Critica Sociale - anno XL - n. 14 - 16 luglio 1948
CRITICA SOCIALE 317 -ridionale costituirono il punto cntLco sul quale la Russia, già in prossimità di una conclusione positiva, dovette inter– rompere le trattative. E' comprensibile che Togliatti, le cui prospettive eletto– rali Tito danneggiò, e Dimitrov che Tito umiliò, si siano collegati - mentre il partito comunista austriaco può fa– cilmente essere trasèurato come quantité négligeable in que– sta combinazione - per vendicarsi di Tito. Il carattere orientale del regime sovietico si manifesta anche troppo chia– ro in questa guerra dei satrapi tra loro e in questi intrighi -di palazzo. E' tuttavia sorprendente che, nonostante queste forti re– sistenze a Mosca nella diplomazia russo-sovietica, Tito pos– sa praticamente perseguire le proprie pretese. Con ciò in– fatti si manifesta la debolezza del regime sovietico. In ogni regime dispotico orientale si poteva scorgere un indizio di minaccia di dissoluzione, quando i satrapi cominciavano a fare una po1itica per proprio conto e quando la corte cen– trale non vedeva altre possibilità che di rappresentare le loro aspirazioni ~rso gli avversari esterni, mentre invece al– l'interno essa doveva limitarsi a cercare di giocare l'un contendel)te contro l'altr.o. Si veda ad esempio la storia del– l'impero persiano nei suoi rapporti con la Grecia. La parte dei piccoli satrapi asiatici forma il migliore parallelo con i satelliti della Russia nell'Europa Sud~Orientale. La tesi, da noi già più di una volta sostenuta, che pro– prio la Russia non sia più libera nella sua politica estera, ma che in crescente misura sia costretta a tenere in consi– derazione le esigenze ,dei suoi Stati satelliti, viene raffor– zata da questo precedente del Cominform. Non ci si deve illudere che le forze che tengono insieme il sistema della potenza sovietica siano però per questo minori, anche per– chè i dominatori locali sono tra loro collegati da un ~o– mune debito sanguinoso e dall'angoscia della vendetta. 'C' inverosimile che questo primo aperto conflitto possa spez– zare il sistema. Come possa venire risolto, non siamo oggi in grado di presagire; ma basta per ora constatare che si è prodotta una frattura nelle fondamenta e che non ci si può più porre rimedio. Bi;:NJ;;DIKT KAuTSKY II. E' corsa sui giornali di questi giorni la notizia clie la Banca popolare jugoslava ha inviato alla Banca mondiale dell'ONU la seguente testuale letterina: « Desideriamo 500 milioni di dollari. Sinceri saluti». E' tutto: non v'è nep– pure la sacramentale frase: « in attesa di vosha risposta e ringraziando in anticipo». Evidentemente alla base di tutta questa clamorosa lite tra Jugoslavia e Russia ci sta la solita banale e lampante necessità di aver dollari per ti– rare avanti. Il piano Marshall ha agito e Tito vorrebbe quei tali dollari per cercar di combattere il caos provocato da un piano quinquennale buttato dilettantescamente su una economia rovinata dalla guerra e dalla rivoluzione. O, meglio, non per questo solo : la miseria è poco giovevole alla sa– lute dei dittatori; lo sanno anch'essi. Si vuole anzi, a sen– tir i giornali svizzeri, che fin dalla fine dell'anno scorso Tito volesse aderire al pi'ano Marshall e che Mosca a sten– t6 l'abbia trattenuto. Che Tito non abbia scrupoli ad ac– cettar aiuti dal mondo capitalistico occidentale lo mostra il fatto che, pur di aver crediti dalla Svizzera, era dispo– sto a fare sostanziali concessioni riguardo alle proprietà svizzere in Jugoslavia, e ciò malgrado le leggi di nazio– nalizzazione dei beni stranieri (Weltwoche, 2 luglio 1948). E si capisce, chè, dalla Russla, quanto ad aiuti effettivi ilo denaro e beni, poco c'è da attendersi. Pare anche che una ragione di concorrenza nel mercato dei grani abbia spinto Tito a distanziarsi ancor di più dalla Russia: la Jugosla– via stava per co;cludere una grossa vendita di grano alla Francia, la Russia soffiò via ·1•affare e consegnò grano rumeno e bulgaro comprato a basso prezzo, al quale basso prezzo fu obbligata la Jugoslavia stessa a vendere grano a Rumeni e Bulgari che n'eran restati senza per via di quella brillante operazione realizzata dai padroni. A che punto poi il piano quinquennale sia giunto non si sa; pare però che la vittoria dei comunisti a Praga e la relativa inaugurazione anche lassù del solito piano abbia re- BibliotecaGino Bianco so assai difficili le esportazioni di carbone e macchine verso Belgrado, donde la necessità per Belgrado di guardare al– trove, cioè verso occidente. Ora cosa farà l'America? Penso che dO'llrà aiutare Tito, le piaccia o no, e farlo aiutare da– gli occidentali. Sarà curioso vedere gli Stati Uniti, i rap– presentanti cioè del capitalismo più genuino, dover soste– nere ed avviare al successo un esperimento sociale che del capitalismo è agli antipodi. Sono gli scherzi che fa la sto– ria. Già ci sono i segni di questa disposizione favorevole ; per esempio l'annunciato sblocco deU'oro jugoslavo e la ra– pida conclusione del trattato di -commercio con Londq1. Può darsi quindi che la curiosa letterina di cui sopra abbia una risposta positiva, se non in toto, almeno in parte. Non fosse che per ottenere un alleggerimento della pressione di Markos sulla disgraziata Grecia, alleggerimento per altro che è già in atto, e per allontanare la Russia da una posizione im– portante nel Mediterraneo. L'Albania per ora ha abban– donato- Tito, malgrado ch'essa abbia una dogana unica con la Jugoslavia e che il suo magro bilancio sia sostenuto pe1 il 4,2!% da crediti jugoslavi. Qui dovrà intervenire diretta– mente Mosca a sparpagliar risorse, il che non è igienico se pur alla lunga le sarà possibile sostenere questo staterello periferico, importante per la .sua posizione e per il porto df-Valona. La càrriera di Tito Il eia.moroso fatto della affermazione di indipendenza dal– la Russia da parte di Tito, sostenuto dal partito comunista jugoslavo e forse anche dalla ·maggioranza del popolo che, irrazionalmente nazionalista come son tutti gli slavi, non amava certo di esser subordinato al Cremlino, mostra che egli era arrivato a tanta potenza da poter braver la Gran Madre, come vien chiamata la Russia dai popoli slavi. Evi– dentemente ad una situazione simile Tito non è arrivato da ieri. Intanto egli è giunto al comando non per intervento diretto della Russia, ma il suo successo ha le radici più vive nelle sue notevoli capacità, nella sua volontà di ferro oltre che nell'eroismo dimostrato nella guerra partigiana. Tito nella sua carriera di uomo di azione è stato abile, anzi abi– lissimo; qua.ndo era il debole capo di una parte della resi– stenza jugosiava (l'altro, Mihailovic, agiva per conto di re Pietro) seppe così bene manovrare gli ufficiali inglesi che, piovuti dal cielo in paracadute, erano presso di lui a rap– presentare gli alleati occidentali (e tra loro c'era il figlio di Churchill, Randolph), li seppe, dico, così ben manovrare che fu riconosciuto dagli inglesi quale capo della resistenza in danno di Mihailovic e dei monarchici. Ma all'avvicinarsi dei Russi egli si mostrò senz'altro qual'era, cioè il rappre– sentante di Mosca, e piantò in asso l'Occidente. Gli eleganti « oxfordiani » ufficiali inglesi dovettero restar male: s'eran dimenticati che in politica comanda quel bronzeo Moloch che si chiama interesse, e in quel momento l'imperativo per Tito era russo. Egli aveva- bisogno per reggersi della v,ici– nanza dei Russi, giacchè ustasci di Pavelic e monarchici non eran tutti morti o fuggiti, è poi non sarebbero stati certo gli Inglesi o gli Americani a sostener le aspirazioni nazio– nalistiche sue e dei suoi su Trieste e la Slovenia austriaca. In p°rosieguo era divenuto manifesto che la Russia non po– teva seguir Tito fino in fondo nella sua lotta per Trieste, perchè essa così veniva come a inchiodarsi in una richie– sta che non poteva interessarla direttamente, e che le 'toglie– va libertà di manovra nella battaglia diplomatica contro l'Oc– cidente. Forse potranno venir da questa parte sorprese pia– cevoli pe'r noi, non foss'altro che per far rialzare le azioni del P. C. I., così ribassate dopo il 18 Aprile! Il sintomatico silenzio della Russia a1lla domanda dei tre Grandi di rive– der la questione triestina, di quanto ha danneggiata la po– sizione del luogotenente italiano di Stalin nella lotta per la conquista elettorale d'Italia? Nella asserzione dell'ordine del giorno di Bucarest che il comunismo di Tito altro non è– che nazionalismo camuffato, si vede appena velata questa preoccupazione. E probabilmente ·gli altri fatti rimproverati nell'ordine del giorno - sorveglianza a civili e militari rus– si, tolleranza di non entusiastiche osservazioni sulla qualità dell'esercito russo - saranno veri, ma il fatto più vero •i è che poche settimane fa Tito dimissionò e « sgnaccò » in prigione i ministri Zujovic e Hebrang, ch'erano gli occhi
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