Critica Sociale - anno XL - n. 11 - 1 giiugno 1948
CRITICA SOCIALE 249 ' Considerazioni sul regin1e democratico parlamentare (Continuazione dal n. precedente) Distinguere tra funzione di controllo politico e funzione legislativa del Parlamento non è facile. In teorfa forse solo attraverso il dipattito sulle mozioni di sfiducia, le interpel• lanze e le interrogazioni dovrebbe esplicarsi l'esercizio della funzione di controllo. Ma in pratica qualsiasi dibattito su u~ p~ogetto di legge (anche senza arrivare alle leggi sul b1lanc10 e a quelle di ratifica dei trattati) può implicare un a.tt~ ggiamento_ e una valutazione politica, e per ciò l'eser– c1z10della funzione di controllo. E' sempre insomma la con– siderazione politica che ispira i gruppi parlamentari in me– rito ad ogni decisione di un certo rilievo. Non è escluso con questo che il Parlamentò svolga anche una funzione di carattere tecnico, come elaboratore della legge. Ma questa funzione diviene sempre più secondaria, anche in relazione al fatto che una ·numerosa assemblea di uomini politici è assai poco adatta alla discussione di mi– nute questioni tecniche, che non possono interessare se non . una ristretta cerchia di competenti. E anche se lo 'fosse non pC'trehbe far fronte all'esigenza di approvare ogni ann~ mi- gliaia di «leggine'>. · E' cosi che negli ultimi lustri si sono rivelate due ten– denze, che entrambe portano alla riduzione .del Parlamento a organo di controllo politico. Da un lato si è visto espan– d~rsi a tal punto la prassi del decreto-legge è della legisla– ztone delegata (che originariamente costituivano forme stra– ordinarie di legislazione) da ridurre praticamente a nulla le funzioni del Parlamento, in quanto organo legiferante. Il Governo - e per esso la burocrazia ministeriale - ha as~unto così su di sè il compito tecnico di provvedere alla legislazione. Questa tendenza è per altro pericolosa non in qu~nto pregiudichi -.la cosiddetta divisione dei poteri (la qua– le, in pratica, non è mai esist~ta nello Stato parlamentare, ove il Governo ha sempre avuto la reale iniziativa nel cam– po della legislazione), ma per altre più sostanziali ragioni. Essa infatti da un lato finisce per affidare completamente la formulazione tecnica delle leggi alla irresponsabile e anonima burocrazia ministeriale, che, coperta alle spalle dal Governo, minaccia di diventare onnipossente a tutto danno dei rappresentanti del popolo, le cui competenze tecniche re– stano per contro inutilizzate. Dall'altro lato una tale pro– cedura priva le minoranze ciel diritto di" discutere preventi– vamente le proposte legis1ative, mettendole di fronte al fatto compiuto; di modo che anche il loro diritto all'esercizio del controllo politico implicitamente nè riesce in gran parte li– mitato. In contrapposizione a questa tendenza, per sua natura in– timamente antidemocratica, ·si afferma nella moderna prassi costituzionale un altro indirizzo schiettamente democratico, il quale pure tiene conto della necessità di assegnare alle As– semblee legislative la preminente funzione del controllo po– litico. Sulla base di questa nuova impostazione della vita e delle funzi0ni parlarrentari, dall' AsselT'hlea plenaria ven– gono a distinguersi nettamente le commissioni parlamen– tari. A questi ultimi organi - entro i quali i partiti po– litici, per ogni eventuale garanzia, sono rappresentanti pro– porzionalmente alla forza dei rispettivi gruppi parlamentari - viene affidato il compito eminentemente tecnico dell'esa– me delle proposte legislative ed eventualmente, come acca– drà rol nuovo regime costituzionale italiano, la stessa deli– berazione in ordine a tutte quelle leggi che non abbiano un particolare significato politico. Al 'Assemblea plenaria re– st?no così riservati i dibattiti riflettenti i problemi vivi dell:r nazione: tra i quali principalmente i dibattiti su quelle leggi di v 0 1C'Hsquisitamente politir0, in ordine a!lP nuali ciasrun partito deve assumere le proprie responsabilità di fronte al governo. A questo punto - una volta dimostrato cioè in quale ma– niera l'organo dirigente della vita politica in regime di de– mocrazia parlamentare sia il Governo, e come il Parlamen– to ne sia l'organo di controllo -· occorre rispondere ad una Biblioteca 'GinoBianco domanda che assai frequentemente ci si pone. Ha o non ha senso dedurre dalla illimitata facoltà di controllo del Par– lamento una supremazia in ultima analisi dello stesso sul Governo? Orbene, se il rapporto di fiducia tra il Governo e il Par– lamento deve essere tostante, nel senso che qualunque vota– zione contraria al Gabinetto porta automaticamente alle sue dimissioni, riesce privo di significato parlare di supremazia politica del Parlamento. Se infatti il Governo rimane in ca– rica solo in quanto il Parlamento approvi tutte le sue pro– posizioni, questo significa che la volontà dei due organi si identifica permanentemente. Ma, per parlare di suprema– zia di un organo su di un altro, occorre invece che si con– creti la possibilità di un contrasto di volontà, a seguito del quale la decisione dell'uno si impone all'altro organo. Direi anzi che quanto più si richiede che la volontà del Governo si identifichi con quella del Parlamento, e quanto più necessarie perciò si ritengono le dimissioni del Governo stesso in caso di discordanza, tanto meno si realizza la su– premazia parlamentare. Infatti, sotto la minaccia delle di• ---missioni che discendono automaticamente eia qualunque vo– to contrario, il Governo può, semmai, ricattare il Parlamen– to - non desideroso di provocare crisi - e fargli appro– vare delle proposizioni, sia pure politicamente non impor– tantissime, ·alle qua:li la maggioranza sarebbe stata contra– ria. E' chiaro dunque che, finchè il rapporto di fiducia è concepito in questa maniera, non già di supremazia del Par– lamento si può parlare ma, tutt'al più, di necessaria conver– genza dei due organi. La prassi costituzionale delle democrazie contemporanee tende per altro a spostare i termini di questo rapporto e d realizzare quella effettiva supremazia parlamentare che in 'passato non ·si è mai conosciuta. Oggi infatti il Governo non è più tenuto a. dimettersi a seguito di un qualsiasi voto contrario del Parlamento: solo una mozione di sfiducia -mo-. tivata, per la quale certe costituzioni, come qùella italiana, richiedono l'approvazione ·a maggioranza assoluta dei mem– bri, implica cli diritto le dimissioni ciel Gabinetto. Sta bene che il Governo, anche sconfitto sopra un ordinario progetto di legge, se è convinto che il voto esprime la effettiva op– posizione della maggioranza parlamentare, la quale a sua volta reclama le dimissioni, riterrà suo dovere dimettersi, sen– za attendere la motivata mozione di sfiducia. Ma se il Par– lamento non reclami queste dimissioni, perchè non inten– zionato di provocare una crisi che giudica pregiudiziale, po– trà aversi il caso di un Governo che rimane in carica per dare esecuzione a leggi contro le quali esso si era pronun– ciato. In questa circostanzà solamente ha modo cli manife– starsi una effettiva suprelT'azia parlamentare, che non va confusa, come pretendono certi scrittori francesi, con il go– verno di Assemblea, il quale 9i realizza solo nell'ipotetico caso in cui il Parlamento governi attraverso proprie com– missioni interne, con esclusione di un Gabinetto respÒnsa- bile. . La supremazia parlumentare si realizza dunque quando il Parlamento può eventualmente imporre una propria diversa volontà a quella del Governo, e non quando un qualunque voto di fortuna a Camera semicleserta (la classica buccia di limone) può provocare le dimissioni del Gabinetto. Que– sta non è supremazia, ma arbitrio ed anarchia parlamen– tare. E, al contrario del primo sistema, che garantisce sta– bilità al Governo, questo pregiudica permanentemente le pos– sibilità di vita di esso. li capo dello Stato. Si è visto che, se diretto è il rapporto tra corpo eletto– rale e Parlamento, immediato è il rapporto tra Parlamento e Governo. La volontà della maggioranza del corpo eletto– rale diviene volontà della maggioranza parlamentare, que– sta diviene a sua volta azione cli governo, senza che alcuna forza estranea, a norma della Costituzione, possa interfe– rire. Non può in particolare interferire in questo campo il Capo dello Stato (Re o Presidente della Repubblica). Nella democrazia parlamentare infatti il cosiddetto Capo dello Sta– to è, se non una figura decorativa, certo però un organo al
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