Critica Sociale - anno XL - n. 15 - 1 agosto 1948

CRITICA SOCIALE 337 'I soeialisti e l'unità sindacale Fra le molte disgrazie che hanno accompagnato la na– scita e la cagionevole vita dell'unità sindacale italiana, ce n'è una che aggrava oggi le precarie, per no~ dire dispe– rate, condizioni in cui essa versa in questi giorni. La .di– sgrazia a oui alludo è consiaita e consiste nell'ideaJ.i'zza– zione di un fatto squisitamente e concretamente· p'olitico, qual'è 1:unità sindacale. C'è un certo parallelismo fra il pro– blema della pace e quello, assai più modesto, dell'unità sin– dacale, non solo perchè entrambi sono parte de)l'unica grande f vicenda del t_emponostro, ma -anche perchè sia la pace che l'unità sindacale sono state divinizzate e miticizzate da que– gli stessi che le profanano quotidiamente e che si prepara– no a consumare l'estremo deicidio. Nessune .ha osato mai mettere in discussione l'unità sin– dacale; tutti le hanno professato ripetutamente~fedeltà e de– vozione: tuttavia,' dopo aver impedito con o'gni mezzo ·che essa passasse dalla fase puramente ·organizzativa a .quella poli,tica, dalla fase del compromesso a quella dell'aÙtono- · mia, i devoti cultori hanno sferrato) il colpo mort<1leall'ido, lo, divenuto ormai ma\comodo. Accanto all'impostura divinizzatrice, i nemici dell'unità sindacale ne avevano messa in piedi un'altra: quella ideolo– gica. Si è perso molto tempo in Italia, sulla stampa e per– sino nei congressi sindacali, a dissertare sui fondamenti i– deologici del movimento sindacale. Sia per giungere a con– clusioni coincidenti, e quindi fa,.,orevoli alla formula unita– ria, sia per affermare una particolare concezione del sinèla– catq, e cioè per portare acqua al mulino della propria cor– rente. Al punto in cui stanno le cose, se si vuol salvare il sal– vabile, bisogna sbarazzare il terreno dai due pregiudizi, che poi sono due imQ_osture,che hanno funestato il cammino del nostro movimento unitario, per fare un'analisi concreta e realistica della situazione, quale essa si presenta, e dei ri– medi che sono• ancora a portata di mano. li valore dell'umtà sinuf:aoale. Anzitutto: chi ha interesse all'unità sindacale? Evidente– mente per unità non intendo il facile trucco - sl)I quale· non v 1 è persona di b1.1ona fede che non abbia aperto gli oc– chi - dell'unità comunista: l'aggregazione, cioè, passiva di altre forze (o delle loro ombre) al carro del P. C. Unità vuol dire, per' aoi, composizione in un tutto organico di più forze o correnti o organizzazioni. Unità sindacale vuol dire associazione autonoma, in un solo organismo, di tutte le forze del lavoro: operai, impiegati, tecnici, dipendenti pub– blici e privati, credenti e non credenti,· aderenti a partiti o· indipendenti. Perchè una siffatta unità sia solida, e resista al ·pericolb della disgregazione, occorrono due condizio;:,i. Una negati– Ya: e cioè che nessuna delle componenti tenda ·a monopo– lizzare l'organizzazione comune. Una positiva: e cioè che venga chiaramente individuatQ. un denominatore çomune pro– grammatico, garanzia al perseguimento dei fini comuni e alla tutela dei comuni interessi. Queste due condizioni, variamente teorizzabili, non hanno alcuna· probabilità di essere rispettate prima e rese operanti poi, se non èsiste 1ma forz.a sincera– mente legata al loro mantenimento e capace di costituire l'elemento direttivo o almeno· equilibratore del. poderoso com- 1 plesso. E, se non mi inganno, con questa definizione ho pre– , cisamente denunciato il fallimento della funzione della cor– rente sindacale socialista in seno alla C.G..I.L. Ma facciamo un passo indietro. L'ini~iativa sindacale è stata praticamente, sino ad alcuni mesi fa, del partito co– munista. Non è mancata in questo partito una corrente la quale, pur badando a rafforzare saldamente le proprie po– sizioni, si sforzava di assolvere anche alla più larga funzio– ne del sindacato, facendo in modo di dissociarne l'attività ib.liotecaGirioBìanco immediata da quella propria del partito. Bisogna dare atto all'on. _Di Vittorio di aver fatto qualche sforzo in questo senso:· bisogna aggiungere però che questi sforzi rimasero sempre isolati e sterili .. Ovunque, e specialmente nelle fab– briche, iì partito comuriista no~ solo si è impadronito del– l'organizzazione sindacale, ma spesso le si è addirittura so– stituito, elaborando programmi, lanciando rivendicazioni, or– ganizzando comitati di agitazione, di difesa e che so io. Quanto all'atteggiamento della corrente cristiapa, esso è stato perpetuamente scettico sulla formula unitaria, sempre proclive a considerarla un «esperimento» e sempre' favore– ' vole più al rafforzamen'to delle organizzazioni confessionali e di corrente eh~ a quello delle organizzazioni unitarie. Bisogna riconoscere che, ad un certo momento, l'unità sindacale è apparsa chiaramente un ost~colo alla politica sia ·_.deicomunisti che dei democristiani. Quando la ,lotta politica assume- quel carattere di violenza a c::uile due forze oppost~ hanno finito per condurla, quando il proposito di tendere alla rispettiva eliminazion~ si manifesta con evidenza solare, .a the cosa serv~, se non a -paralizzare la rispettiva libertà di manovra, un'organizzazione cemune, e nel cui ambito la convivenza richiede la rinuncia alle essenziali finalità dei 'rispettivi partiti? · · Come si può illudersi di chiedere ai co;,,unisti di ricono– scere la bontà di un provvedimento governativo quando tutti i loro sforzi sono tesi al -rovesciamento del Governo ; e ~,;,– me· d'altra parte si può pretendere che i democristiani si as– socino a critiche rivolte ad un Governo, il cui indebolimento significherebbe il loro stesso indebolimento? A questo punto scmhra che si dovrebbe trarre una conclusione: che non vi è nè possibilità, nè convenienza al mantenimento o alla ri– costitnzione dell'unità -sindacale. Ma non è e non può essere questa la soluzione s'OciaÌista del problema. Anzitutto, mi si c0nceda si ricorrere nuovamente al para– gone con la pace. Come questa, l'unità sindacale deve essere difesa sino a quando esiste anche una sola possibilità di sal– varla. Questa disperata difesa è richiesta da due ragioni Ji caratter~ essenzialmente nolitico. Voglio dire che l'unità sin– dacale è necessaria· al mantenimento e allo sviluppo della 'democrazis1, e che essa « hic et nunc », in Italia e nelle at.." tuali condizioni economiche del ·Paese, risponde ml uoo ne– cessità obiettiva della classe lavoratrice. Un sindacato unitario e fedele alla sua naturale funzione è destinato ad operare sulla realtà sociale in sensÒ analogo a quello cui tentano di orientare la nostra vita politica le correnti cosiddette di' terza :fiorza: e cioè verso un equili– brio democratico, .una relativa 'stabilità economica, una per– manente evoluzione dei ·rapporti sociali in senso sicuramente progressivo. L'unità sindacale costituisce un dato permanente cl.elio sviluppo democratico del nostro paese. Sarebbe stato così se questo ~viluppo fosse stato assicurato (come molt~ non eccettuato chi scrive, si illusero che fosse posi;ibile al– l'indomani della liberazione) da. una leale collaborazione del– le forze così dette di sinistra, e sarà così se esso sarà in– vece garantito dalla così detta terza forza. Nel primo caso, infatti, l'unità sindacale rappreienta 'la maggior garanzia con– tro il prevalere della demagogia faziosa che, per i suoi in– teressi, il partito comnnista coltiva in seno alla classe ope– raia. Ne! secondo caso, essa unità rappresenta uno stabile .ponte tra le forze estreme, e nello stesso tempo uno stimolo ed un controllo dell'opera di governo. · ·ora, se, malgrado le apparenze contrarie tratte da certi risultati elettorali sindacali, questa è la funzione che un sin– dacato unitario è obiettivamente destinato ad esercitare nel nostro paese, non deve meravigliare la leggerezza con la quale le correnti maggiormente responsabili hanno co'lto la fav0revole occasione per ·mandarne all'aria la stessa esi– stenza. Ho detto che l'unità sindacale risponde ad una necessità obiettiva della classe lavoratrice. Questo è ~ero anzitutto dal puntq· di vista-della « tecnica-» sindacale. Solo in un sin– dacato unitario, infatti, possono essere conciliati i dati obiet– tivi delle tendenze proprie ai diversi ceti e correnti del mondo del lavoro, e cioè: l'impazienza estremista e l'acquie– scenza rinunciataria, l'irrequietezza mai soddisfatta e la fa- i

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