Critica Sociale - anno XL - n. 14 - 16 luglio 1948

324 CRITICA SOCIALE razione asserita da Stalin nel suo precedente colloquio con Stassèn, segnerebbero il ritorno del govern? sovietico àl vecchio programma della aperta lotta mondiale del comu– nismo contro l'imperialismo e al mito che l'Occidente è im– perialista, che il capitalismo conduce inevitabilmente alla guerra e che la sola esistenza delle nazioni capitaliste è di per se stessa una minaccia al sistema sovietico. Alla poli– tica «imperialista» degli Stati capitalisti, dei bambini cat– tivi, Molotov opponeva in qùel discorso la politica russa; quella del bambino buono, fondata sui principi direttamente antitetici a quelli dell'imperialismo: rispetto per la sovra– nità degli Stati grandi e piccoli e non intervento negli af– fari interni degli altri Stati, propri di una politiea che si attiene fermamente ai principi della democrazia, come tutti ormai sanno a cose viste, anche i più creduli. Peccato che le fortune dei bambini cattivi e dei bambini buoni non sia– no sempre quali dovrebbero essere secondo i racconti delle letture morali per i ·ragazzi, col trionfo immancabile ciel bimbo virtuoso e la rovina certa del n;ialvagio, come si im– para dagli « Sketchs » istruttivi di Mark Twain, umorista degli U.S.A. La Russia resterebbe così più che mai la ma~ drepatria, la cittadella del socialismo contro l'imperialismo, e l'esercito rosso l'armata sanculotta della rivoluzione mon– diale, colle « quinte colonne» come formazioni partigiane in camJlo nemico. L'alta parte assegnata nel nuovo piano quinquennale alla ricostruzione e al potenziamento delle in– dustrie di guerra, con sacrificio delle industrie di consumo, fa ancora del resto, come nel primo piano quinquennale, dell'~– conomia russa un'economia di guerra, per apprestare la di– fesa contro il rinato « accerchiamento capitalista», quello degli alleati di ieri nella guerra comune per la «libertà», Inghilterra e Stati Uniti, ora « a capo delle forze imperia– liste» nella politica internazionale. Imperialismo e nazionalisffl,O Che la Russia sovietica sia proprio l'antiimperialismo in– carnato e la fortezza del socialismo mondiale, come sosten– gono lo Sweezy e il Molotov e con loro i comunisti d'ogni paese, è una questione aperta nel· campo dei socialisti, tra coloro i quali considerano quella tesi un mito che maschera la realtà del «nazionalismo» sovietico e coloro che ne ri– ccnoscono, con maggiori o minori riserve e qualificazioni, in tutto o in parte,. la validità. Ed è questo il· problema che ci resta da esaminare. Veramente sarebbe pregiudizialmente da considerare la validità della diagnosi delle cause economiche dell'imperiali– smo data dal neo-marxismo e, secondari.amente, la questione dell'imperialismo in rapporto all'accennato problema del « socialismo in. un solo paese», come sarebbe il caso del- · l'U.R.S.S. e dei suoi paesi satelliti dell'Europa orientale, che costituiscono insieme alla Russia già un primo· di quei focolai sovietici mondiali preconizzati da Stalin. Nel su-i libro sulle cause economiche della guerra, il prof. Robbins (1) ha appunto sottoposto a critica la teoria marxi– sta dell'imperialismo, che ha trovato, egli dice, « la sua clas– sica definizione » nel libro di Lenin. Passando in rassegna le varie feorie contrastanti dei marxisti, per formulate una spiegazione delle cause· economiche della guerra che abbia più vasto ambito e sia anche meglio in corrispondenza coi fatti, egli contesta l'adeguatezza della teoria leninista non resistente alla prova dei fatti, in quanto, non gli interessi dei capitalisti come classe, ma bensì gli interessi di gruppi sezionali dànno origine alle pratiche del restrizionismo, e così sono indirettamente responsabili della guerra. Conces– sione di posizioni di privilegio monopolistico a gruppi, non meno che i .poteri incontrollabili di restrizione e di escht– sione di gruppi geografici, creano uno stato di cose in cui diviene probabile l'abuso di questi poteri, offrendo la mas– sima· opportunità per gli irrazionali impulsi, profondamente radicati nel nazionalismo, di trovarsi immischiati in politi– ch~ economiche che conducono, in ultima istanza, alla guer– ra. E' nell'esistenza del caos di sovranità nazionali indipen– denti, che il prof. Robbins vede la causa radicale, la condi- (1) L. RoBDINS: Le cause economiche della guerra - Torino, Einaudi, 1944. BibliotecaGino Bianco zione ultima dei conflitti internazionali e nell'organizzazio– ne politica anarchica del mondo, e non nel capitalismo, il male principale della nostra civiltà. Egli vede proprio nella subordinazione delle sovranità nazionali ad una sovranità supernazionale la soluzione del problema dell'imperialismo, che è pure la tesi prospettata recentemente dal Russell in un suo articolo apocalittico sul futuro dell'umanità, pub– blicato nel New Leader del 6 marzo, assai più catastrofica di quella affacciata da Benedetto Croce nel 1944, malgrado il suo robusto ottimismo di « uomo di lavoro » : la possibi– lità di dover prevedere nel dopoguerra « una sequela, a per– dita di vista, di scotimenti e rivolgimenti e rovine per ri– voluzioni e per guerre, che prenderanno un mez_zo secolo, se non più, e potranno anche non raggiungere qualcosa di positivo, ma condurre alla « finis Europae ». li socialismo in un solo paese Il prof. Robbins prospetta però anche il caso del « socia– lismo in un solo paese», a proposito dell'obbiezione dei so– cialisti che la stessa esistenza di interessi sezionati nel senso da lui espresso sia possibile solo sbtto il capitalismo e che, spazzata 'via la proéluzione per il profitto e nazionalizzati i mezzi di produzione, le disarmonie diagnosticate sotto il capitalismo scomparirebbero automaticamente. E' questa, egli osserva, una credenza generale dei socialisti, desiderosi di costruire ·istituzioni socialiste entro i quadri degli Stati so– vrani in cui accade loro di vivere, ai quali raramente, o mai, viene in mente di chiedersi se la realizzazione ·del sociali– smo entro le unità nazionali sia compatibile colla realizza– zione ultima del socialismo. ·«Proprietà e controllo dei mezzi di produzione da parte di differenti gruppi geografici, che sono gli attuali Stati sovrani, non è, evidentemente,· 1a stessa cosa della 'proprie– tà dei mezzi di produzione da parte dei cittadini del mondo; ed in effetti ci sono forti ragioni per credere che il collet– tivismo nazionale debba creare d~sarmonie internazionali più appariscenti e più pericolose di tutte quelle che sorgono sot• to il capitalismo ... Ci sono, inerenti ai principi fondamentali del collettivismo nazionale, certi assunti basilari che ren– dono quasi inevitabile il con'fiitto con altre unità nazionali ». Finchè persistano disuguaglianze di territorio e di abitanti e i paesi più ricchi, mantenendo la loro indipendenza nazio– nale, si rifiutino di condividere i loro più alti redditi coi popoli più poveri, anche il socialismo nazionale sarehbe un costruire sulla sabbia. L_a proprietà nazionale dei mezzi di J,lroduzione non può perciò condurre nè all'unione interna– zionale nè alla· pace intèrnazionale e non c'è quindi ragione di supporre che l'avvento del s0cialismo in tutti i singoli paesi diminuirebbe le cause economiche delle guerre .. li capitalismo di, stato :autoritario E' questo un punto da tener p~esente nel giudicare della politica della Russia nel campo del socialrsmo internaziona– le, anche da chi consideri il regime sovietico un sistema so– cialista attuale o potenziale e non condivida l'opinione <li coloro i quali giudicano il totalitarismo staliniarto un regi– me analogo al capitalismo riazionalista, come l'ha definito, fin dal 1923, Arturo Labriola, anche lui marxista di vec– chia data come il Graziadei, .ma che, in base alle stesse pre– messe degli sviluppi post-marxisti del capitalismo e parten– do dal sindacalismo rivoluzionario, ha percorso la strada op– posta. Ne! suo libro su fascismo e riformismo, a prnposito delle due soluzioni organiche del problema dello Stato na– zionale ed economico forte, egli aveva affermato clie « il regime tusso ha saputo molto bene affrontare le difficoltà sorgenti dalla situazione. Ccm la formula del comunismo es• so sta creando .una nuova e più violenta borghesia, che sa– rà capace di sfruttare le enormi risorse del paese, come non seppe fare la vecchia borghesia; e, con la. formula dell'in– ternazionalismo, esso pratica la più attiva forma di impe– rialismo che si conosca adesso. In sostanza, l'esperienza dimostra che il comunismo autoritario e dittatorio può be-

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