Critica Sociale - anno XL - n. 8 - 16 aprile 1948

180 CRITICA SOCIALE al Classi, e~onomia, politica, tramonto dell'epoca napoleonica. (Continuazione e fme) 3. - La Società meridionale. Non altrettanto progredite erano le regioni meridionali, in cui già si notava stridente il contrasto che dovrà inasprire e permeare di sè tutta la vita italiana del Risorgimento e dell'Unità. . . . . . . l Jl problema meridionale aveva le sue onguu m rag1om. storiche e ambientali. Siamo oggi ormai lontani dai pre– giudizi intorno a pretese inferiorità di razza e dall'altret– tanto arbitraria leggenda intorno alla feracità della « Cam– pa11iafelix » e della Sicilia « rerum usuatii,m ubertate fe– cunda »; come pure dalle fantasie intorno ad irreparabili influenze climatiche. Certo, tuttavia, l'ambiente fisico i11fluì, poichè il clima pìù caldo c la lontananza dalle grandi vie ter– restri di comunicazione posero l'Italia meridionale un poco fuori deHa vita europea, in balia di forze eterogenee, spesso agenti di riflesso e sporadicamente. Già ·lo stesso Stato pontificio, specialmente nelle regioni laziali, risentiva dell'arretrato sviluppo dei t(affici e delle industrie e dell'incuria agricola. Insalubri, incolte e deserte le èampagne .romane ;,inceppato ogni scambio da infinite bar~ riere daziarie, da regolamenti assurdi, da divieti di espor– tazione granaria, da appalti fallimentari; in gravissime con– dizioni la moralità pubblica, che· vide, ad esempio, nel pon– tificato di Clemente VIII ,(1758-69) ben 12.000 omicidi, di cui 4.000 nella sola Roma; troppo _e pesantemente oppri– mente il dominio politico ed economico .del clero, che soffo- · cava ogni libera attiv~tà laica. Nel Regi:io di Napoli, poi, dominava ancora -quasi incon– trastata sul finire del '700 la nobiltà feudale, pur rappre– srntando solo un quint'o di tutta là popolazione dello Stat0. I tentativi di Carlo III e del Tanucci di diminuire le servitù personali ancora vigenti, di scemare molti privilegi, di. dar vigore all'attività di produzione e di scambio, di pròteggere la cultur-a non· scossero l'effettivo dominio del clero e dei nobili. r.300 giurisdizioni su 2.000, infiniti pedaggi, gabelle, prestazioni in per.sena e' in natura, monopoli di pesca, di caccia, di frantoi, di molini, di forni, di miniere, di taverne, ·contribuzione varie sui piccioni, sulle pecore,· sulle galline, tributi in luogo dell'antico jus "foeminarùm assommanti a più di 2 ·milioni annui di ducati, con pochi oneri (f,orse 250.000 ducati) neppure sempre pagati: ecco il bilancio dell'oppres– sione della classe nobiliare sulla popolazione agricola, tta– vagiiata' dalla più nera miseria e sottoposta persino al di– ritto di vita e di morte. Il trono nella chiesa del territorio, l'entrata solenné a cavallo nei luoghi abitati con la scorta a piedi del goven1a– tore a destra e del sindaco a sinistra reggenti le redini era– no akur{i tra i- segni più palesi del perdurante dominio ~eu: dale. « La terra, l'acqua, il vento, l'anima e il corpo degli 'àbitanti ·furono riputati qtJali' demani del feudo», scriveva il Galanti. In Sicilia i Parlamenti baronali erano così forti da poter essi stessi fissare i donativi da devolversi alla Co: rona; i feudatari imponevano i ·dazi, appaltavano i tribw nali, sceglievano gli àmministratori ·civici, esercitavano in pieno ·1e loro prerogative ·penali; Anche il clero, numerosissimo e potente (il Duclos. rife– riva nel 1767 l'esistenza di 109.585 religiosi su 3,953.000 abi– tanti nel regno di Napoli, esclusa la Sicilia, pari quindi a un trentaseiesimo o un trentasettesimo, contro un centotte– simo in Francia), pesava con ogni gravezza sulle ma1;seag,r,a-, rie: 9 milioni di ducati di rendita· pari a 800 milioni di fran– chi di capitale, esenzioni dalle tasse e dal servizio militare, foro ecclesiastico, privilegi svariatissimi. Riferisce il Cia– sca che nei 127 paesi della Basilicata esistevano 116 conventi, 17 monasteri e 5 conservatori di fanciulle, mentre nel paese di Vignola, ~i 4.000 abitanti, vivevano 70 preti e 150 chie– rici. Nella sòla Napoli erano 3.849 preti, 4.951· frati, 6.850 monache, per ùn totale di 15.650 su 337,095 abitanti: « Na– poli è tutta un monastero> si diceva. Miserabile· vita, sotto il gravame dei soprusi e delle con– tinue angherie, era quella della .grande maggioranza degli abitanti, viventi - come nota il Galanti nella sua inchiesta sulle condizioni del regno di Napoli - di miglio e di segala 0 « di pan di frumentone e di erbe condite con sale ed olio», ignari del vino e della carne, scalzi e sdrusciti, con gia– cigli di letame e tetti di paglia e di legno. Su.6oò.ooo fami- BibliotecaGino Bianco glie, 38o.ooo vivevano di_scarsa cultura agricola e di· ma– .gra pastorizia, sempre angariate dal padrone, che impediva persino di vendere libepmente l'olio, di tagliare gli" alberi, d'i introdurre culture e si riservava di iwporre egli stesso agli osti il prezzo del. proprio olio e del proprio vino. Così che le terre incolte e deserte erano vastissime ; i demani da– vano insignificanti frutti, anche i più estesi, come quelli del– là Sila, dl Semmare, del Tavoliere pugliese. Un proletariato contadino così abbrutito e immiserito non possedeva in sè neppure la forza cli reagire, se non in casi sporadici e con ribellioni disordinate, passeggere e locali, oppure con un disperato e feroce brigantaggio. Nè: esso- po– teva costituire una leva potente di rivoluzione o di rinno-. vamento in mano di una élite che fosse ec0nomicamente e intellettualmente interessata a mutar le cose esistenti, poi-– chè la cla·sse media, così vivace e attiva· nel nord, era de- bole, disorganica e povera nel sud. . ·Le fratrie 'medjevali chiudevano ferreamente _gli artigiani, tmelancloli contro ìl lavoro libero, wa riducendoli ad un'at– tività ristretta e senza sviluppo. Gli investìmentì agricoli o statali assorbivano i pochi capitali circolanti, che il vincoli– smo feudale, a base di arrendam.enti, taglie, barriere ·doga- . nali interprovinciali, capitazioni, prezzi legali respingeva da ogni forma di industria. La pochissima ·sicurezza- pubblica· (il Mezzogiorno avevà il primato· degli omicidi : essi erano saliti da 146 nel .1705 a 6oo nel 1789, a r.ooo nel 1793), con– tinuamente insidiata dal banditismo e dalle angherie -feu– dali, si univa con la quasi totale scarsezza di strade e. di porti nell'impedire o intralciare i commerci e nel -ridurli a poche fiere locali, al semplice baratto. Altri ostacoli frap– ponevano lo scorrere dei fiumi e dei t0rrenti, fuori degli ar~ gioi, le frequenti paludi, i miasmi malarici. Ferciò non ~si;teva una clas.se industriale o commeI'ciale; piena di energie e di inizi ative, ··v olta al nuovo dal bisogno e dal desiderio di maggior libertà. Il ceto medio si compo– neva di paglietti, cioè di avvocati num•rosissimi (26.00C> nel– la sola Napoli), dediti al dibattito sterile e immorale di con-. tinue liti e asserviti alla Corona nella misera e spesso an– gosciosa difesa dell'esistenza contro i nobili e il clero. · La cultura meridionale, filosofica e, comunque, astratta anche nell'affrontare i problemi economici e sociali, risen– tiva dell'atomismo' « idealistico» della vita del Sud, ed .era priva della concretezza. di quella nordica. La sua attività si imperniava suila difesa delle prerogative monarchiche con- tro -le prepotenze feudali ed ecclesiastiche. Basti ·•confron– tare Ìl Giaflllone, il Genovesi, i.J Caracdolo, il Filangieri, il Palmieri, col Beecaria, col Carli, col \(erri. Gli stessi rivo• luzionari napoletani, dal Pagano al Russo al Cuoco, e_rano _ pochi eleYati intellettuali .costretti a lottare con la plebaglia lazzaronesca alleat a al più fosco reazionarismo nobiliarè e· clericale. Le or.de del cardinal Ruffo costituivano il. simbolo - della situazio ne de l sud, che nelle stragi e nelle barbarie per– petuava i nefasti, dell'ultimo a11to-da-fè palermitano clel 1724. L'occupazione francese non trovò quindi, nel suo impeto novatore, germi maturi e agì in gran parte nel vuoto o c_ontro. natura. Il brigantaggio ricevette bensì dai « liberatori ~ un gravissimo colpo, e venne creato un, buon esercito; pur tuttavia molte leggi antifeud,tli non ebbero integrale esecu– zione. Gli editti dal 1806 al 1809 decretarono l'abolizione della feudalità, ma essi contenevano clausole incomplete e con– tradditorie, per cui non ebbero :vigore. La qu0tizzazione dei demani comunali, nobiliari, ecclesiastici e la stessa enfiteutiz– :iazione del Tavoliere non poterono applicarsi adeguatamente, Goièhè•i contadini non furono in grad0 di spendere capitali sufficienti ad iniziare nuove proficue culture e spesso dovet– tero rivendere le quote o lasciarle ai vecchi padroni. Si sta– bilì l'unificazione direttiva dei dazi di confine, delle tarif– fe daziarie, degli uffici doganali; si· abolirono i balzelli sulla esportazione e ·si diminuirono quelli sull'importazione; scom– parvero le tasse sugli scambi, limitando l'imposta sulle ineroi all'un per cento. Ma no_n si riuscì a trasformare il .sistema ·fluviale e stra<!ale, nè .ad impedire che il blocco continentale tarpasse le ali ad ogni tentativo industriale. ·Perciò vani sforzi restarono la fondazione di scuole agra– rie e d'art! e mestieri, di vivai e orti sperimentali, l'istitu– zione di nuove fiere e di esposizioni artistiche, l'abolizione degli or,dini monastici (tranne di qttelli dei cercanti), la ste!!Sa

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