Critica Sociale - anno XL - n. 7 - 1 aprile 1948

l 58 CR1TlC~ SOCIALE • Class~, tramonto economia, politica, napoleonica al dell'epoca 1. - li rinn.ovamen.to dell'ecoiwmia agricola e industriale. ·La tremenda scossa della rivoluzione francese e dell'im– perialismo napoleonico accelera violentemente anche in Ita– lia quel processo rinnovatore dell'economia, della politica, dello spirito, che le cosiddette Rifor1:1e avevano ·nella se– conda metà del '700 provocato ed avviato. Cadono ovunque, sia pure in modi e in tempi e con ritmi diversi, le vecchie barriere feudali, corporative, confessio– nali, assolutistiche. Un'aria nuova circola nell'antica e iner– te penisola e gli scambi con l'Europa div~ntano più fre– quenti e redditizi. Una classe numerosa e attiva, la borghe– sia, si fa strada nel campo economico ~ cerca di smantel– lare le vecchie posizioni nobiliari e clericali con la meto– dica conquista delle terre e del commercio e con la costru– zione, ancor sporadica, delle prime industrie. Non è, essa, così r-ioca e forte come in altri paesi, soprattutto in Inghil– terra e in Francia, in cui la « rivoluzione industriale», con le nuove macchine e con la vasta circolazione di capitali, ha già posto i termini del granéle con.trasto; nel senò della società moderna, tra capitalismo e proletariato. Pur tutta– via opera intensamente in ogni campo a modificare la strut– tura 'ancora feudale del Paese e spinge prima i sovrani, poi i popoli stessi, ad interessarsi del nuovo ordine fin dalla 1ì1etàdel '700 con le «Riforme» e, sul finire del secolo XVIII e ai · primi del XIX, con le agitazioni dei novatori e· gli esperimenti della Cisalpina e c!_elregno d'Italia. Specialmente nelle regioni settentrionali (non esc)uso il vecchio Piemonte monarchico, con la sua nobiltà e col suo numeroso clero, pieni di privilegi e con l'arreti:ato syiluppo - culturale), più profondamente inserite nelle vie di' traffico e di «colloquio» europee, ii.avori te dalla, posizione geografica, dall'abbondanza di strade e di acque, ricche di una assai · vivace tradizione ed esperienza di lotte politiche e sociali, il medio ceto attivo e indipendente non urta contro un forte potere centrale o conti-o una potente feudalità ed è, inoltre, favorito da governi (come p. es. quello austriaco di Maria Teresa e di Giusepp~ Il) più « illuminàti ». Il moto di di– visione dei beni assume un ritmo sempre più celere con la abolizione dei fidecommessi e delle manimorte e con l'allen– tamento dei vincoli di carriera pei cadetti e dei legami per la prole femminile. Così le vecchie estesissime proprietà fondiarie nobiliari ed ecclesiastiche mutano di padrone e si suddividono. Molti demani e pascoli comunali scompaiono e la legislazione agraria si fa più libera eia barriere e eia osta– coli. Il commercio si scioglie da tanti intralci; le stesse cor– porazioni cedono a poco a poco all'ur-to cli J una classe che vuole l'emancipazione dell'individuo dalle paratoie castali e patrimoniali, perchè solo essa può permetterle il respiro do– minatore. A Firenze nel 1770, in Lombardia fra il 1773 e il 1787, a Roma nel 18o1, a Napoli più tardi, nel 1821: in ogni Sfato le leggi sopprimon9 il diritto corporativo in fa– vore del lavoro liberò, Anche le· consuetudini delle torture con le tenaglie, le fruste e le ruote inquisitoFiali e tutto l'ap– parato giuridico dei tribunali feudali, dei diritti d'asilo e_, delle riserve giurisdizionali ecclesiastiche _si sgretolano- sotto la ventata dello spirito razionalistico ciel « secolo dei lumi>> e, poi, sotto la valanga dei principii dell'89. La legislazione napoleonica accelera ·la permuta dei fide– commessi; l'alienazione dei demani, la suddivisione delle ere– dità second<;> un nuovo ordine successorio, l'avocazione a!llo Stato dei beni ecclesiastici, la scomparsa delle Fegalie e delle ferme. Il contatto così .rapido e spesso violento col mevcato e con la produzione del Continente obbligano l'industria e l'agricoltura italiana ad usci-re dalla loro grama vita pro- vinciale. · Tutta l'economia agricola risente di questo processo: si ampliano i mercati, si aprono nuovi sbocchi, scompaiono i pedaggi, si ·costruiscono strade, si bonìficano paludi, si uni– ficano pesi e misure, si intensificano le culture, così che la produziohe aumenta e si espande su zone più vaste. Terre in– colte, foreste e brughiere diventano in pochi decenni -rigo– gliosi pascoli e fertili risaie o campi di grano. Ed anche l'industria muta le sue specialità tradizionali c\i fronte alla concorrenza estera e accentua i suoi nuovi caratteri non più segnati \fall'artigianato di bottega ormai in avanzata crisi. Biblioeca Gino 1:S1anco Già dopo il 1770 i capitali, sia pure ancora con molta ri– luttanza, cominciano a volgersi dall'esclusivo impiego ter– riero :tll'audace impresa cli incrementare l'attività ·manifat– turiera contro i vinco!( protezionistici e le barriere doganali. Mutano a poco a poco i capisaldi dell'ìndustria settecente– sca fondata sulle vecchie tare dell'italiano lento, timido, indisciplinato e debole spiritualmente e fisicamente, sul do– minio della tesaurizzazione e dell'immobilizzazione dei ca– pitali, sull'incapacità a liberarsi d:i, vecchie consuetudini di prestigio e di ozio feudali, sull'abuso delle forme usurarie, sull'inesistenza di un credito non ·strettamente familiare, La tradizionale prevalenza dell'industria alimentare, edili– zia e tessile comincia. ad apparire sempre più inadeguata di fronte alle molteplici esigenze della vita moderna. Il clima mosso del ventennio napoleonico sposta tumultuosamente i li– miti dei mercati, le direzionì dei traffici, la massa dei con– sumi e, quindi, il volume della domanda, dando forti spinte non solo all:agricoltura, ma anche, e soprattutto, all'indu– stria. Anche la svalutazione della moneta (dal 1794 al r8or in Lornbç1rdia il grano passa da 38 a 75 'lire per moggio) giova da stimolo. Le esigenze degli eserciti e della flotta of– frono lo --spunto per le prime lavorazioni in serie, così come per la costruzione di strade, di ponti, di argini fluviali, di canali e acquedotti, fonti di sviluppo non solo pel cornrner-· cio e per i servizi di posta e di diligenza, ma anche per le industrie. Il notevole aumento della popolazione avvenuto nel secolo· XVIII (da 'rr a 18 ·milioni), portando la densità media ad un J.ivello fra .i maggiori d'E'uropa, non aveva contribuito ad accrescere molto la capacità di consumo. ,L'ondata napoleo– nica vale a-nche per questo lato a ravvivarè i chiusi e ri– stretti mercati localì, a- superare i tradizionali sistemi di baratto nemici dei forti consumi, ad allargare la gamma· dei– bisogni, a rompere :n molti luoghi gli ostacoli all'allarga– mento del commercio dovuti alle enormi difficoltà geografi– che create dalla ronfigura.zione alpina, appenninica e fluviale. L'esportazione delle sete piemontesi, milanesi, comasche aumenta a •dismisura negli ultimi decenni del '700. L'organ– zino torinese, lombardo, toscano, bolognese è ricercato dap– pertutto. Da Venezia partono per la Persia e la Turchia, i broccati e i damaschi ; da Genova e clalla Riviera ligure i velluti e i rasi per l'Ohinda, la carta per la Spagna; da Fi– renze le porcellàne; da Murano gli specchi, i cristalli, le vetrerie per l'Oriente e la penisola iberica; da Cremona i gioielli p_erl'Austria e la Germania; da Brescia i fucili per la Turchia e la Berberia; fa stoffe di cotone, clette india– nin.e, i drappi di lana, le tele di lino, le· maioliche, le àr– genterie della T,oscana si isradiano in ogni direzione. Sorgono le aziende accentrate e le prime società per azio– fli: così, sotto -gli auspici di Carlo Emanuele III, a Torino •si fonda nel 1752 la Compagnia ·Reale del Piemonte per le opere e i negozi di seta. Nel 1756 si costituisce lo stabili– mento Guaita a Corno, con mezzo milione di spesa; a Fi– renze Ginori occupa centinaia d'operai; nel Cuneese, nell'E– <porediese e nel Saluzzese alcuni opifici superano i 200 ope– rai; nel Milanese Krarner riunisce in due fabbriçhe oirca 500 op.erai. Si introducono i primi telai ad acqua. Si inizia, sia pur lentamente, la trasformazione dell'azienda da puro e semplice agglomerato di lavoratori, spesso a domicilio, ad or– ganizzazione produttiva già concentra,ta almeno nei bureaux. de commandes, cioè in centri di distribuzione del lavoro di– retti dal rnercante-im])renditore, il ·quale è già capace di non rinunziare più completamente, di fro,nte alla sovrabbondan– za della mano d'opera,- ,alla utilizzazione delle macchine. Tutto ciò avviene anche se l'opposizione di Napoleone alla formazione di nuclei industriali italiani, pericolosi concor– renti alla vroduzione francese, crea gravissime difficoltà. In– fatti nel r807-18rr la generale crisi europea, dovuta al lun– go sforzo bellico e al _blocco continentale, e in p~rticolare il trattato di commercio del 18@8con la Francia incidono ne– gativamente sull'attività italiana,. Abusi d'ogni genere si com– mettono da parte francese e intralci continui si frappongono al normale andamento dell'industria, in modo che i capitali - come dichia,ra il vicerè Eugenio nel 18o7 - rifuggono dall'impiego in essa. ·

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