Critica Sociale - anno XL - n. 10 - 16 maggio 1948
220 CRITICA SOCIALE ti dalla passata politica commerciale dei singoli Stati agli ef– fetti dell'instaurazione di un'unione doganale su vasta scala. In genere tutte le commissioni della S.d.N. che si occuparo– no degli ;cambi internazionali si trovarono d'accordo nel ri– tenere che convenzioni tariffarie multilaterali fossero di dif– ficile realizzazione e consigliarono accordi estesi a gruppi di paesi. La sottocommissione di studio ver l'Unione Eurovea, nel r93r, raccomandava appunto accordi limitati, che doveva.no adempiere alle seguenti condizioni : « A) interessare un in– sieme di paesi tale che conferisca a tali ravvicinamenti un carattere di interesse generale e costituisca un elemento di progresso sul piano europeo; b) non nuoccia agli interessi di terzi paesi, ma !l contrario tenda a facilitare gli scambi economici con essi; e) estenda il p~ù possibile la circola– zione degli uomini, dellè merci e dei cavitali, come vure tutte · le forme di attività economica, per modo che si stabilisca un giusto equilibrio fra sacrifici e vantaggi; d) se essi danno luogo a trattati e accordi.al di fuori dei trattati di commer– cio abituali: 1) che siano aperti all'adesione di tutti gli Stati disposti ad uniformarsi agli obblighi che questi trattati e ac– cordi comportano; 2) che essi prevedano la concessione di vantaggi accordati a paesi non firmatari, accordando vantag– gi equivalenti, sia contrattualmente, sia, attraverso la loro politica- autonoma» (2). Il fatto che la sottocommissione economica della Commis– sione di studio per l'Unione Eurovea ldi una commissione cioè che si proponeva il fine ultimo al quale si può tendere at– traverso lo strumento dell'unione economica), vonesse tali con– dizioni per il raggiungimento di accordi regionali, dimostra come iiel 1931, quando le condizioni erano ben diverse dalle attuali, una possibilità di una unione doganale europea era scartata come irrealizzabile. Da allora ad oggi si può dire che non ci sia un solo fatto della politica economica interna ed internazionale, che non ci abbia allontanato ulteriormente dalle condizioni minime necessarie per giungere ad una uni- · ficazione tariffa ria. Organizzazione della prodttzione. Da quanto siamo venuti dicendo ci sembra di poter conclu– dere che l'istaurazione di un'unione doganale fra i paesi eu– ropei potrà, ·se mai, rappresentare il punto di arrivo di una lunga e paziente opera, ma non può assolutamente rappre– sentare il punto di partenza per un riassestamento dell'econo– mie, ed i singoli paesi saranno messi in condizioni di avviarsi duttori e consumatori potrà essere ripristinata soltanto quan– do saranno superate, le attuali difficoltà delle singole econo– mie ed i singoli paesi saranno messi in condizioni di avviarsi verso il pareggio delle rispettive bilance dei pagamenti. Per arrivare a ciò è necessario in primo luogo riattivare la pro– duzione, ricreare le scorte, ridare stabilità alla moneta, ri– proporre il problema delle parità economiche su basi solide entro limiti cli variabilità che non mettano in forse ogni giorno la possi~ilità degli scambi. Soltanto quando l'economia mondiale ed europea avrà risolto questi problemi, sarà possi– bile trovare il comune denominatore economico che permetta l'inizio opera.nte di una unione doganale la quale rivorti gli· scambi e- l'apparato circolatorio alla loro normalità. Nell'attuale· 1nomento il problema fondamentale da affron– tare è invece quello di raggiungere, preliminarmente, una si– tuazione che, prescindendo dagli elementi costitutivi delle- sin– gole bilance dei pagamenti, rimetta in moto la circolazione internazionale dei beni, per modo che in nessun paese ci siano merci e risorse « dormienti », quando tali merci e tali risor– se scarseggiano in un altro paese. Si tratta, in altri termini; di arrivare ad. una tregua .economica fra le nazioni in mo– llo da costituire uno spazio nel quale le singole economie 5i . integrino- attraverso vasi c6municanti, ma ver ora controllati entro certi limiti. Se con il tempo si vuole arrivare ad una sistemazione definitiva degli scambi interna~ionali fra i pae– si interessati e raggiungere quell'unione doganale che oggi non può apparire che )lll'as~irazione, è necessario che tutti (2) Commission d'étude pour l'Union Européenne, 1931, 4.eme session, doc. de la S. d. Nn. C. 681, M. 287, 1931.VII, ann. 2 pag. 42. Biblioteca·Gino BiarJCO gli sforzi siano rivolti a rimuovere quelle cause che oggi ostacoh ..no la risoluzione del nostro problema. Entril.mo quindi subito nel campo delle misure necessarie per impedire che lo sviluppo dei rapporti economici aggravi l'attuale situazione e ci allontani sempre di più dalle possibi– lità di un'unione doganale. Dal momento nel quale un gruppo di paesi dovesse prendere la decisione pi unire i propri sforzi per rimuovere tutti i presenti ostacoli alla libera circola– zione dei beni entro un detèrminato spazio, la loro politica economica interna ed internazionale dovrebbe mutare sostan– zialmente, anche se, in primo momento, non nel contenuto ma certamente nello spirito dei provvedimenti. E' chiaro, in primo luogo, che uno degli ostacoli maggiori che si frappongono alla realizzazione di una nuova base de– gli scambi è rappresentato da un lato dai privilegi degli ope– ratori sul mercato, cjerivanti da· un sistema vincolistico, dal– l'altro lato dai privilegi dei produttori che sono indotti a ri– volgere i propri investimenti in funzione delle difficoltà dei traffici. La prima misura da concertare fra i paesi che asso– ciano i propri sforzi per il raggiungimento di un'unione do– ganale è appunto quella di impedire che ai privilegi del genere se ne aggiungano dei sempre nuovi in modo che aumenti il numer9 delle persone- che da un cambiamento della politica ' riporti un danno. Oltre a ques'te misure tendenti ad impedire che si costi– tuiscano nuovi privilegi e nuovi interessi contrastanti con un riassetto definitivo degli. scambi. sulla base di una politica unionista, c'è tutta una serie di provvedimenti di carattere costruttivo sul viano della cooperazione economica degli Stati interessati. Nel quadro di questa politica si pone anzitutto la nece~sità di ricreare la base comune dei costi di produ– ,zione per i prodotti fondamentali dei diversi paesi. Fino a quando il costo di produzione, ad esempio, del ferro e del– l'acciaio sarà fra Italia, Francia e Belgio nel rapporto di r a 2 o di 1 a 3, per ipotesi, non esisterà nessuna po~sibilità di un accordo per. l'unione doganale fra i tre paesi. Bisogne– rà quindi preliminarmente portare i costi di vroduzione ad un livello con scarti minimi dai costi medi. Il sistema da usare per riportare lentamente ques.t:_i costi a livelli pressochè ugua– li è quello di addivenire ad accordi particolari per settore economico, in modo da portare la cooperazione economica nella fase riorganizzativa. dell'apparato economico. Questi ac– cordi bilaterali e, quando possibile, plurilaterali, dovrebbero rappresentare inizialmente la.,.ehiave di volta per l'avviamen– to di tutti gli apparati economici a quello standard necessario ·perchè in un secondo tempo si possano realizzare accordi estesi all'economia di tutti gli spazi economici interessati. Dunque la base, di' partenza per una cooperazione economica dovrebbe riguardare piìi che gli scambi commerciali in ~è presi, la stessa organizil!lzione della produzione, sia sul piano economico, sia sul piano tecnico. E' evidente però che tali accordi dovrebbero essere accom– pagnati da accord1 relativi alle singole bilan~e dei pagamenti, in modo da dare la possibilità ai paesi interessati di conver– tire e ricostr'i,ire col tempo la propria attrezzatura produt– tiva. Diremo qui, per inciso, che, secondo il nostro avviso, la funzione del piano Marshall doveva investire proprio que– sto aspetto della pianificazione economica europea. In altri termini, attraverso il piano Marshall si doveva cercare di ga– rantire, per un certo periodo di tempo, la spesa di ricostru– zione e di riconversione dell'economia europea, sganciando in una certa' misura le possibilità di acquisto di determinati paesi dalle ristrettezze di una bilancia dei pagamenti defici– taria. Il sistema da seguire in tale materia non poteva che essere il seguente: garantire il saldo del deficit della bilan– cia dei pagamenti a quei paesi che clurante il periodo della pianificazione non riuscissero a covrire le necessità delle pro– prie importazioni, consentendo d'altra oarte ai oaesi credi– t9ri di attingere al fondo di garanzia -comune ~ella misura delle loro necessità: di valuta per finanziare le importazioni dei paesi non aderenti al pjano. Con tale misura gli. scambi sarebbero facilitati e -<:on ogni probabilità comporterebbero un movimento di capitali e di valute pregiate minore di quan– to il piano richiederebbe s• gli scambi dovessero continuare con i sistemi attuali.
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