Critica Sociale - anno XL - n. 11 - 1 giiugno 1948

CRITICA SOCIALE 247 ·accordo, costruzione di strade interpode.rali consor– zii per _arginatur~ e irrigazioni, ecc., e che' finireb– be per imporre az troppo numerosi piccoli proprie– tari la necessità di darsi una struttura associativa facen_dola finita con il loro atomismo impotente. ' ,Voz. temete. che i Consigli di Fattoria-e i Consigli d1 azienda d1eno la prevalenza ai turbolenti e ai di– struttori. Può anche essere, ma non lo sarà se i so– cialisti adempiono al loro dovere educativo, facen– do leva sulle qualità migliori dei lavoratori della te_rrq.e non sui loro formidabili egoismi e sulla loro <!,1ff1deTfZa ~reata d_a una tradizione di truffe e di inganni maz smentita. JYell'ltalia ,Centrale la vita economica è agricola, e I lavoratori della terra sono mezzadri. I socialisti, che non vogliono fare dell'elettoralismo scemo, deb– bono immergersi nella realtà concreta, capire la men– talità dei contadini, aiutarli ad uscire dall'isolamen– to cui li condanna il loro modo materiale di esi– stenza, per farne uomini sociali e civili. Si tratta di milioni di iavoratori, che, se non avvenga un capo– volgimento politico, continueranno per un pezzo a vivere in condizioni di inferiorità morale, con l'in– cubo della disdetta, e in condizioni di miseria, mal– grado i biglietti da mille allogati nei Buoni postaU fruttiferi, nei libretti della Cassa di Risparmio e... nelle casse di quelle loro povere case senza latrina e senza luce elettrica. Se questi milioni di lavora– tori, che dovrebbero essere socialisti, aspirano ai Consigli di Fattoria e ai Consigli di. azienda, non vi è frontismo che possa consigliare ad avversarli. Mi pare di gran lunga preferibile assegnare loro com– piti concreti per farne strumenti di sodalità e, quin– di, di socialismo. Cordialmente. GIULIO PIERANGELI- La . . concezione marxista del ceto medio Pubblichiamo volentieri questo contributo del– Reventlow al problema dei ceti medi, sul quale ab– biamo richiamato più di una volta l'attenzione. Cir– ca la lesi del nostro collaboratore, convalidante quella marxista di una proletarizzazione dei ceti ·medi, dobbiamo tuttavia richiamarci alle riserve che già faceva il Pischel nella serie dei suoi articoli. In primo luogo egli richiamava proprio l'argomento psicologico che un immiserimento dei ceti medi, dovuto a cause permanenti o a circostanze contin– genti (svalutazione monetaria, congiuntura, ecc.), non significa ancora di per sè eliminazione di un comportamento « cetomedista » e formazione di una coscienza proletaria. In secondo luogo, egli dava alto della fluidità, instabilità ed insicurezza dei sin– goli settori dei ceti medi, spesso travolti dalla coµ– correnza della grande i.11àustria di massa o soffo-_ cali dalla preponderanza finanziaria dell'alto capi– talismo, -come appunto qui il Reventlow documenta, , ma si limitava a negare che questi fenomeni di cor– rosione, parziali ed occasionali, assumessero la por– tata genà<ile di una eliminazione dei ceti medi, do– vendosi tener conto anche delle trasformazioni di attività o delle nuove iniziative con cui tendono a salvarsi questi settori, più esposti alla pressione ca– pitalistica. LA C. S. L'eccellente analisi . del compagno Pischel sul problema dei ceti medi nell'attuale politica italiana (1) m'incita a una risposta. Non voglio certamente mettere in dubbio la validità di certe sue deduzioni · relative al problema che debbono affrontare i so– cialisti italiani in materia. Ma se ci spostiamo un momento dal cerchio, sempre stretto, della vita po- (1) cfr. « Critica Sociale» nn.: 21 (1 nov. 1947); 22 (16 nov. 1947); 23 (1 dic. 1947). s Biblioteca Gino B~anco litica d'un solo paese in un momento determinato (che per l'ItaJìa di oggi si può definire di « sosta» dello sviluppo dell'economia capitalistica), mi- pare che sia lecito dubitare che Marx si fÒsse sbagliato quanto alla crescente proletarizzazione dei ceti medi nella vita sociale ed economica del capitalismo mo– derno. Ammetto volontieri che molte «previsioni» di Marx e di Engels non si possono prendere alla Jet. tera, trattandosi di affermazioni frequentemente ac– centuate per impressionare l'uditore o il lettore, in– credulo ed imbevuto di concezioni contrarie. Nè si può negare che dette previsioni appaiono superate alla luce d~ll'esperienza fatta dopo di allora. E cre– do che non vi sia pericolo più grande per il mar– xismo che. quello di dogmatizzare i testi originali, perdendo di vista che il campo visuale dei maestri fondatori della dottrina fu assai più ristretto che il nostro. · Ciò premesso, mi pare però che la tesi sulla pro– letarizzazione dei ceti medi non sia sbagliata, ben– chè il ritmo dello sviluppo sociale non sia quello previsto da Marx. Per elaborare una concezione chiara su questo tema, dobbiamo innanzitutto fare una distinzione che mi pare insufficientemente ac– cennata nell'articolo di Pischel: cioè la distinzione tra il ceto medio come realtà economica e sociale e il ceto medio, per così dire, come coscienza. V'è una moltitudine di gente istruita che guadagna la sua vita nell'impiego, come funzionario, come ragio– niere, come commesso viaggiatore, e che possiede la solida coscienza di « essere qua'icosa di più» dell'operaio. Per coscienza sociale, tutta questa gen– te, compresi i tecnici industriali._ o agronomi, ap– partiene quindi al « ceto medio » e costituisce per– ciò per il movimento socialista il « problema del ceto medio ». Ma ciò nonostante non si tratta del ceto medio in senso marxista, cioè di chi guadagna la sua vita con l'aggiunta alle sue capacità persopali di qualche « capitale », attrezzi artigianali, beni commerciali più o meno modesti, o terreni da coltivare. Non dubito che in certe categorie è risorto un ceto medio nuo– vo: quello degli esercenti autorimes-se, dei meccani– ci che lavorano per conto proprio, degli elettricisti, degli autisti che conducono per conto loro un taxi, ecc. In questo terreno il progresso tecnico (che è sempre il progresso tecnico capitalista, checchè dica la nuova storiografia che attribuisce l'invenzione delfa f.S.F. e la scoperta del bacillo di Rock a ce– lebri sconosciuti déll'impero russo) ha suscitato una possibilità di ~sistenza per un nuovo tipo di « ceto medio». · La questione è quindi di sapere se per questo me– dio ceto nuovo, e per quello che resta dell'antico, si è arrestata la tendenza alla proletarizzazione (non di coscienza, ma di condizione economica e soda– le) constatata da Marx tanto tempo fa. Per conto mio. io rispondo: no. Credo invece che la guerra e le condizioni economiche assai provvisorie che le susseguono abbiano creato una certa confusione nello sviluppo complessiyo dell'economia moderna. arrestando le tendenze di evoluzione tecnica, eco– nomica e sociale cominciata dopo la guerra del '14- '18 con la famosa « razionalizzazione » tecnica, cioè a mezzo di r.uovi sistemi• di produzione industriale che permettono un aumento, sovente fantastico, del– la produzione, con relativa riduzione di braccia, e rendono possibile una produzione in serie che spo– sta moltiss1,ne piccole industrie o produzioni arti– gianali. Cito un esempio del quale mi ricordo da quel tempo e che fu citato dal compianto compagno Czech, allora ministro dell'assistenza sociale di Ce– coslovacchia: negli Stati Uniti due o tre fabbriche s0no snfficienlemcnle attrezzate per produrre, mol– to economicamente, tutte -le porte di legno ·che co– stitniscono il fabbisogno annuale del Paese. E' chia– ro che codeste fabbriche hanno reso impossibile la vita a numerosi piccoli industriali. Un altro esem– pio più vicino a noi è il famoso calzaturificio .del ceco Bat'a a Zlin, che ha provocato una vera nvo– luzione dell'industria, facendo sparire non poche aziende che non arrivavano più a fare la concorren--

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