Critica Sociale - anno XL - n. 14 - 16 luglio 1948

CRITICA SOCIALE 325 mss1mo rispondere alle esigenze della massima concentra– zione economica e della più energica azione dello Stato na- zionale ». Con ciò egli anticipava quella interpretazione del sistuna burocratico sovietico come capitalismo di Stato totalitario o come regime di tipo nuovo, il « regime dei dirigenti», se– condo la formula data dal Burnham, già esposta critica– mente dal Blum in Critica Sociale, alla quale si è già fatto cenno da noi in articoli precedenti (r), ma che giova •qui richiamare con riferimento più particolare al tema che è og– getto di questi articoli. La tesi del « regime dei dirigenti », che, sotto nomi vari, trova eco nei più disparati ambienti, si connette coll'evoluzione avvenuta nelle idee di Trotzky:, il quale; nel suo ultimo anno di vita, manifestò in un docu– mento riprodotto da G. Martinet (2), una nuova e decisiva svolta del suo pensiero. Autore delle tesi sulla militarizza– zione del lavoro come inevitabile, fondamentale metodo di organizzazione socialista del lavoro, Trotzky aveva poi mes– so, come si sa, in stato d'accusa Stalin per aver creato una nuova forma di dispotismo: un'aristocrazia basata sul lavoro forzato, la burocrazia dei •piani e l'onnipotente polizia segre– ta, mentre in realtà nulla c'è nello stalinismo che non si trovi già in Lenin e in Trotzky, sicchè, come è già stato più volte osservato, Stalin non avrebbe fatto altro che svol– -gere e portare a compimento in pratica le tendenze totali– tarie inerenti alla dittatura del partito unico, la cui respon– sabilità risale, insieme con il Lenin, allo stesso Trotzky. Contro il « bonapartismo staliniano», egli aveva già preco– nizzato la rivoluzione comunista mondiale. Ma nel suo ul– timo scritto egli pone l'alternativa tra la rivoluzione mon– diale come conseguenza probabile della guerra « imperiali– sta» allora all'inizio, e il consolidamento del sistema del burocratismo totalitario, nel caso che l'ipotesi della rivolu– zione ·mondiale non si verificasse. In questo caso, egli affer– mava, si sarebbe costretti a riconoscere che la degenerazio– ne burocratica staliniana non è già una « ricaduta episodi– ca», un «termidoro», ma ha i suoi fondamenti, anzichè nel– lo stato arretrato della Russia e nel suo « entourage » im– perialista, nell'incapacità congenita del proletariato a diven– tare classe dirigente, e sarèbbe perciò necessario stabilire retrospettivamente che, nei suoi tratti essenziali, il regime sovietico odierno è il precursore di un nuovo regime di sfruttamento su scala internazionale, l'inizio di un nuovo periodo storico: quello della società decadente della burocra– zia totalitaria. A questo testamento politico del Trotzky si ispira appunto, se~ondo Martinet, la corrente trotzkista che fa capo allo Schachtman, la quale vede nel sistema attuale dell'U.R.S.S. il modello quasi completamente sviluppato e stabilizzato di un tipo di società che i marxisti non avevano preveduto: il « collettivismo burocratico», in ·cui l'uomo sfrutta l'uomo, ma questa volta attraverso la nazionalizza– zione dei mezzi di produzione e non più sulla base della proprietà privata. Capitalismo, fascismo, bolscevismo sareb– bero perciò, secondo queste corr_enti, sistemi iden~ici e rap– presenterebbero solo vari stadi della stessa evoluzione; evo– luzione che tende a manipolare la massa della popolazione da parte di governi dittatoriali in maniera più o meno au– toritaria onde dar~ sicurezza ai governi e alle categorie privilegi~te 1che li sostengono e permettere a questi governi di partecipare all'economia internazionale odierna, per pre– parare e fare la guerra e profittarne. Il capitalismo di stato democratico Questa visione dell'avvenire del regime capitalistico, di cui il regime totalitario staliniano, come potenziamento del (1) Si veda ora In proposito l'articolo di C. LEFOR<r: Krav– cenko et le probleme de l'U.R.S.S., In Les temps modernes, febbraio 1948. • ' .. (2) G. MARTINET: Le socialisme et les sociétés de transitzon. De Trots.ky a Burnham, in La Revue lnterna.tionale, n. 17 été 1947. Nel n. 19 del novembre-dicembre 1947 della stessa rivista P. M. Sweezy rileva le illusioni e l'arbitrarietà di questa tesi della « rivoluzione dei dirigenti». 81bl1oteca \..;JlnO ts1anco · neo imperialismo fascista, sarebbe il battistrada, è fondata su una semplicistica generalizzazione, che impone un singo– lo schema astratto a una realtà mdlteplice, considerando il capitalismo di Stato totalitario fase necessaria e generale dello sviluppo capitalista, che è anche la tesi di Molotov, ma· colla Russia concepita come l'antimperialismo. Ora lo Sweezy, nel capitolo del suo libro sul fascismo, e con lui Mamice Dobb, nell'ultimo capitolo dei suoi recenti « studi sullo sviluppo del capitalismo», che concorda largamente collo Sweezy nella diagnosi degli sviluppi dell'eéonomia mondiale monopolistica tra le due guerre (r), negano l'asse– rito emergere, come fenomeno universale, di una « classe di dirigenti» nell'attuale regime capitalista, in conseguenza del reale crescente divorzio tra proprietà e controllo, e l'av– vento con essa di un nuovo ordine sociale diverso da quel– lo capitalista e da quello socialista'>'e contestano la necessi– tà della fase fascista nella evoluzione del capitalismo. Il Prof. Dobb, illustratore filobolscevico dell'economia sovie– tica, a proposito del « capitalismo di Stato», di cui il fa– scismo è un tipo estremo, avverte che il concetto di capi– talismo di Stato include varie specie, molto diverse tra loro per contenuto e significato sociale, in relazione alla forma dello' Stato, alle condizioni di classe prevalenti e agli inte– ressi di classe che la politica dello Stato serve. Il sistema può prendere certamente, in determinate circostanze, una forma analoga a quella dell'economia fascista, cioè di irreg– gimentazione legalizzata del lavoro e di servitù dei produt– tori; ma, in un'economia capitalisticamente matura, nota il · Dobb, in ciò più ottimista dello Sweezy, il capitalismo di Stato può assumere la forma di uno Stato democratico con– trollato e organizzato democraticamente, che si vale dei suoi poteri per combattere le restrizioni monopolistiche e rego– lare la produzione e gli investimenti per il mantenimento dell'occupazione totale e nell'interesse generale. Questo ca– pitalismo di Stato democratico, fase transitoria tra capita– lismo e socialismo, è la forma che il Dobb ritiene l'approdo più probabile della politica economica del dopoguerra, alme– no nella maggior parte dei paesi dell'Europa occidentale, prospettando alla fine << la visione di un futuro ricco di promesse, una volta che le forze produttive siano tenute a freno dalla comunità e messe a servizio dell'uomo». Il nazionalismo sovietico E' questa· una visione in deciso contrasto con quella dei trotzkisti antistaliniani, ma che non contrasta meno col qua– dro che degli sviluppi dell'imperialismo capitalista presenta il bolscevismo staliniano, per coonestare la sua politica sul ·terreno del socialismo mondiale, e va riconnessa a quanto abbiamo osservato nell'articolo precedente sulle diverse vie del socialismo in Oriente e in Occidente. Ma per ciò che riguarda l'imperjalismo sovietico, la politica bolscevica ri– spetto al problema dell'imperialismo e della guerra è già stata oggetto di acuto esame nella « Critica Sociale» da parte· di V. Larock, nella sua penetrante diagnosi del « na– zionalismo » sovietico, che richiama le tesi formulate da parte su~.dal prof. Schumpeter in un capitolo aggiunto alla nuova edizione della sua opera sul capitalismo, il socialismo e la democrazia, da noi ripetutamente richiamata in prece– denti articoli: A queste tesi sull'imperialismo sovietico, consid.erato, ~ co– me caso particolare di una tendenza generale del capitali– smo o come continuazione e potenziamento del)a politica storica della vecchia Russia, si contrappongono però, come si è detto, quelle di coloro i quali negano che la politica bol– scevica sia da considerare una politica imperialista, ricono– scendo il carattere socialista del sistema sovietico, anche se con sue caratteristiche peculiari, in relazione allo sviluppo storico economico e spirituale del paese, diverso da quello dell'Europa occidentale, e perciò prodotto non esportabile. Ma di ciò in un ultimo articolo. FAUSTO PAGI,IARI (1) M. Doee: Studies in the development of capitalism. London, Routled·ge, 1947.

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