Critica Sociale - anno XL - n. 11 - 1 giiugno 1948
CRITICA SOCIALE 255 rarsi dalle illusioni e dalle velleità, di ori– gine più bakuniniana che blanquista, che la rivolu– zione. basta fermamente volerla e sostenerla con adeguate e risolute forze, per vederla trionfare e per inaugurare il suo rinnovatore e trasformatore dominio. Questo ,nucleo centrale del marxismo è dal Mon– dolfo individuato nella teoria del « rovesciamento della praxis », eretta a fulcro della dialettica sto– ricistica e del concreto rivoluzionarismo di Carlo Marx. E' singolare, a questo riguardo, che il Man– dolfo abbia in certo qual modo « anticipato » la sua interpretazione su certi scritti di Marx, a quel tem– po non soltanto ancora inediti, ma sconosciuti (so– prattutto il « Manoscritto filosofico-economico del 1844 » e la « Idenlogia tedesca »), i quali della esat– tezza della intuizione mondolfiana costituiscono la conferma. E' forse un peccato che in questa nuova edizione il Mondolfo nori abbia proceduto a questo riscontro, che sarebbe -stato oltremodo _interessante - per lo meno per chi crede che in questi scritti abbiano ad essere ricercati i· pilastri del « materia– lismo storico » - e ricco di ammaestramenti. Che cos'è questo « rovesciamento della praxis »? E' la consapevolezza che attori e fattori della sto– ria -:- ed anche l'economia è processo storico in atto - • sono pure sempre gli uomini,_ esseri co• scienti, volenti ed operanti, ma che nel volere e nell'operare condizionarno continuamente se stessi. · Pur nel loro desiderio di mutam~to e di 'trasfor– mazione, essi han sempre di fronte una realtà che nella. loro vita e realtà precedente hanno prodot_;n, in quanto stimolati dal bisogno e limitati dalle con– dizioni che l'attività précedente aveva costituito. Quell'assillo di azione trasformatrice e rivoluziona– ria, ch'è proprio del marxismo, ha di fronte a sè nella data situazione storico-sociale le sue condizioni ed i suoi limiti. E' quindi, per dirla con Marx, una concezione critico-pratica, la quale, perchè insegna a tener conto della situazione in cui si deve operare, .non cessa tuttavia d'imperniarsi sull'azione vivà, che è di ogni òra e di ogni minuto. « La praxis che si ro– vescia » - spiega il Mandolfo - « è un processo incessante di infinita conquista e mutazione: è– « l'uomo che continuamente (sec;ondo l'espressione di Antonio Labriola) sviluppa ossia produce se stes– so, come causa ed effetto, come autore e conseguen– za ad un tempo» delle condizioni- del suo vivere; e che in queste condizioni, create per soddisfare i bisogni preesistenti, determina il rampollar~ di e– sigenze ulteriori, che non possono trovare m esse appagamento, e per ciò contro esse lo volgono. Il superamento delle primitive condizioni naturali e quello., suécessivo e progressivo, di tutte le condi– zioni storiche che la società umana ha via via creato per poi mutarle, spezzandone, l'involucro quando da protettore si convertiva in soffocatore di un'espan– sione crescente (·= rivoluzione), è sempre e tutto in questo processo della prax:is che si rovescia, ossia che non è adattamento passivo all'ambiente, ma rea– zione e sforzo di superamento ». Da ciò consegue che « la trasformazione storica che si viene operando nel mondo sociale non è l'o– pera di un fiat o di un semplice atto insurrezio~a– le » e nemmeno di un sistematico impiego della vio– lenza per costruire un ambiente innovatore. Essa presuppone obbiettivamente lo svi~uppo delle _co_n– dizioni economiche ( « dove non s1 possa s?ciahz– zare che la miseria- il socialismo trova facilmente la propria negazione, anzichè la. propria att';lazio– ne ») e subbiettivamente la matunta delle coscienze, in quella classe lavoratrice ·che di questa trasfor– mazione deve essere la protagonista, assurgendo a rivendicatrice di quella umanità in lei oppressa e che mira a porsi come legge universale per la nuova società. Se quindi il .socialismo non può preten~er~ di diventare realtà di vita prima di essere re~lta d1 coscienza assurdo ed inane è pretendere d1 « fa_r viòlenza ~l tempo ed al ritmo dèllo sviluppo stori– co », ciò che potrebbe rovinar~ il nu?vo organ\smo in gestazione, con l_apre~esa d1 fa_vo~irne lo sy1lup– po per via della d1struz1one l?rehmmare dell orga– nismo in cui esso 1.1asce e vien formando le sue membra. BibliotecàGino Bianco « Il pericolo dal quale bisogna guardarsi » - am– monisce pertanto il Mondolfo - « è nella separa– zione dei 1ue termini che il ma rxismo solo congiun– ge: la volontà (azione politi.ca) , affermata indipen– dentemente dalle con dizioni (soprattutto economi– che) del suo operare, e lo svolgimento dei processi economici, supposti automatici, fatali ed inflessibi– li, dominatori degli uomini ». Ecco perchè, proprio per evitare di cadere nell'una o nell'altra di queste aberrazioni; il marxismo è e rimane, per un partito socialista, « la coscienza stessa delle condizio11i del– la propria azione storica ». Le conseguenze politiche che il Mandolfo trae da queste premesse dottrinarie per la critica dell'altro dopoguerra sono: l'avversione per l'azione volontari– stica astratta (senza cioè intendimento delle reali condizioni storiche) dei s~ndacalisti o dei rivoluzio– naris\i verbali; l'avversione per il massimalismo (« oggi molti cr:edono che pe1 ;endere possibile il compiersi di una rivoluzione basti la debolezza dei difensori del regime esistente e l'energia di uno sforzo assalitore dei suoi nemici»; mentre invece « il rivoluzionario vero si preoccupa soprattutto del domani», al di là della conquista del potere, come capacità di reggersi, di bene amministrare, di co– struire); l'avversione sistematica alla violenza, da qualunque parte venga, come sistema deformatore del processo storico e come metodo devastatore del– le coscienze. Ma .ancora più essenziale ci sembra, nel Monclolfo, il ripudio cli entrambi (perchè e1f– trambi travisano la concezione della praxis critico– pratica socialista) i poli in cui troppo spesso si è . dibattuto il socialismo: ossia il rivoluzionarismo eia un fato, il riformismo dall'altro. Sostanzialmente di– versi, è vero, ma anche dannatamente affini, in quanto « riformisti e rivoluzionari parimenti rin– novano l'utopia di Helvétius -di una legislazione co– struttrice di una società ideale: per l'iniziativa gra– duale di élites, secondo gli uni, per decreti di una dittatura rivoluzionaria, secondo gli altri. E per en– trambi la vol6ntà, creatrice attiva della storia nei legislatori e nei .dittatori, diventa così, per la im– mensa maggioranza degli uomini, passivo prodotto dell'ambiente creato da quelli ». Da una parte i rivoluzionari si chiusero « in un atteggiamento n_egativo di critica e di opposizione che metteva capo naturalmente ad una conclusione catastrofica: il famoso sasso nella macchina, che doveva far saltare in aria violentemente tutti gli in– granaggi: e, allora, sulle rovine della macchina bor– ghese, si sarebbe d'un tratto piantata, in pieno as– setto di funzionamento, la macchina proletaria: l'e– dificio nuovo sarebbe sorto da sè ». Ma d'altra parte i riformisti « all'azione positiva non chiamano, come gli altri a quella negativa, le masse; ritengono suf– ficiente e sola efficace l'opera delle élites, anzi delle maggioranze. parlamentari. Parlano di attrarre quan– te più forze è possibile intorno alle soluzioni confor- . mi agli interessi del proletariato: ma non sanno vedere forze fattive che nei legislatori, dei quali le masse appaiono semplici strumenti, perchè il lo– ro ufficio s-i riduce alla funzione elettorale». Verso ,entrambi questi atteggiamenti la posizione del Mon– dolfo è di condanna: « L'opera ricostruttrice non appare nè ·all'una nè all'altra faticosa e lenta con– quista e formazione progressiva delle masse. Da una , parte le masse hanno soltanto una preparazione ne– gativa per la funzione demolitrice ... Dall'altra l'élite entra in funzione sin da ora e dev~ creare grado. grado l'ambiente cui le masse non avranno che da adattarsi. In entrambe la società socialista non è creazione attiva e conquista progressiva: è un am– biente nuovo in cui le masse entrano, o futto d'un tratto o un po' alla volta, e nel quale passivamente -si adagiano. Ora questa sostituzione dell'ambiente alla prassi suppone e riflette l'illusione in un socia– lismo che si faccia da sè ». E' quindi ad una coscienza critica marxista e ad una azione socialista, a cui assurga la classe lavo– ratrice, che il Mondolfo fa continuamente ricorso. Più complesso e più eterogeneo· il materiale dell'o– pera di Gramsci. Quel che nelle « Letter_e dal Car: cere » era ansia di partecipazione alla vita ed a;l:h interessi degli « altri » - al di là e ad onta del dw•
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