Critica Sociale - anno XL - n. 13 - 1 luglio 1948
CRITICA SOCIALE 295 dev'essere il più 1 possibile sollecitata dagli organi centrali, sarà la migliore riprova di quella che è ant1ca aspirazione di molti: e cioè che in un moder– no partito socialista .hanno modo di coesistere vi-• talmente modi di interpretazione e di opinione tra loro diversi, ed orientamenti che muovendo da ori– gini e da temperamenti differenti si conciliano nel– le finalità ultime e nella linea p~litica generale del partito. Eò è cosa au!>picabile cnt, queste differen– ziazioni, o addirittura divergenze, prendano le mos– se dal diverso schierarsi di fronte ad un. problema concreto, piuttosto che schematizzarsi (con l'ini– mancabile alone di 'diffidenze e di ostilità) attorno a preçostituite posizioni di « tendenza ». GIULIANO PISCHEL Note di politica estera e milita"re Tra le condizioni che Unità Socialista ha posto per la coHaborazione all'attuale Governo vi è quella riguardante una politica estera che non leghi l'Italia a nessuno dei due opJ/Òsti blocchi. Senza proclamarla, si tratta di una politica, rer quanto è possibile, di neutralità, che naturalmente non significa rinunzia (che sarebbe invero suicida) alla collabo– razione all'E.R.P. la cui utilizzazione a favore della classe lavoratrice costituisce anzi •una delle fondamentali condi– ziorµ_per la partecipazione socialista al Governo. Non vi è inv,ece cenno alcùno sulla politica militare, per la quale, nel programma del P.S.L.I., esiste espresso e specifico ri– chiamo alla vecchia concezione socialista, cara a J aurès, della Nazione armata; collegata anche formalmente, nella enunciazione ·programmatica, con le direttive di politica e– stera di cui sopra. Data questa situazione di fatto, una do– manda pregiudiziàle si impone, e cioè se in realtà sia pos– sibile una nostra azione politica internazionale di collabo– razione con le Nazioni occidentali, di amicizia con quelle orientali, senza nostri obblighi di vincolarci anche militar– m_ente ad una delle due grandi forze antagoniste: gli Stati Uniti d'America e la Russia. 'La risposta dovrebbe essere affermativa, perchè altrimen– ti non si comprenderebbe come mai una politica che si do– vesse ritenere utopistica potrebbe essere accettata come condizione sine qua 110n per la partecipazione al Go verno. Si tratta infatti di una politica tendente a saldare in uni.tà economica la part:e occidentale del continente europeo e, in– sième, l'Inghilterra, le cui sorti vanno sempre più diventando comuni con qu_elledell'Europa, tanto· che, in più di un set– tore, la sua polit\ca è diversa da quella americana. La possibilità di tale nostro atteggiamento nel campo ;n. ternazionale non ne esclude la difficoltà, che giustamente pochi mesi fa un eminente rappresentante della Democra– zia Cristiana, oggi al Governo, mi faceva rilevare definen– do una simile.___politica « politica di ricamo ». La situazione infatti va mutando, si può dire, di giorno irt giorno, e non sembra in meglio, almeno per ora. A parte la possibilità, maggiore o minore, di una disten– sione fra i principali antogonisti, Russia ed America, ~u– spicabile ma per ora purtroppo incerta, vi è la singolarità della posizione dell'Inghilterra, stretta fra due esigenze: quella europea e quella, non meno pressante, del suo Com– mon Wealth, e- cioè del suo Impero mondiale; della 'quale ultimo sintomo ammonitore e significativo .è il risultato delle elezioni sud-africane. Comunque, oggi la nostra poli– tica estera deve considerarsi volta a mantenerci estranei a– legami di carattere militare con l'una o l'altra delle oppo– ste parti; posizione analoga a quella della penisola scandi– nava che, come noi, confina direttamente con la parte orien– tale dell'Europa controllata dalla Russia e si estende in un mare interno di grand'e importanza strategica e commerciale~ Ciò premesso, ricordo che non è da oggi che io vado ri– vetendo quanto sanno, come e meglio di me, tutti coloro che. si occupano di studi politici e sociali, e cioè che non ibliotecaGino Bianco può ·esistere una politica estera senza una corrispondente po– litica militare, della quale, ripeto, non si 'è fatto cenno nelle condizioni poste per la partecipazione socialista al Governo e neppure nelle dichiarazioni del GoveFno, perchè il Presi– dente del Consiglio si è limitato al tradizionale omaggio, che egli ha definito giustamente idealistico, alle forze armate - dello Stato. L'omaggio è dovuto e sta bene; ma la politica è pratica, ·e ad un determinato atteggiamento nel campo internazionale non può bastare la proclamazione del valore morale che il popolo riconosce alle sue istituzioni militari, perchè sui tap– peti verdi delle conferenze internazionali i rapporti sono •li· interessi e di forze e, solo dopo di essi, possono aver valore .i sentimenti. Si tratta quindi di vedere se e quale politica 'militare si debba e si possa fare, perchè non si potrà di-~ chiarare, senza cadere nell'assurdo, che non se ne vuole fare nessuna. Qui comintiano le dolenti note. Anche i ragazzi delle · scuole sanno che il trattato _dipace ci impone limitazioni del– le forze terrestri dopo la mutilazione di quelle aeree e na– vali. Tutti sanno che vi è un esercito di forza ridotta che ha le precise caratteristiche del vecchio esercito permanen– te, con tutti gli inconvenienti e i difetti che ne derivano e con quasi neJ,suno dei vantaggi che tale esercito può dare ,quando si abbiano velleità offensive e la forza sia adeguata e pronta. Nel campo socialista il problema militare non ha mai a– vuto grande fortuna, perchè moltissimi sono ancora. schiavi del così detto antimilitarismo pacifista, che a~dava benissi– mo, quale aspirazione idealistica, quando le masse- lavoratri– ci neppure immaginavano di poter assumere la responsabi– lità del potere politico; ma che non ha più senso comune · per i socialisti al Governo. Mi sono se ntito dire da compagni del P. S. I. che essi non poteva.no interessarsi del problema militare, come, per es., fanno 1 comunisti. L'affermazione è ingenua, perchè si dimentica che quando Lenin e Trotzki si impadronirono del potere politico nella rivoluzione di ottobre del 1917, imme– diatamente compresero la necessità di avere una forza ar– mata e si misero all'opera coJ1 quella tenacia che tutti cono– scono e con i ·risultati che ormai nessuno può più ignorare. Perciò la distinzione iri -argomento non ha senso. Altri compagni mi hanno osservato che, in una auspica– bile federazione europea, indipendente sia dalla Russia sia dall'America, dovrebbe esservi un esercito internazionale al quale noi dovremmo necessariamente dare l'apporto della nostra aliquota. Questa osservazione è-assai più sensata del-· G. precedente, ma parte dal presupposto di una Federazione Europea già regolarmente costituita come comunità interna– zionale e unita quindi non solo economicamente ma anche politicamente; ciò che, pure essendo nel desiderio di tutti coloro che vogliono la pace nel mondo, non è per ora pros– simo a divenire realtà. Orbene, la politica è pratica quoti– diana e non può basarsi sulle aspirazioni e sulle possibilttà dell'.avvenire. A questi compagni rispondo senz'altro che quando la Federazione Europea, da tutti desiderata, ;arà · un realtà viva ed operante, aggiorneremo e, se del caso, mo– dificheremo anche il ·nostro programma relativo alla difesa; non più delle nostre frontiere ma, caso mai, di quelle della Federazione Eur·opea, di cui allora faremo parte. Ma oggi non possiamo inseguire le farfalle; dobbiamo deciderci a fa. re qualcosa che vada oltre il platonico omaggio alle forze armate e agli elogi giornalistici dell'impeccabile sfilata dei reparti nel giorno consacrato alla celebrazione dèlla Repub– blica. E allora due sono le vie. Si può cercare di ottenere uha revisione delle clausole del trattato di pace, ché ci permetta di potenziare l'attuale esercito permanente, riportandolo, con opportuni miglioramenti e ritocchi, a quello che era nell'an– teguerra. E' la soluzione che vorrei chiamare borghese, del « ritorno al bel tempo antico». Per conto mio non la con– divido, perchè è gravida di pericoli, in quanto· l'esercito permanente è strumento più adatt-o alla guerra offensiva che alla difensiva e, all'infuori di qualsivoglia velleità, che sa– rebbe assurda da parte nostra, può diventare, contro la no– stra volontà, strumento di terze potenze interessate, che a-
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