Critica Sociale - anno XL - n. 8 - 16 aprile 1948

CRITICA SOCIALE 175 E' ineluttabile la guerra'?- L'impostazione del problema. Alla dptranda: « il capitalismo porta inevitabilmente alla guerra? ~ Rosa Luxemburg, nel suo libro L' accumulaziòne del capitale, apparso nel 1913, ha dato una risposta inequi– vocabile, che, pur avendo subito inevitabilmente talune modificazioni, è rimasta sino ad oggi valida per mol– ti. Essa veniva motivata come segue: l'economia capi– talistica esplica il su0 svilupp0 progressivo· entro limiti in– valicabili, giacchè essa non può realizzare per intero il plu~– valore nell'area capitalistica; essa ha quindi bisogno di una area extra-capitalistica, al fine di collocare i prodotti che rappresentano questo plus-valore eccedente. Questa è la base economica dell'imperialismo, una forma particolare della po– litica coloniale, la quale non ha più da procurare terrè da colonizzare, forze di lavoro a buon mercato o materie pri– me, bensì consumat0ri, consumatori di ogni specie, per le perline di vetro come per i panni, per le ferrovie come per i cannoni. Ma poichè il capitalismo stesso restringe sempre più l'area extra-capitalistica, distruggendo dovunque le ori– ginarie forme di economia •e creando in loro sostituzione le forme capitalistiche, sorge una lotta tra gli Stati tapitali– stici Ji)er la conquista dei mercati precapitalistici. Questo conflitto deve condurre alla guerra, al più tardi in quel momento nel quale più non vi· siano delle aeree precapitali– stiche, ma verosimilmente anche prima. Questa guerra· do– vrà dimostrare la imJi)ossibilità di permanenza del capitali– smo ed annuncerà la rivoluzione mondiale. Era sostanzialmente per questa sua concezione dell'essen– za cÌella guerra che Rosa Luxemburg, nonostante le sue di– vergenti· opinioni su la dittatura e Il terror.e, durante la prima guerra mondiale teneva dalla parte di Lenin, il quale con– siderava come imperialista ogni governo che partecipass.e alla guerra, e perciò rifiutava radicalmente ogni difesa. ter– . ritoriale nello Stato borghese. Non possiamo insistere ,qu; nell'analizzare la formazione dell'ideologia comunista e <lob– .biamo· rerfanto accontentard di tener per fermo che una delle radici ne furono. proprio le tesi di Rosa Luxem– burg a proposito della irrimediabilità della guerra imp~ria– listica S'intende di per sè che anche oggi esercitino una notevole parte nellà propaganda comunista. · Altra questione è il sapere se esse abbiano ancora impor– iatll2 per la praxis comunista. Vi sono invece molti segni, e anzitutto la. partecipazione della Russia all'O.N.U., i quali non avrebbero alcun senso se 'i dirigenti della politica russa ritenessero la guerra come irrimediabile. Ma le ideologi" . mutano più lentairente dei loro fondamenti reali e se i clo– minatori del Cremliao, per pacifici che possano essere, se,· tono la necessità di riprendere di quando in quando la tesi, anche se essi non vi attribuiscono nessun serio significato, si trova pur sempre gente a iosa che se l'àppropria testual– mente e ci . crede ciecamente, speciàlmente coloro per cui la guerra è una professione e sono quind_idi per sè disposti a considerarla come necessaria. · Sinchè si tratta degli ufficiali russi, questo gio~o può es– sere relativamente poco preocéupante, poichè la dittatura del partito li tiene saldamente in pugno: ma diversamente av– viene con i militari americani. Gli Stati Uniti 11011 avevano sinora un militarismo. Solo nel corso di quest'ultima guer– ra si sono costruiti· una maçchina militare, ma. come cosa non connaturata. Questo recente, militarismo cerca però di espandersi e ne ricerca gli incentivi. Ora, quale migliore incentivo potrebbe esservi che· l'opinione dell'avversario che la guerra sia irrimediabile? E se ciò è vero, non val me– glio scatenarla oggi che domani? La tesi che la guerra sia irrimediabile diventa quindi il miglior motivo per una guerra preventiva. Non ci si deve ingannare con il dire che considerazioni <li questo genere sono esistite sempre - anche nelle più pa– -cifièhe epoche _:_ negli Stati maggiori e spesso anche nei -circoli politici dirigenti. Esse divengono infatti veramente pericolose, quando l'opposizione dell'oJi)inione popolare con- iblioteca_GrnoBianco tro la guerra cessa di essere ritenuta insuJi)erabile. L'opi– nione che la guerra sia irrimediabile e la predisposizione che ne consegue facilitano per i dirigenti politici lo sboc– co nella guerra. Se prima del 1914 l'attesa fatalistica di una guerra ritenuta ormai inevitabile non avesse così dilagato, i dirigenti politici tedeschi ed austriaci non vi si sarebbero .gettati con tanta irresponsabilità. La tesi della inevitabilità .del!a guerra indebolisce la resistenza dei popoli .:ontr2 di essa ed aumenta quindi il pericolo dl. guerra. Mutamenti di struttura del capi,talismo. Ma se l'opposizione contro il pericolo di guerra n~n è im,r.n~ata; non sono le tendenze che conducono alla g ,Pr;a p:u forti di tutte le ragioni morali? Certo, se si trattasse s:ilo <li queste cose, la causa della pace non sarebb~ trovpo lieta: ma questo non è il caso. 1n primo luogo (ed è questo uno dei più essenziali errori deli'argomentazione della Luxemburg) non vi sono nelh eco– nomia e nella storia fattori che operano automaticamente, ma solo tendenze che possono essere più o meno influen– zate dalla volontà e dalla esperienza degli uomini. Se fosse altrimenti, l'azione politica perderebbe ogni significato. Prescindendo anche da questa fondamentale obbiezione, vi sono importanti motivi contro la concezione della .Lu– xembnrg. Ci è impossibile imbarcarci qui in una tratta– ,iont teorica, molto complicata, che diamo come già com– piuta. Ricordiamo la definizione dell'imperialismo, data dalla L11xemburg, come una politica coloniale· che si propone la conquista ed il dominio di paesi precapitalisti per lo smer– cio~di prodotti in eccedenza, e paragoniamo un po' questa situazione, quale appariva al momento della pubblicazione del suo libro, con la situazione presente. Dovremo condu– dere che le aree precapitaliste si s.ono notevolmente ridotte in vastità ed ~ impoi:tanza, mentre contemporaneamente il capitalismo si è sviluppato inauditamente e, per verità, pre– feribilmente in quei territori che prima del 1914 non rnno– scevano ancora un capitale da esportare, come gli Stati Uniti, o erano allora veri e propri territori coloniali, come il Ca– nadà l'Australia ed il Sud America .. In questi territori l'a– sces; a~enne essenzialmente con l'elaborazione del mercato iaterno. Quindi il capitalismo nè ha osservato quei limiti che la Luxemburg poneva come insuperabili, nè ha considerato lo sbocco sui mercati precapitalistici come essenziale per il proprio sviluppo. · ·contemporaneamente si è compiuta una completa trasfor– mazione di struttura nell'economia mondiale. QueH'imperia– lismo di cui la Luxemhurg indicava la più caratteristica for– ma, è oggi in declino. Ciò si manifesta non soltanto per il fatto che proprio le più importanti potenze coloniali dovet– tero gradualmente elargire poteri di auto-decisione alle pro– prie colonie, ma soprattutto per le i;>rofonde modificazioni economiche e sociali di queste colonie, che fe hanno rese mature per l'indipendenza. I territori riserbati all'imperia– lismo, ai tempi della Luxemburg, non conoscevano in ef– fetto alcun capitalismo, ma erano per lo più dei paesi agrari governati da desposti assolutistici. Il sistema preferito dalle potenze coloniali consisteva generalmente nell'interessare questi desposti al sorgere di un «protettorato». Ma oggi al vecchio ceto dominante dei prìncipi e _degli aristocratici e:– degli agrari si accompagna dappertutto una crescente bor– ghesia nazionale, un ceto degli intellettuali ed un proleta– riato, sia pure ancora in fase di sviluppo. Con ciò il tradi– zionale metodo di dominio è divenuto impossibile, poichè alle pretese di dominazione coloniale si contrappone una popolazione unita e consapevole, cosicchè occorrerebbero ben altri sforzi e fatiche di quelli di un tempo, se le potenze co– loniali volessero conseyvare i loro sistemi di una v~lta. E queste sono meno che mai in grado di farlo, poichè, contem– poraneamente allo sviluppo delle colonie, si è veri'fiçata una riduzione della potenza delle « mad~epatrie :1>, giun\a, con la seconda guerra monoiale, ad un vero e proprio esautoramen~ to. Oggi solo uno· Stato nel mondo possiede una sufficien-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=