Critica Sociale - anno XL - n. 14 - 16 luglio 1948

/ 316 CRITICA SOCIALE Unà :frattura nelle :fondamenta (Il conflitto Tito Mosca) I. Il conflitto tra Stalin e Tito non è il primo che scoppi tra uno degli insubordinati satrapi della Unione Sovietica ed il suo sultano di Mosca. Ma è invece il primo a cui sia stata data µ,iena pubblicità e nel quale il satrapo osi assu– mere una posizione di aperta resistenza. Il decorso di que– sto conflitto non lo si può ancora prevedere nei particolari. Tito è troppo strettamente incatenato alla Unione Sovietica, perchè egli possa salvare il suo regime con una conversione verso l'Occidente. Se egli dovesse fare un tentativo del ge– nere, sarebbe bensì L1l1 temibile scacco per il sistema dei sa– telliti della Unione Sovietica, ma Tito dovrebbe calcolare che una democratizzazione della Jugoslavia s'accompagne– rebbe alla rapida, ma· probabilmente sanguinosa, fine della sua cl.(ttatura. D'altra parte, dinnanzi a lui si erge lo spet– tro cli un tribunale pL111itivo a Mosca, la cui spietatezza egli tanto più può supporre, in quanto egli stesso ha usato an– che troppo spesso un analogo trattamento per i suoi avver– sari. Egli sa infatti che la polizia segreta russa non dimen– tica nulla e che anche un'apparentemente pacifica soluzione del conflitto terminerebbe verosimilmente con un sangujnoso pareggio del conto. Come se la caverà Tito da questo dilemma, noi non in– tendiamo profetizzare. Noi non abbiamo nemmeno l'inten– zione di tentare di rintracciare le abissali vie della psico– logia di un dittatore. E possiamo esprimere soltanto la spe– ranza che a Tito, nelle sue notti insonni, gli-spettri di co– loro, con Micfi:ailovitch alla testa, a cui egli segnò il de– stino fatale, possano annunciare quello che ineluttabilmente, in una maniera o nell'altra, gli sta dinnanzi. Molto più importante ci sembra ricercare come si sia giL111ti a questa rottura della Jugoslavia con il Cominform. Anzitutto bisogna stabilire che si tratta soltanto di un con– flitto fra partiti comunisti, e non tra governi. Nello stes– so momento in cui la conferenza del Cominform pronun– ciava la sua sentenza capitale contro Tito, i ministri degli esteri di tutti gli Stati satelliti; tra cui quello della J ugosla– via, sedevano attorno ad un tavolo a Varsavia, sotto gli oc– chi di Molotov, per prendere comuni decisioni circa la que– stione tedesca. Ma è chiaro che un simile conflitto di par– tito non può esser ritenuto indifferente per la permanenza del governo, trattandosi di Stato fondato sul sist.ema del partito unico, nel quale i capi del governo sono contempo• raneameRte at1che i leaders del partito. Come si può rileva– re dalla dichiàrazione del Cominform, assai ricca di parole, ma non chiara in più punti, non sono affatto ragioni mera– mente interne che hanno provocato il conflitto, ma piut– tosto dissidi politici. L'accusa rivolta a Tito di avei- lasciato mancare la rie– mocrazia nel suo partito e di essere caduto in concezioni mensceviche (là più temibile tra tutte le accuse che possano venir mosse ad un comunista!), non può essere presa molto seriamente dai suoi stessi accusatori. In sostanza, nella « ri– soluzione» del Cominform si possono invece scorgere tre capi d'accusa, dei quali due riguardano i rapporti interni della Jugoslavia, il terzo la sua politica estera. Il primo capo d'accusa consiste nel fatto che Tito si è sempre attenuto alla ideologia ed alla organizzazione ·del fronte popolare, invece di seguire la generale tendenza del Cominform, che ha di mira l'assorbimento di tutti gli altri partiti da parte _dei comunisti. Ma a chi· sta al di fuori ciò può sembrare una vacua questione di forma, poichè a Mo– sca si sa benissimo .che il partito comunista in Jugoslavia ha un illimitato predominio, non inferiore a quello che pos– siede in tutti gli altri Stati satelliti. E questa accusa diventa amena se si ricollega ad essa l'altra imputazione: che Tito non osserverebbe a sufficienza le regole della democrazia di partito e tratterebbe il partito quasi egli fosse un turco. .Se si ricercano le ragioni che possono avere provocato la BibliotecaGino Bianco nista, si può giungere soltanto alla conclusione che l'interna debolezza del partito comunista jugoslavo consiste nell'avere deviazione di Tito dalla linea generale della politica comu– esso mostrato anche troppo chiaramente di volersi costi– tuire in modo manifesto come partito unico, invece di con– tinuare a manovrare i fili della politica dietro lo schermo del fronte nàzionale. Questa tesi si avvicina ancor piìt alla certezza, se si considera il secondo capo d'accusa contro Tito, che è ancora più grave. Egli avrebbe tralasc'.ato di perseguire la collettivizzazione della economia agricola. Bisogna essere grati ai messeri del Cominform per avere, tra un simile gorgo di accuse non chiare e di risentimenti personalistici, espresso invece, con ·tutta chiarezza e senza possibilità di equivoci, almeno questo punto. Il contadino europeo· sa finalmente ora, per un'interpretazione autentica, quale destino lo attenda, se gli arrida la sorte di venire a trovarsi in una « democrazia popolare». Tutte le frasi sul– la riforma fondiaria e sulla libertà dei contadini vanno in fumo ed in loro vece subentra la coazione collettiva, se– .condo l'esempio russo, con la liquidazione dei « kulaki », ossia dei liberi contadini. Il fatto che Tito non abbia accettato questa pretesa mostra che egli conosce le condizioni <lei suo paese meglio che i signori di Mosca. N'ella Russia la grande proprietà fondiaria era già rimossa sin dal 1918, ma viveva nelle menti come possibilità economica, quando nel 1928 il partito corrtµnista procedette alla sua ricostituzione in forma di kolkoz. Ma questo presupposto manca nella maggior parte della Jugoslavia, e soprattutto in Serbia, poi– chè quivi non è mai esistita una grande proprietà fondiaria. L'attaccamento del contadino serbo al suo fondo è tanto più vivo, in qu-anto egli ne ha difeso la libertà con le armi alla mano in una lotta plurisecolare contro i turchi, mentre al contadino russo la terra pervenne a seguito di una rivolu– zione delle città. Tito sa molto bene che la collettivizzazione forzata nella Jugoslavia troverebbe una opposizione di ben altre dimensioni cli quella che si ebbe in Russia ed egli, per propria diretta esperienza; conosce anche troppo bene, per non -temerle, le possibilità di una guerra civile partigiana tra le montagné slave del sud. E chi lo assicura che gli al– leati non comincino allora a giocare contro di lui lo stesso gioco che egli ha condotto per tre :;,.nni,sostenendo i ribel- li greci? · Con ciò passiamo al terzo capo di accusa, cioè alla defi– ciente considerazione per la politica internazionale del co– munismo. E' non privo di comicità che si muova a Tito l'accusa di avere fatto spiare i rappresentanti della Russia sovietica 'a proposito della loro attività. Da questa espres- . sione quasi ingenua si ricava che il Cremlino pretende solo per sè il monopolio dello spionaggio; ma non si può trascu– rare la tesi che le missioni sovietiche, la cui preseriza era stata sinora celata, vadano considerate in Jugoslavia con le prerogative della extraterritorialità, e che nei loro riguardi le autorità locali non possano assolutamente far nulla. Non si potrebbero descriverè in migliore maniera i rapporti tra Mosca e i suoi· St;tti satelliti. In che cosa precisamente consistano le divergenze nel campo della politica internazionale, la risoluzione del <::o– minform lascia abilmente nell'ombra. L'accusa di eccessivo nazionalismo è troppo generica, e in bocca ai panslavisti è troppo stupefacente perchè la si lasci senza una più esau 0 riente motivazione. Lo stesso va detto per la pretesa subor– dinazione alle potenze imperialistiche. Un accenno a ciò di cui in .realtà si tratta lo si trova solo nella risposta del par– tito comunista jugoslavo, la quale dichiara che questa ac– cusa venne mossa per la prima volta in uno scritto del par– tito comunista russo del' ·marzo di quest'anno. Se ne po– trebbe indurre quindi che si tratti della questione del ritorno di Trieste all'Italia quale soluzione di serie difficoltà, poi– chè questa questione si affacciò per la prima volta appunto nel marzo di quest'anno. Ma il conflitto non può in alcun modo essere scoppiato solo per questo, ed allora venne sol– tanto ad affiorare. Si ricordi che Dimitrov, il satrap_o della Bulgaria, :;,.vevaannunciato molto tempo p.rima il piano di una federazione balcanica, che venne poi sconfessato da Mosca. Dimi_trov dovette andare da Tito, per stringere con lui ·un accordo, che non conteneva questo proposito. Non si può infine trascurare che nelle trattative per il trattato _dipace con l'Austria le pretese jugoslave sulla Carinzia Me-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=