Critica Sociale - anno XL - n. 7 - 1 aprile 1948

CRITICA SOCIALE 159 Ma la produzione è tuttavia notevole, specialmente nel campo tessile. Da 489 manifatture nel 18o6, con 25.152 tes– sitori, l'industria serica scende nel 18n a 401 con 14.275, però esporta l'anno dopo ancora per 13.366.509 lire. Nel bi- .lancio del 1812 la seta figura per 64 milioni, pa~i a metà del valore totale delle esportazioni del Regno. Il numero me– dio dei tessitori impiegati nelle aziende è ormai salito ad un grado molto elevato : nel dipartirrierito del Reno si giunge. a 227 di. media per ogni stabilimento e a 4.300 in totale, men– tre in quello d'Agogna ci sono ben 6.000 operai, 3.000 in quelli del Brenta e del Bacchiglione. E la lana viene ela– borata, nel 18n, in ben 581 manifatture, con 78.823 ope– rai, contro le 546 e gli 84.567 del 1806: nel 1810 si inviano all'estero manufatti per 20.045.057 lire, nel 18n per 17.661.262. I territori -del Bacchiglione (Vicenza, Bassano, Feltre), del Bren,ta (Padova), dell'Adige (Verona), del Serio (Bergamo) sono i centri più notevoli della produzione laniera; 169 fab– briche con 32.000 ol)erai lavorano nel 18o6 nel solo diparti– mento del Bacchiglione; 16·con 15.000 in quello del Brenta. 100-200 operai lavorano in media in queste fabbriche, ma ta– lune raggiungano i I.000. Logorata dalla concorrenza francese nel campo dei tessuti fini l'industria italiana eccelle per i prodotti più resistenti e gr~solani. Anche i cotonifici, i linifici, i canapifli;i smercia– no ·prodotti greggi o semilavorati o completi per 12.067.301 lire ne'l 1809, per 14.748.Boonel 1810, per 17.129.565 nel 1812. L'Olona, l'Alto Po (Crema e Cremona), il Metauro (Pesaro e Ancona) primeggiano per la produzione di lino e canapa; per il cotone Milano, in cui nel 1806 lavora l'unica filatura meccanica italiana. Cuoi greggi e lavorati vengono espor– tati per 529.842 lire nel 1809 e già per 910.981 nel 1812. Meno svi-luppati, ma abbastanza notevoli, altri r~~i in: dustriali, quali le fucine pel ferro (268) e per l'acc1a10, gh altiforni per la ghisa (37), le bocche di miniera per l'estra– zione del ferro (200). Armi da fuoco, forbici, coltelli, falci agricole nel Bresciano e nel Bergamasco, cappelli di paglia, scarpe, carrozzerie, cappelli escono pregiatissimi dalla mano d'opera italiana, che •nel periodo napoleonico trae insegna– mento dall'ausilio di tecnici e specialisti stranieri. 2. - Classi e Stato nell'Alta Italia. Tutta questa produzioRe, se è in gran parte assorb!ta da'. mercato straniero attraverso le nuove strade costruite dai francesi nelle Alpi (il Moncenisio, il Monginevro, il Sem– pione), che mettono in condizioni privilegiate la Lombar~ia ma danneggiano le zone marittime, va anche ad_ a~belhre le case dei nuovi ricchi o agiati borghesi, padrom d, terre 0 di aziende e viene attratta pure dalle finanze statali in opere pubbli~he, in scuole, in bisogni militari e burocratici. Il contatto, spesso violento, con l'esperienza europea :tllar- - ga la visione della classe borghese, ne _e?cit~ le energie, _ne stimola l'iniziativa, ne vivifica la spregmd1catezza. Dedita all'industria e al commercio o alle professioni liberali, essa è decisamente alla testa dei movimenti politici «novatori», e non solo offre il meglio delle sue forze all'esercito napo– leonico, allargando così la _sua esperienza a_ un cai:i1po eu– ropeo, bensì inizia in tutte le regiom d'It_aha, .s?ec1a:mente nel « Regno», la sostituzione dei « quadn » dmgentt della amministrazione pubblica e la lenta presa di possesso de, gangli motori della direzione politica. Gli stessi Litta, Trivulzio, Taverna, Luosi, .S~annucchi, Greppi, Neri Corsini, Fabbroni, Caffarelli, V1~1~1,Ru~c~, Fiorella, Battaglia, Saliceti, Somenzari, Costab1h:Contam_1, Di Breme, che tenevano le maggiori cariche da Tonno a Mi– lano a Firenze a Napoli nel periodo napoleonico, pur essen– do discendenti da famiglie nobili, erano ormai mol!o « b_or~ ghesizzati » di spirito e di professione. Gli interessi ternen e industriali erano da essi difesi in senso antifeudale e an– tivincolistico, ai fini di un più largo e rapido circolo d1 ca– pitali. Le misure e le disposizioni governative e legislative più rinnovatrici vengono prese proprio softo l'impulso di queste classi le quali vincono spesso l'inerzia egoistica dei_domi: natori e si fanno interpreti dei ceti più miseri. Codici nuovi contrari ai privilegi, severi contro le trasgressioni, larghi verso le esigenze commerciali attestavano, insieme con l'e– voluto e «organizzato:.- esercito e con la regolata esazione delle imposte (51 milioni e mezzo di imposta fondiaria_ allo Stato, 4 milioni e mezzo ai dipartimenti, IO ai Comum nel iblioeca Gino Bianco . '-- r8n) e del dazio consumo (8 milioni nel 18o5, 15 nel 18n), la spinta crescente a un migliore e più libero tono di vita. E se le spese bel-liche imponevano, negli anni dopo il 1809, l'adozione di nuovi balzelli, tra cui la tassa sul macinato as– sai gravosa per il proletariato, molte provvidenze igieniche e scolastiche tutelavano meglio le stesse classi più povere: si vie– tavano i mutamenti (non consentiti da apposita licenza) dei terreni in prati irrigui, in marcite e in risaie e si fissavano le distanze di queste dalle abitazioni; si imponeva l'innesto contrÌ, il vaiolo e il seppellimento nei cimiteri; si proibiva di ammassare immondizie e letami nei cortili delle case; si creavano ospedali, ricoveri, case di lavoro contro la mendi– cità; si fondavano ginnasi e licei laici e vi si introduceva più largamente lo studio delle materie scièntifi~he; le uni– versità maggiori (per es. Bologna, Pavia, Padova) veniva– no soccorse finanziariamente ; collegi per giovani, accademie di belle arti, un conservatorio musicale a Milano, scuole spe– ciali di chirurgia, di ostetrica, di chimica applirata alle arti, di diritto e legislazione sorgevano in molti luoghi, con prov– videnze finanziarie in favore dei poveri, Molti studiosi tro– vavano soccorso e incoraggiamento. Le relazioni « di società», i salotti, i divertimenti, i costu_mi rise11tivano, neNe classi medie e nelle più ricche, il tono più prospero cl.e! più elevato livello economico e l'influsso delle mode d'oltr'alpe. Dall'Arcadia e dal rococò, tipici se– gni della decadente società settecentesca dell'ancien régime, si era passati, attraverso il turbine della rivoluzione, a nuo– ve forme culturali e artistiche, a diversi costumi. Meno gra– ve l'analfabetismo prima imperante, non più monopolio ec– clesiastico l'istruzione, un po' scosso il dominio pretesco. Erano diminuiti i grandi patrimoni del clero e il numero dei conventi che nel secolo precedente toccavano cifre enor– ~i: si pensi, ad esempio, ai 68 conventi della provincia di Torino, ai 34 di Alessandria, ai 33 di Novara, ai 30 di Mon– dovì, ai 29 di Saluzzo, ai 27 di Vercelli, ai 25 di Pinerolo; ai 26 monasteri di Novara, ai 16 di Torino, ai 13 di Ver– celli, ai ro di Alessandria; ai 300 e più mila religiosi in tutt'Italia. Non sussistevano più gli esempi della repubblica lucchese, che nel 1764 su 120.000 abitanti contava 15.000 ec– clesiastici possessori di 9 milioni di scudi in beni immobili, pari a quasi- metà della proprietà statale. La maggiore prosperità a~eva un po' alleviato il peso del– la miseria gravante n~l '700 sulle classi artigiane e conta– dine costrette a mendicare i resti dei banchetti nobiliari ed eccl~siastici, a sfruttare le feste religiose e quelle tradizio– nali per un po' di svago, a dipendere dai lascit_ipii, dalle isti– tuzioni ospitaliere o assistenziali, dai monti di pietà. . I lavoratori operai vedevano aumentare, sia pure in mi– sura minima, il loro salario reale: vestivano iwglio, erano meno affetti da malattie bevevano di più, mangiavano meno orribilmente. La vita aliegra, lussuosa e gaudente, riservata nel secolo precedente ai nobili e al clero e immeschinita dal– l'ignoranza fastosa e dalla corruzione leziosa, si estendeva a un più vasto ceto, anzi diventava a poco a poco sempre più riservata alla borghesia arricchita nei commerci e nel– l'industria' e veniva perdendo la vecc_hia frivola e molle raf– finatezza del minuetto per assumere tonalità più intensa– mente vissute. Il tipo dell'avventuriero girovago o sedut– tore e imbroglione alla Casanova o alla Cagliostro veniva sostituito da quello del guerriero e in parte dal mercante– imprenditore, il cui spirito d'avventura era già rivolto ad uno scopo più concreto e costruttivo. I geni del Volta, del Galvani, del Lagr~nge, dello Spal– lanzani, dello Scarpa, la musa del Monti e del Foscolo, · l'arte del Canova, dell'Appiani, le armonie dello Spontini e dell'Azioli, i palpiti drammatici e le arie comiche del Paisiello, del Cimarosa e del Cherubini rispecchiavano i nuo– vi indirizzi dell'intelletto umano e le variazioni sensibilissi– me dello spirito e della cultura italiana, ormai lontani dal Muratori e dal Vico, dal Beccaria e dal Denina, ma anche dal Metastasio e dal Golnoni, dal Parini e dall'Alfieri, dal Lon– ghi e dal J uvara, dal Pergolesi e dal Piccinni. L'ardore politico di rinnovamento assumeva talora gli accenti entu– siastici del fervore religioso del giansenismo già venuto nel secolo precedente dalla Francia .. Così al cadere del colosso napoleonico, l'Italia del nord era pi~a di fermenti vitali, anche se notevol~ente distante dai problemi grandiosi dell'Inghilterra industnale. (Co11ti11ua) Gurno QuAZzA

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