Critica Sociale - anno XL - n. 11 - 1 giiugno 1948

246 CkJTICA SOCIALE I Consigli di azienda· dei mezzadri Con questo titolo il nostro amico e c_oll~borator~ Pierangeli ci manda la lettera che pubbhcluamo qui sotto, in risposta ad uirn nota eh!=!noi avevam~ ap– posta ad un suo articolo pubb!Jcato nel fascicolo del 1° maggio. La nostra noi.a mirava ad ottenere che il nostro collaboratore ci specificasse quello che egli intendev~ sotto il no~e di Cons~gli di Cascina, che, inventati, se non andiamo errati, da quel cam– pione di demagogia che è Guido Miglioli e adottati dal partito comunista e, quindi, dal Fronte, ci sem– bravano e ci sembrano un semplice strumento di poli– tica agitatoria, senza nessun sostanziale contenuto, specialmente se si tien conto dell'attuale politica che i comunisti perseguono in materia agrario-fon– diaria, per accrescere il numero dei loro proseliti, promettendo ai mezzadri l'assegnazione in proprie– tà delle terre che essi coltivano. A parte il fatto che la costituzione di queste piccole proprietà, in mano di gente che non avrebbe in molti casi suffi– ciente disponibilità di capitale e che, anche aven– dola, di rado sarebbe disposta e idonea a servirsene per accrescere la produttività della terra coltivata, è ovvia la domanda che cosa possa rappresentare in un programma di riforma fondiaria di questo ge– nere la istituzione di Consigli di Cascina o di Fat– toria o di Azienda. Ma anche se non si persegua il demagogico dise– gno di costituzione di una così piccola proprietà in mano dei coltivatori, e si supponga, come suppone il nostro -collaboratore, la permanenza· della mezza– dria; non riusciamo bene ad intendere come possa– no funzionare, ~ con quali intenti, i detti Consigli. Non basta, a darcene una qualsiasi spiegazipne, il richiamo ai Consigli di Fabbrica del 1921 e, po– tremmo aggiungere, agli odierni Consigli di Gestio– ne. Non ci fermiamo a discutere sul fatto che i Con- · sigli di Fabbrica, escogitati nel 1921 - se non er– riamo - dal gruppo dell'Ordine Nuovo di Torino, non hanno avuto modo di dare nessuna prova del loro funzionamento; non ci fermiamo neppure a no– tare che anche gli odierni Consigli di Gestione sono· ben lontani da quella composizione e da quel modo di funzionamento che sarebbero necessari perchè rispondessero al compito che si dice di voler .as– segnar loro e nella cui opportunità noi pure con– sentiamo toto corde. Ma è chiaro che, se si può con– cepire l'esistenza di siffatti Consigli in una fabbri– ca in cui lavorano decine o centinaia o migliaia di operai, tutti in condizioni di dipendenza da un ca– pitalista (individuo o società) e con strumenti di lavoro di proprietà di detto capita,lista, per la pro– duzione di merci che divengono anche esse proprie– tà del capitalista, mentre i dipendenti ricevono a retribuzione del proprio lavoro un salario o stipen– dio, e dall'assieme di queste condizioni comuni essi sono legati da una solidarietà, anzi comunanza, ·di in teressi, per cui cia'scuno di essi che entri a far parte di un Consiglio,rappresenta gli interessi so– lidali di una intera categoria; ,spesso anzi di tutta la maestranza, e, al tempo stesso, può erigersi an– che a rappresentante di più larghi interessi sociali contro i criteri e~<;>ist!cida. cui può essere ispirata la condotta del cap1tahsta; viceversa questo non può neppure lontanamente concepirsi per le aziende a– ~r1cole_come_ sono oggi costituite, specialmente poi m regime d1 mezzadria. Qui il coltivatore non ri– ceve un salario fisso, ma una quota parte del prÒ– d?tto e, p_er qua~to riguarda il genere e il sistema d1 pro,~uz1011eegh non ha, salvo rare eccezioni, nes– suna differenza sostanziale di interessi di fronte al proprietario, p~r ct~i possa erigersi ad esponente di ~!cuna ~ateg_or~a d~ lavoratori e tanto meno dègli mte:res~i _sociali _dei consumatori. Di· fronte a questi an~1 gh rnteressi sono. spesso in antitesi anche più stnde~te e;he non quelli d~I pro)etariato. Non parlia– mo,.p01 dei rapporti fra lm e gli altri mezzadri della stessa azienda o fattoria. Se un mezzadro, scelto fra i s~10i.compagni _dipende~ti da uno stesso proprie– tario, intendesse rnterven1re nel genere e sistema di coltura da praticare nel terreno coltivato da un suo Bibli.otecaGino Bianco collega, sarebbe questo, anche prima del proprieta– rio, pronto a respingere qualsiasi ingerenza, la quale potrebbe del resto essere talora ispirata da un con– trastante interesse particolare ed essere quindi an– titetica all'ispirazione che dovrebbe avere l'azione - degli accennati consigli. Dei quali noi potremmo concepire l'esistenza solo quando i diversi coltivatori di una stessa azienda si fossero uniti con vincolo cooperativo, sotto una di– re.zione tecnica, che ripartisca le colture tra i vari terreni da loro coltivati secondo la natura e la ca– pacità: produttiva di ciascuno di essi, e si crercosì u_na solidarietà di interessi tra i. sistemi di produ– z10ne. Sulla base di questi vincoli cooperativi noi potremmo prospettarci anche una razionale solu– zio,ne del problema del latifondo, che non sia più un semplice argoJ11ento di agitazione, ma un pro– gramma concreto che possa tradursi in realtà. Ma prima bisogna creare questi organismi cooperativi e i conséguenti vincoli di solidarietà e bisogna ces– sar di far opera di accaparramento dei voti e del~ . l'appoggio dei contadini, vellicando il loro istinto di aspiranti proprietari e facendo loro promesse, come quelle fatte. specialmente durante la campagna elettorale, che non si ha nessuna possibilità nè in– tem;ione di mantenere. Ma per quanto riguarda il dòvere dei socialisti di elevare le condizioni di vita e il ,livello di sensibi– lità morale e di socialità dei contadini siamo per– fettamente d'accordo. LA CRITICA SQCIALE Cal'o MondoÌ{o, Non capisco il tuo horresco pe1" i Consigli di Ca– scina, di Fattoria, di Azienda. Sono, in embl'ione per l'agricoltura, quello che furono, per l'industria: i Consigli di Fabbrica degli operai torinesi del 1921: il {alto che li patrocini la Federterra comunista e che con la C,oslituente del7a Terra il Fronte abbia ce!'cato di farne uno strumento elettorale non to– glie che questi Consigli esprimano - più o meno adeguatamente - la necessità inderogabile di una pm·tecipazione ·attiva dei lavoratori della terra alla C(!nduzione delle aziende agricole perchè si svilup– pino. Il socialismo si fa solo con questa partecipazione. Oggi i lavoralol'i potranno· essere immaturi e inca– paci; ma dovranno divenire maturi e capaci, e lo diverranno solo dttl'averso tentativi ed esperienze, che li abituino a rendersi conto delle difficoltà di gestione, delle necessità di investimenti di capitali in fabbl'icati; in macchine, in bonifiche, 0 della esi– stenza di limiti economici a innovazioni suggerite dai teorici e dai tecnici visionarii. · ' In specie, mi va a genio, pÙ il mio realismo, il Consiglio di Azienda. La pecca fondamentale della mezzadl'ia, che vige nell'Italia Centrale, è data dall'isolamenlq in cui vi– vono le famigli1f' colonic'he'; ogni famiglia vive per suo conto in un egoismo chiuso, perchè cosi voglio– no le sue mate,riali condizioni di esistenza, mentre l'operaio vive socialmente nella fabbrica. E' un mar– c~io di inferiol'ilà. Quando più famiglie coloniche dipendono da una stessa Azienda Agraria si ha la · Fattoria, e quindi è naturale che queste diverse fa– miglie, che •si trovano di fronte a uno stesso indiriz– zo amministrativo e tecnico, affidino ai loro miglio– ri il compito di tenere i contatti con il proprietario e con il suo fac totum,. detto fattore, per ottenere piantagioni, impianti di irrigazione, condutture elet– triche, concimazioni più abbondanti, contabilità più regolare, ecc. Si ha così il Consiglio di Fattoria. . . Le Fattori~ però sono. poche, perchè la proprietà e molto {l'azionata: e bisogna pui' ll'ovaM- un sosti- . lu·livo ai Consigli di Fattoria. E' sorta così l'idea del Consiglio _di Azienda. Co·ntadini di poderi vicini, ap- . p~I'lenenli • a pr'?prielarii diversi, inceppali ognuno singolarmente d1 fronte al loro proprietario e dispo– s(i a subire l'arbitrio piuttosto che apparirgli ribelli, sz mettono d'accordo e dànno mandato ai loro mi– gliori di, i:appr~sentarli per· esigere quelle stesse co– se che I colonz di una Fattoria richiedono al loro P!'oprietari<:, che ha la fortuna di aver molli pode– ri. Q'!e~lo e. - '? dovrebbe essel'e - il compilo del Cons1gl1? di A:zenda, che potrebbe suggerire per– mute, s1stemaz1oni di lel'reni impossibili senza un

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