Critica Sociale - anno XL - n. 8 - 16 aprile 1948
172 CRITICA SOCIALE artificialmente mantenute· in vita e destinate à crollar.e, qua– lora si dovesse giungere ad un'unificazione politica. Vi sa– rebbero cioè dei forti interessi contrari all'unificazione stès– sa, interessi che potrebbero benissimo ammanfarsi, come sem– pre accade quando si tratta di mascherare interessi partico– laristici, delle più svariate idealità nazionali (difesa ·della industria nazionale) e sociali (impedire il .fallimento e con– seguente disoccupazione dei lavoratori addetti a quelle atti– vità). Naturalmente non è detto che necessariamente si deb– bano costituire economie di tipo autarchico, ma sta di fatto. che la ·sempÌice ~nione doganale lascia· sussistere ·tale pos_si– bilità. Anche i diffusi controlli valutari contribuiscono a rendere insufficiente l'azione delle unioni doganali, come primo pas– so v~rso le unioni politiche, soprattutto in quanto essi ren– dono impossibile la libera convertibilità di una moneta in un'altra, impedendo conseguentemente che rrlai possa affer– marsi, <li per sè, un metro monetario uniforme in tutto il territorio dell'Unione; in secondo lu'ogo perchè il controllo valutario dà troppo facile adito a manovre finanziarie di solito volte alla protezione delle industrie nazionaii, alla li– mitazione delle importazioni ed all'incremento delle espor– tazioni, cioè ..a formé di nazionalismo economico. Infine, da tutto quanto detto ·finora, è eviden.te che non - può parlarsi, nel modo più assoluto, di livellamento degli standards di vita fra i diversi' Stati, ciò che, guardando le cose da un punto 'dì vista economico, è essenziale per creare le premesse psicologiche di un diffuso senso della necessità o, ·addirittura, dell'indispensabilità della federazione politi– ca. Vediamo, ad esempio, fin da ora che questa coscienza fe– derativa è relativamente poco dÙfusa in quei Paesi euro– pei in cui le condizioni economiche sono migliori (Paesi scandinavi, Svizzera, ecc.), in quanto si téme che da,ll'Unio– ne europea debba derivare un peggioramento del loro stari- dard di vita. · · Dall'Unione dogana!~alruni/à economica. Non per questo però ·dobbiamo credere che le Unioni do– ganali siano complètamente .inefficaci. Le Unioni doganali sono insufficienti a creare condizioni ooiettive tali da. con– durre fatalmente ad unioni politiche, ma sono pur sempre un primo passo verso questo obiettivo. Occorre però che le Unioni doganali si 'trasformino •in vere e proprie Unioni_ economiche, occorre cioè super·are quegli, ostacoli ad un in– tenso· commercio internazionale· fra gli Stati aderenti che, abbiamo visto, possono continuare a sussisterè, malgrado l'abolìzione o la riduzione dei dazi doganali. Occorre giun– gere a questo gradualmente, ma nel minor tempo possibile. Gradualmente, perchè- ormai in Europa, più o meno ·aperta– mente, più o menò dièhiarata,merite, tutte le ·econl:lmie na– zionali' 'presentano spiccati caratteri «autarchici» o di eco– nomie chiuse ·o semichiuse; in queste· condizioni un'aboli– zione improvvisa di ogni vincolo porterebbe a gravissimi squi– libri ·e crisi, a ·crolli di· it1tere branche di attività econo– mica, a dissesti' formidabili e ad una disoccupazione dif– fusissima, E' d'altra parte ·assolutamente· necessario fare in fretta, perchè la pressante -necessìtà di un'Europa unita è evid.ente. Sarebbe utilissimo giungere ad un'unità economi– ca europea prima· che la forza delle cose porti ad un,-unità militare: l' Unione· Europea deve essere un fattore di pace e non di guerra e molto· meglit· saPebbe che na– scesse da. considerazioni econotniche, ossia dal lavoi,0 e dalle necessità di vita, piuttosto che dagli Stati Maggiori degli eserciti. · \ . Come si può passare .da una _semplice unione 'doganale ad. una più strett~ unione economica? Questo è il problema es– senziale da risolvere ·ed è problema èhe· non può risolversi . in' astratto, ma ché richiede. al contrario u~ esame appro– fondito delle situazioni particolari dei va,i Paesi e delle varie attività: di qui la necessità di apposite commissioni di esperti per studiare a fondo i problemi concreti. . Credo -comunque· che, .in. linea generale, . si debba agire ess~nzialménte sui due fattori lavoro· e moneta. Per ,con– ,vìncercène. basta pensare al disordine· ·che si nota i; questi ~ampi in tutta ·Europa. Vi sono Paesi in eui vi è carenza : di' mano d'opera, a,Ìtri in cui la disoccupazione' è una piaga BibliotecaGino Bianco taazionale. Mancano uomm1 per alcuni mestieri, per altri sono in sovrabbondanza e, quel che è peggio, vi è talora la tendenza a dedicarsi appunto a quei mestieri per .i. quali vi è già eccedenza di offerta di mano d'opera. E' assoluta– mente necessario che il problema venga esaminato a ,fondo da esperti della materia in modo da provocare. quelle cor– renti migratorie internazionali e da categoria a categoria capaci di portar.e al più presto ad un certo .equilibrio in questo campo, che è importantiss\i!o, in quanto non sol– tanto econorr.ico, ma anche, e soprattutto, umano. Inoltre vi è la quei;tione monetaria. In questo campo il disordine è. se fosse possibile, anc0ra maggiore. Non in– tendo parlare del disordine monetario nell'interno di ogni singolo Stato (inflazione, rapidi mutamenti del potere d'ac– quisto, squilibri di valore, ecc.), ma di quèllo ben maggiore (cosa che parrebbe impossibile a chi non conoscesse la mate– ria) esistei1te nel campo internàzionale, almeno in Europa. Le numerosissime monete dei vari Paesi pare si sdoppino e si moltiplichino. Non esiste solo, ad esempio, il franco svizzero, ma un franco svizzero libero, che ha un determi– nato valore, diverso però da quello del biglietto di banca svizzero; poi un franco svizzero «accordo», il cui valore è un po' inferiore a quello del franco svizzero libero. Se p0i entriamo nel campo delle operazioni di reciprocità, lo stesso, franco .svizzero muta di :valore a seconda degli ar– ticoli scambiati. Altrettanto dicasi per ie altre monete eu– :repee. Un disordine di questo· genere deve essere ·in qualche modo eliminato, se si vuole giungere ad un livellò di scam– bi fra gli Stati europei, capace di portare benefici economi– ci di una certa entità. Questo potrebbe forse raggiungersi con la creazione di una moneta da adottarsi da tutti i Paesi aderenti alla costi– tuenda Unione economica o doganale, moneta che potrebbe anche essere solamente nna moneta di conto, almeno in un primo tempo, oppure èon l'adozione di una qualsiasi fra le monete europee. (preferibilmente la più solida e stabile) co– me moneta di conto. Si dovrebbero naturalmente stabilire delle basi di cambio aventi riscontro nella realtà, oppure trovare un sistema di adeguamento automatico. _ · _Mi pare che, risolvendo il. problema della ma~o d'opera e quello monetario, si ,giungerebbe ad un pµnto in cui la riso– luzione del fondamentale problema produttivo sarebbe molto semplificato, sicchè ahche questo potrebbe essere ris.olto sen– za eccessiyi ·contraccolpi, in modo da eliminare tutte quelle imprese viveµti artificialmente, .che servono unicamente a tenere alto il livello dei costi e, conseguentemente, CilUello dei•· prezzi, lasciando posto a correnti d'importazione ~eci- proche. · ·. •Punto fondamentale da tener presente nella .risoluzione di questi problemi rimane ovviamente quello di giungere– ad una riduzione dei c;osti FeJli. Ogni provvedimento deve mirare a questq scopo in modo che si giunga a qu'ell'aumen– to dello standàrd di vita che farebbe cadere le riluttanze di alcuni Paesi più prosperi ad aderire all'Unione. E' d'altra parte evidente che, a lungo andare, il livellamento ·del te– nore di vita che accompagna le unioni economiche, ~i fa au– tomaticamente verso l'alto e non verso il basso;, i pro~e– dimenti di attuazione graduale devono mirare unicamente· a far sì che il livellamento avvenga nel minor tempo possibi– le e, soprattutto, con le minori scosse. Degli sviluppi delle trattative per l'Unione doganale· italo– francese abbiamo potuto vedere come ci si volga, pur con la gradualità necessaria, ad un/unione economica piuttosto che ad· una semplice Unione doganale; abbiamo pure po– tuto c.onstatare che, come primo passo, si è giunti ad un accordo commerciale volto a triplicare il volume degli scam– bi fra le due economie; infine si è cominciato a studiare il problema delle diverse attività economiche che verrebbero a trovarsi in· concorrenza a sègÙito dell'uni6ne economica (industria automobilistica, viticoltura, ecc.). Tutto questo · ci dà bene a sperare e vogliamo credere che attorno ai nuclei italo-francese e del Benelux si possano raggruppare altre nazioni in• intese di carattére èconomico, come avvio ad· una più stretta unione di carattere politico. ·Cfuo ·PÀcr.100
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