma per mezzo di •trattati deve· procurar_e pane e la– voro a.i nostri co ntadini in tutti i paesi dove c'è terra che atten.de braccia che la mettano ih rendi, mento. Coop erazione integrale, intè•ndo, che deve convogliare non solo il lavoro manuale del conta– dino, ma anche quello del tecnico agrario, perchè, data la scarsezza della terra ed il sempre crescente numero dei cittadini da sfamare, è -indispens!¼bile che si introducano i più moderni sistemi di cul- tura. - · Ora c·he nostri compagni soao al governo è ne– cessario che, in tèma di rifoFma agraria, essi si diano una linea programmatica che non dimentichi il fondamento socfalistko delle nostre soluzioni. La piccola proprietà ·deve essere protetta e aiutata do– ve naturalmente esiste, cioè dove essa rappresenta l'unica o la più conveniente forma di sfruttamen< to, in quanto vi si -richiede uno sforzo di lavoro al quale · non corrisponde un sufficiente _reddito e quindi non vi, è margine per la speculazione capita– listica. Quest'a piccola proprietà è il ferro del me– stiere per iii contadino e gli serve, in periodo nor– male, a guadagnarsi uno scarso e salato pane. Per– tanto il piccolo -cònduttore terriero, se anche non è sfruttato direttamente da un capitalista, è tuttavia uno sfruttato per il magro compenso che solitamen– te trae dal suo gravoso lavoro. Perciò è giustc;i che lo Stato lo aiuti a render meno gravoso o più redditizio il suo lavoro, s,pecil)lmente stimolandolo con finanziamenti alla creazione di cooperative per l'acquisto e l'uso di macchine agricole, di fertilizzanti ecc., per la lavorazione 'e la vendita in comune dei prodotti, per la costituzione di una direzione tecnica che agevoli il rinnovamento dei sistemi culturali. · Ma alla creazion e artific iale della piccola proprie– tà noi dobbiamo oppor.ci con tutte le nostre forze, perchè è anti-econ.omica, per,chè non risolve ma ag– grava il prolilema del bracciantato, pe,rchè aumenta di una .piccola quota. il numero dei proprietari, ma lascia in maggior miseria l'enorme numero dei con– tadini senza terra. Le provvidenze per l'acquisto o per l'enfiteusi delle terre incolte e del latifondo non devono essere concesse ai singoli, ma alle loro cooperative agricole, regolarmente costituite, e lo Stato deve riserva!"si il diritto o, meglio, il dovere di controllare che questa cooperazione sia esolicata in modo che non torni di vantaggio solamente ai

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