Critica Sociale - anno XL - n. 15 - 1 agosto 1948

,CRITICA SOCIALE 355 slya rigidezza dottrinale, è quello del socialisti di ogni pae– se, come precisano i principi generali del -partito: « Nessun goyerno C.C.F. si terrà per soddisfatto prima di aver estirpato il caipitali.smo e mes-so in opera U programma completo di economia sociale controllata, che condurrà alla instaurazione nel Canadà del Commonwealth cooperativo ». (Manifesto di Reginà). Il C.C.F. non è ancora un partito n·azionale. Se· ha ottenuto dei successi nell'ovest, nell'est è ancora ignorato o quasi. Esso urta poi contro la Chiesa cattolica, che ha ,Corti tradizioni ne_l· Canadà, e contro l'individualismo dei. canadesi francesi. Ma con tut;to questo il partito socialista è c,a-pace di penetrare di più nelle masse operaie. E con lo sviluppo inevitabile del– I'i-ndtIBtrializzazione, i suoi progr_essi sembrano assicurati. Per frenare la sua affermazione li partito liberale e quello conservatore hanno CO'stituito un fronte comune in certe re– gioni dell'oV'eSt. Ma non appare probabile che essi riesc«no a contra.sta1·e il socialJs,mo. Socialismo e "TerzaForzà ,,. Nel numero di 1uglio del « XIX Century » 'R. Good Adams dedica un articolo allo studio -della posizione della « terza forza » in It3.Iia. Dopo . aver accennato alle particolari icon– dizioni -che dànno alla ,« terza forza » italiana una confi– gurazione assai ·diversa dalla ~ terza forza » francese, osserva che di fronte a-Ila rpesante ipoteca politica e sociale della n. C., alla base dello s-C'hieramento di « terza forza » italiano stia una esigenza anticlericale. Essa è alimentata soprattutto dalla formazione intellettualistica e pj.ccolo-borghese ·dei rag– gruppamenti che, escludendo recisamente la D. C., fanno par– te in Italia della « terza forza». Ma ciò~ secondo l'A., ·costi• tuisce anche -un limite negativo. Infatti questa posii.zione è scarsamente sentita e seguita dalle classi lavoratrici. 'Esse oscillano, senza possibilità intermedie, tra comunismo e chie– sa ·cattolica, in una alternativa che le porta a bloccare agli estremi, anche se a tutto detrimento della democrazia. Ma lo staccarsi dalle forze lavoratrici ra-ppresenterebbc per la « terza forza » un grave pericolo, perchè troppo scarsa, per quanto intellettualmente -selezionata, resterebbe ~a sua in,fluenza 1po1itica. Si -ricadrebbe in quella concezione di partito-guida senza seguito popo'lare, ehe ha costituito, d0tpo la liberazione, ·la causa della crisi del Partito Liberale e del Pai-tito d'Azione. L'asse della « terza forza » italiana deve quindi· impostarsi al socialismo democratico ed all'attrazione che esso sa•prà esercitare sulla classe lavoratrice. Solo avendo come nucleo centrale « Unità socialista», cioè il P.S.L.I. e... l'U.d.S., la « terza for,:a » potrà gettare le premesse per lo ,iviluppo a forza politica con larga base popola.re . « L'avvenire della terza forza - conclude l'articolista ~ si presenta senz'altro arduo, ma non sen~a possibilità di grandi successi. Gli ita.Iiani non sono passati ad occhi chiusi traverso le ·periipezie degli ultimi cinque anni. Hanno spe– rimentato gli eccessi della destra e della sinistra estreme. E pur nella lOO"o · volubiMtà sanno apprezzaré il valore delle vie di mezzo ». Ciò che si stampa_ EUGENIO PENNATI - Fondamenti di una filosofia della poli– tica· - Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1945, pp. 330. Che cos'è politica? Che cos'è e in che ,propriamente si di– stingue l'atto politico? E, poichè indubbiamente la politica concerne un comportamento collettivo, e non meramente in– dividllale, m3. pur costituisce un prius rispetto alla orga– nizzazione giuridica della collettività (è un prius, osserva l'A., rispetto alla pblis, rispetto allo Stato), qual'è l'ambito e la finalità della -politica? Riesce facile, superati · i regimi totalitari che le hanno favorite, confutare le definizioni del– la politica come aspirazione al potere (Weber), come ragion di Stato (Meinecke), come sfrenato e ambizioso impulso alla potenza di una ristretta_ cerchia (Leone) : ma, e allora? E' chiaro d'altra parte - benchè essa abbia una implicazione deontologica, ossia- non consideri tanto l'essere, quando il dover essere - che politica non è pura esigenza etica o pura esigenza razionale: la grande scoperta di Machiavelli del va– lore autonomo, universale ed eterno della politica non . va ripudiata. E' abbastanza facile -pervenire alla constatazio– ne che la politica è attività pratica, attività cioè in funzione non gà del bene (chè altrimenti si confonderebbe con l'etl- Biblioteca Gi'f10Bianco ca), ma di un utile. (I.I che non implica affatto, come da taluno è sta,to sostenuto, Che la ,pura politica sia un mo– mento etico -negativo, un momento di decadenza. morale, per– _chè la colpa in atti politici è imputabile agli individui, non alla politica in sè). Ma allora, giunti a questo punto, bisogna pur distinguere l'ambito proprio della politica da quello dell'economia, f!he è ,pure ricerca d~ll'utile. E ciò è reso più. di.ffi.cile al Pennati dalla confutaziOne della 1eoria che distin– guerebbe dall'economia, ricerca dell'utile individuale, la po– litica, ricerca dell'utile generale. Questi (e moltissimi altri) problemi, veramente es~enziali a configurare, sotto l'aspetto filosofico, l'elemento peculiare e tipico della politica, .formano l'ossatura di questo impor– tante, serio e meditato lavoro del nostro compagno; e dob– biamo attribuire a nostra inescusabile col 1 pa il non averne parlato prima. E' una rimeditazione in profondità di una materia sulla quale i filosofi: puri amano sorvolare, come troppo ,inficiata di empiris1no, quando invece (caso tipico l'Hegel) · non ne fanno tema di esaltazione d.i un determina– to r.egimfr ,politico, dimenticando proprio }.'università della filosofia e la dinamicità della storia. Il Pennati ha il merito di non avere avuto timore dell'em·pirismo della pdlitica, ri– specchiantesi, più ancora che nelle co~siderazioni de~ pensa– tori dall'antichità ad oggi (e sotto quest'aspetto il libro trac– cia una vera e ,propria storia del pensiero ,politico), nel mu– tare delle concezioni della politica· sotto i più diversi fattori sociali, storici, religiosi, ecc. Ed è proprio questo, da ...cui il Croce era rifuggito, che consente al Pennati una rimeditazione delle formule croéiane, con ben altra ricchezza cd -aderenza, talvolta inducendolo a ripudiarle, talvolta invece a metterle a punto, con vitale concretezza. Ed è questo, d'altra pai-tc, che gli consente di cogliere i valori della 1politica: il .'va– lore ontologico, che deriva dallo stesso sussistere di un'or– ganizzazione poHtica, come aspetto di una civiltà; il valore di « tecnicità », come .insieme di mezzi, di metodi, di praxis, di abilità, e persino un valore morale, che fa sì che la diso– nestà politiéa non sia, in ultima analisi, che incapacità ed imperfezfone politica. Politica, secondo il nostro compagno, è « quella f,prma di azione pratica, a cui l'agente si determina in forza di un in– teresse derivato dalla concezione che nutre del .più conve– niente ordinamento d~l consorzio umano ». Ha quindi una sua funzione qualitativamente diversa dagli altri momenti della attività pratica .(diritto, economia, ecc.). Particolarmente im– portante _(e forse uno dei più antichi) è il problema dei rap– porti tra politica e morale. La politica è premorale, è agno– stica, è aneti-ca, sostiene il Pennati: non: è · nè iqimorale nè morale. Come vi sono azioni immorali ma tuttavia utili eco– nomicamente, cosi vi possono essere azioni politiche utili e ·positive, ma moralmente condanna-bili. Ma « l'uomo politico » è una astrazione. Tutta l'azione politica implica continua– mente una valutazione morale. C'è un dovere politico - fatto insieme di azio·ne e di ,partecipazione alla vita ,pubblica, e a cui non si sfugge c.he con un ascetismo rinunciatario, che è minorazione della persorialità umana, essenzialmente socia– le e solida,ristica - che fa sì che la politica « risulti materia, strumento e arena, onde l'attività morale realmente si attua ». Già Pericle ammoniva che « l'uomo che si astiene dalla vita politica non è Un essere tranquillo: è un essere inutile ». E Fichte ricorderà che « la vera virtù Consiste nell'operare; nel– l'operare •per la comunità ... Cia:Scuno de_ve operare secondo la ,propria convinzione, e in ciò consiste la condizione for– male di ogni moralit~ ». Con ciò anc:6.e l'in-sidiosa antinomia in cui va. a eadere il rap1porto etica-politica (ossia che posso– no esh.5tere idei fini morali e dei mezzi immorali) cade. « Quando la coscienza morale ha r~ggiunto il pieno possesso degli asipetti della ,situazione cessa ogni incertezza e conflitto •di morali: non urgOno doveri diversi, ma un dovere, il do– vere; e l'adempimento di quell'im-perativo che I~ coscienza addita come tale, attua tutto il risultato etico possibile... Sia data un'azione come chiaro e si·curo dovere e sia incl_islPen– sabile per la sua aMuaziòne l'adozione di certi mezzi: logica– mente questi non possono non essere morali, poicÌlè, in di– vel'Sa ipotesi, sarebbe immorale il fine che li postula. Come io voglio un fine, cosi io voglio l'unico mezzo l>. · Non sono quindi concepjbili, se non ci si ferma alla apparenza anti~ nomica, tfini morali e mezzi immorali. Direttore: UGO GUIDO MONDOLFO Redattore respons.: ANTONIO GREPPI g. p. Autorizz.: Allied Publications B. C. N. 288 - 10-3-1945· Tipografia Pinelli - Milano _ Via Farneti, 8

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