Critica Sociale - anno XL - n. 10 - 16 maggio 1948

CRITICA SOCIALE 219 periodo prebellico non è stato che una preparazi@ne alla tra– sformazione innaturale delle strutture economiche dei sin– goli paesi. Si può dire, senza. pericolo ·di esagerazione, che dal 1931 tutta l'economia europea ha vissuto in condizioni di emergenza e che tutti gli scambi son~ stati. subordinati alla necessità di una strenna difesa di condizioni particolaristiche della produzione. Questa Ìunga tension~ degli apparati econo– mici ha portato ovunque ad uno stato completamente innatu– rale della produzione e dei traffici ed ha creato situazioni nelle quali ad qgni deficienza dell'apparato economico si prov– vedeva con gli strumenti tariffari e con espedienti destinati, a lungo andare, a determinare un peggioramento nelle condi– zioni generali. Infatti la politica commerciale del decennio vrebellico si imperniava sul controllo dei cambi e sui con- · tingenti di importazione. Le cause di queste misure possono ricondursi alla depressione generale dell'economia mondiale, all'abbandono della parità aurea ed alla fine della restrizio– ne della politica internazionale del credito. Se si ha rignard9 ai singoli motivi, e cioè al tentativo di ridurre la disoccupa– zione, di impedire l'inflazione attraverso. una pressione sui µrezzi ed una politica di parità economiche artificiose, di perseguire una pianificazione interna con fin.alità autarchi– che, ·ecc., appare chiaro· cq.me , in ultima analisi, le due misure in questione si siano ampiamente ripercosse nel determinare: a) l'orientamento dell'attività economica dei- singoli paesi verso settori •produttivi non naturali, e cioè con costi.di pro– duzione più elevati dei costi medi sul mercato internazionale; b) l'inveccµiamento degli apparati produttivi, non so– stituiti· dai ritrovati della tecnica moderna, perchè direttamen– te protetti contro la concorrenza estera; e) la- costituzior\e di interessi e privilegi di alcune cate– gorie produttive rispetto ad altre; II) la tendenza all'elimina-zione del rischio degli operatori che, comunque, riuscivano ad accaparrarsi dei profitti attra– verso espedienti monetari più che sulla base delle normali operazioni commerciati, determinandosi spesso, attraverso il controllo dd cambi, un sistema di -veri e propri premi agli esportatori ; e) il trasferimento degli investimenti dal loro terreno naturale al terreno più redditizfo, in base a congiunture non dipendenti da fattori economiéi, ma legate a particolari situa– ziopi politiche; · f) l'orientamento, nella stessa agricoltura, verso colture protette piuttosto che verso colture economicamente e tecni– camente adatte. A queste ripercussioni principali se ne potrebbero aggiun– gere numerose altre, di carattere secon.dario, ma spesso ~1- trettanto importanti, per i singoli paesi. Se si tiene conto che tutte queste ripercussioni non hanno · agito _nei vari paesi nello stesso senso, ma in modo del tutto •particolare, tanto che sono venuti a costituirsi interessi disco.r– danti e basati su circostanze artificiose anzichè su situazioni obbiettive, appare chiaro che si è determinato un generale al– lontanamento da quella divisione internazionale· del lavoro che è la ragione fondamentale dello sviluppo dei traffici e della cooperazione economica mondiale. In altri termini, il decennio precedente alla guerra, ed il periodo bellico in mag– gior misura, hanno sovvertito tutta !:impalcatura dell'eco-_ nomia mondiale ed hanno distrutto· le condizioni stesse della libera circolazione dei beni, che quasi 1111 secolo di liberismo e di semi-liberismo degli scambi internazionali aveva tentato di determinare al fine di creare una unità del mercato mon– diale. Le considerazioni precedenti dimostrano a sufficienza che negli ultimi anni ci si è se!"pre più allontanati dalle con_dizio– ni di normalità di funzionamento dell'apparato economico; e non è il caso di entrare nei particolari di questo o quel paese, di questo o quel settore produttivo, poichè ormai tale fatto non ha bisogno di dimostrazioni. Ad aggravare però la situazione è intervenuta, nel d~po– g~erra, una generalizzazione delle economie di « penuna », per cui ciò che nell'anteguerra_ rappresenta~a . so_ltanto uno sforzo verso l'autarchia determmata da rag10111d, Stato, nel dopoguerra divenne vero e proprio « stato di necessità~- . Quanto è detto più sopra serve soltanto a mette_re. m ev'.– denza come gli apparati economici dei singoli Stati s1 tr_ov'.– no oggi proprio nelle condizioni opposte a quelle che s1 n- Biblioteca ·no Bianco chiederebbero ai fini dell'instaurazione di un'unione doga– nale. Nelle attuali condizioni infatti una subitanea abolizione del vincolismo degli scambi determinerebbe, nel giro di po– chi mesi, un collasso completo di _quasi tutti i sistemi econo– mici preesistenti, con beneficio relativo di quei '?)aesi che oggi in Europa Si trovano ad avere una moneta pregiata. Condizioni per estendere le unioni doganali. Visti così gli ostacoli che si oppot1gono all'unione doga– nale, per quanto concerne i sistemi produttivi dei singoli Pae– si, passiamo ad una serie di considerazioni di altra natura. Come è noto, le maggiori difficoltà alla Conferenza ·eco– nomica di ·Parigi sul problema dell'unione doganale sono sta– te sollevate dall'Inghilterra e· dai paesi scandinavi, particolar– mente dalla Svezia. I/Inghilterra ha posto sul tappeto la sua impossibilità di_ aderire ad una unione doganale, sia perchè le condizioni obbiettive del suo commercio estero non glielo permettono, sia perchè i vantaggi di un'unione doganale eu– ropea non compensano gli svantaggi che essa comporterebbe agli effetti del sistema delle preferenze imperiali, che legano la madrepatria ai dominions ed all'Impero. Infatti, in base agli accordi di .Ottawa del 1932, fra l'Inghilterra e l'Impero esiste un regime preierenziale, che si risolve, nei riguardi de· gli altri paesi, in un regime differenziale. Se si tiène conto che nelle attuali condizioni la G. B. dovrebbe rinunziare par– zialmente agli scambi ed alle preferenze con paesi come il Canadà, l'Australia, ecc., cioè con paesi ricchi, a favore dei paesi europei, che si dibattono nelle stesse difficoltà nelle qua– li si dibatte la G. B., è chiaro che i1 sacrificio non trova un sufficiente compenso. Per ragioni diverse, ma non meno va– lide, anche la Svezia ha fatto le sue riserve sulla progettata unione doganalé. Infatti la Svezia, che ha stipulato con l'U– nio~e Sovietica particolari acc0rdi commerciali, non ha rite– nuto di poter aderire. Come era logico supporre un ostacolo non indifferente all'istituenda un.ione doganale proveniva pro– prio dagli accordi· commerciali già in atto, sia· che questi com– portassero ·la preferenza assoluta, ·sia che si imperniassero sulla clausola della nazione più favorita. In altri termini, ad opporsi all'unione doganale non inter– vengono soltanto, come si è visto dianzi, gli effetti che de– terminate politiche degli scambi hanno prodotto a lungo an– dare sulla struttura economica dei vari paesi, rria anche le stesse condizioni e modalità della riolitica economica. Tanto . il sistema delle preferenze quanto il sistema della clausoh della nazione più ·favorita accordati a paesi che non entrano a far parte dell'unione doganale da parte di paesi che en- , trano a farne parte rendono particolarmente difficolte>sa la conclusionè di aècordi di unità tariffaria. Le unioni doganali complete cost;itu.iscono una deroga, ammessa tradizionalmente, al principio del trattamento della nazione più favorita, ma ciò non esclude che in determinate situazioni vi possa essere opposizione da parte di alcuni Stati che si vedono lesi nei \oro interessi legittimi dalla .formazione di un'unione doga– nale generalizzata ad 1111 l)umeroso gruppo di paesi. E' ,evidente che fino a tanto che unioni doganali riguar– dano spazi economichi contigui ed -economie_strettamente in– tegrate, il problema non sorge, o sorge in misura trascura– bile co.me nel caso del Benelux; ma quando l'unione deve es– sere estesa ad apparati economici fortemente differenziati e con interessi discordanti, l'ostacolo delle singole economie pesa in modo decisivo. • .Le difficoltà derivanti da sistemi diversi praticati dai sin– goli paesi in materia di riolitica commerciale, agli effetti della costituzione di ampie unioni doganali in questo dopoguerra, erano ampiamente rireviste dalla Commissione economica della S.d.N. riunita a P-rinceton nell'aririle del 1945. Leggia– mo infatti nella relazione della Commissione: « I casi nei · quali 1 'unione doganale potrà essere rejl-lizzata immediata~ mente saranno certamente molto limitati. Di consueto le parti interessate dovranno procedere a tappe al fine d'attenuare le ripercussioni, sulle loro economie, dei cambiamenti che non mancheranno di intervenire» (1). E' evidente ·che la Commissione di ·Princetoti, attraverso un esame obbiettivo, si rendeva conto delle difficoltà derivan- (1) La politique commerciale dans le monde d'après guer– re. pg. 69 - S. d. N., Ginevra, 1945.

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