Critica Sociale - anno XL - n. 7 - 1 aprile 1948

CRITJCA SOCIALE 153 larga parte - della parte r,iù cosciente - dell'elettorato ita– liano. Non ci pare che essi realizzerebbero gran che ponendosi esclusivamente il problema- del Parlamento e del Governo. La decadenza della. S.F.1.0. ha-avuto CQmecoroIJario il suo rattrappimento a partito di Assemblea. UL1 tal ruolo, che non si addice ai socialisti, può essere rivendicato vantaggio– samente, in Italia, dai Repubblicani Storici. I socialisti, i militanti pjù convinti della Terza Forza - ptir non rifiu– tando· in. linea di principio qualsiasi temporan_ea opportuna alleanza - debbono piuttosto sforzarsi di approfondire sem– pre più il solco tra essi e le forze estreme. Essere diversi vuol dire essere presenti: nei sindacati, nel– le fabbriche, nella più remota provincia, dovunque li«tte il cuore della vita nazionale e internazionale, dovunque la lotta per il pane e la -libertà rende necessaria tale Presenza. Bi– sogna conquistare, senza i trucchi e le intimidazioni di mar– ca comunista, la classe lavoratrice; saper accogliere nelle, file del nuovo movimento gli operai delle officine insoffe– renti del giogo comunista. Il processo di chiarificazione può durare a lungo. Ha su– bito qualche arresto, ma troppe esigenze Io spingono irre– sistibilmente innapzi. Qualcuno, forse, si tirerà inJ'etro. Ma nun importa. Ciò che conta è darsi una linea estr;:mamente chiara in politica internazionale, avere idee generali ch'e rias– sumano i motivi più profondi dell'inquietudine con".l•mpora-_ ne·c1. aceentuare intransigentemente il carattere !aie) del mo– vimento (revisione del Concordato, scuola aconfe3st"uale, di– vorzio), tracciare un programma di lotta europea (finora non si son fatti progetti concreti, s'è accettato quel che ve– niva offerto), scegliere e ·preparare gli uomini, creare nuo 0 ve forme di organizzazione, propugnare nuovi ·metodi cli lnt- t:. politica. · Nella misura in cui tuito questo sarà P(?SSibilee ve~rà at– tuato si allargherà l'orizzonte della nostra lotta e aumente– ranno le possibilità di efficace difesa della pàce. Ma per vincere - non ci stancheremo di ripeterlo - bisogna rom– pere parecchi ponti, non tutti teorici. La frattl,!ra oggi è la condizione d'ogni si1:tesi futura. l mo-uimeiiti di estrema destrQ.. Vero è che nel monè:loin cui v1v1amo l'unica realtà non è più (e forse non lo era neppure all'epoca pur così meno complessa -del «Manifesto») l'antitesi borghesia-proletaria– to. Il pensiero marxista più avanzato ha ormai definitiva– mente ammesso questo, e in ciò s_ta appunto la sua coeren– za marxista. Ma dovremo dimenticare, in omaggio alla rico– nosciuta esistenza cli cento altre importanti antitesi e con– trapposizioni nel mondo moderno, che esiste in Italia una non piccola parte di classe borghese che nella sua convulsa ricerca di un'espressione politica degna finisce regolarmente per tingersi del più torbido colore reazionario o per parto– rire. incomposti mostriciattoli, ogni• volta cercando rifugio dietro il paravento dr certi suoi gloriosi trascorsi -- dalle Repubbliche Marinare a Porta Pia - e mettendo innanzi quelli che meglio. servono in tali momenti alla sua difesa? Noi abbiamo duramente scontato - col fascismo - e scon– tiamo oggi col fastidioso .dimenarsi di quella· che si è u~i chiamare la destra o l'estrema destra, la carenza di un bel partito conservatore, simpaticamente retorico, lussuoso e de– corativo fatto per la gioia personale di Benedetto Croce. Disgraziatamente noi ab~iamo .un conservatore cli splendida tempra come Croce che consuma in silenzioso dolore le ul– time speranze di veder sorgere in Italia il suo partito, un partito inconfondibilmente crociano. Abbiamo un Croce, non abbiamo un Churchill. Invero, chi ricercasse nell'attuale par– tito. liberale monarchico, animale dal pelo raro nel malinco– nico ,serraglio del Blocco Nazionale, l'eredità di q~ella eh~ fu la Destra Storica .o l'ombra della venerata f1gu~a d1 Croce andrebbe incontro a delusioni profonde. Tagliati fuori da tr~nt'anni dal conflitto che sconvolge il mondo, inesora-· l>ilmente falciati da1 tempo e dalle vicende politiche, i vecchi liberali hanno pensato di rinsanguarsi coi giovani arne si del legittimismo sabaudo (Selvaggi, Lucif~i:o) e di p~ntare sul.la restaurazione monarchica le loro semh brame dt una bril– lante « rentrée > sulla scena della politica viva. Non per nulla il declino di un partito si misura anche sulle ambi– zioni sbagliate dei suoi dirigenti. La costituzione del Blocco Nazionale segna un duplièe de– finitivo tramonto: del Partito Liberale e di Guglielmo Gian– llini Che un uomo del valore e della cultura di Nitti sia flilito in questa malferma appendice de! pa':ti~o america1:o, morbosamente nazionalista (m senso vittunt.rtico) e stenl– ~e anticomunista, è un fenomeno che si spiega con la di- iblioteca Gi'r-10 Bianco sperata volontà del vecchio statista di creare un raggruppa– mento di forze provenienti dalle classi medie, più precisa– mente di dare a tali classi una nuova coscienza politica. Per tentare di tradurre in atto la sua volontà Nitti non ha tro– vato altri alleati all'infuori dei liberalmonarchici e dei qua– lunquisti ortodossi. Così è nato il Blocco Nazionale. L'amnistia, la mancata soluzione del problema dei reduci, i colpi inferti all'orgoglio nazionale dal trattato di pace hanno permesso il ricrearsi di formazioni politiche a carattere para– fascista, eredi l'una (la Democrazia Soci;rle di Patrissi) del fascismo monarchico del periodo 1922-1943, l'altra (il Mo– vimento Sociale Italiano) del fascismo «puro" antemarcia e del periodo dell'occupazione nazista. I due movimenti (e particolarmente il secondo, idealmente più coerente e nume– ricamente più forte) svolgono una campagna di stambureg– giànte patriottismo contro gli antifascisti d'ogni colore e le potenze straniere. Pessimi nazionalisti, essi ammettono le– gami di fratellanza· soltanto coi tedeschi di Hitler. Retorici e inconcludenti, vendicativi e nostalgici, i nuovi fascisti si presentano con un programma che oscilla tra l'esaltazione dello Stato corporativo-totalitario e vagh~ promesse di tu– tela delle libertà civili. Non parrà strano a coloro che sanno come i germi di di– sgregazione che hanno eretto le tragiche baracche di Ausch– witz. e di Buchenwald sono tuttora vivi nel mondo, questo ritorno sotto altra etichetta del più virulentçi fascismo, forse un po' invecchiato ma sempre ricco di attrattiva per menti non sorrette da sufficienti energie morali. II fascismo, non dimentichiamolo, ha dalla sua la forza terribile che l'odio sprigiona. • Dobbiamo preoccuparcene: non solo in vista delle pros– sime elezioni, che non daranno molti voti al M.S.I. e al M.N.D.S. (espressioni politiche in sè trascurabili), ma oltre, finchè si preciseranno in forme così scoperte i resti di un passato nel quale l'umanità non può essere ricacciata e sarà -'possibile individuarli e combatterli - e oltre ancora, finchè l'odio e le ambizioni funeste corroderanno la nostra comu– nità di viventi. Dobbiamo preoccuparcene: « La rivolta Idea– le» è un catechismo per cattivi rètori, ma il fascismo indù ha assassinato Gandhi. I part·iti e l'indipendenza npzionale. Di fronte al fervido interesse e, diciamo pure, al gran baccanÒ dell'Occidente, America compresa, nell'imminenza delle elezioni italiane - sta il silenzio enigmatico della Russia. Dopo il colpo di Praga, diretto sul luogo da un e– missiario sovietico, Mosca ha taciuto. Tace sul significato e l'importanza del 18 aprile. Ma la tensione degli animi non · è minore aldilà del sipario d'acciaio - solo è circoscritta · nell'ambito delle « élites » comuniste al potere. Forse M~sca si sente più sicura, perchè una sconfitta di stretta misura del Fronte Popolare non danneggerebbe, ma in certo senso favorirebbe gli interessi sovietici. L'unica mossa russa in vista del 18 aprile è stata la dichiarazione sulle ex colonie italiane che, secondo il Governo sovietico (preoccupato del– l'invadenza anglosassone in ogni lembo d'Africa), dovrebbero tornare all'amministrazione italiana. ( Ciò non indurrà u– gualmente i nazionalisti a, votare per il Fronte e in com– penso alienerà all'U.R.S.S. le simpatie della lega Araba). Ve– dremo quale sarà la risposta sovietica al colpo di scena delle tre potenze occidentali per il ritorno cli T~ieste alla sovra– nità italiana. Molte cose dipendono da questa risposta. Il Fronte ha suonato le sue campane a stormo dopo i di– scorsi di Truman al Congresso e alla radio cli New York e le famose dichiarazioni di Bidault a Torino, ribadendo le sue note tesi sulla minaccia congiunta anglo-franco-america– na alla nostra indipendenza nazionale. L'accusa è puntual– mente ritorta, in tono non meno violento e allarmistico, dai filoamericani contro i filorussi. Gli argomenti non mancano, agli uni ed agli altri, per dar forza alle loro accuse. Tutti i partiti prospettano pateticamente la di.fesa dell'in– dipendenza nazionale come la mèta suprema della loro azio– ne politica e tacciano con enorme cattivo gusto gli avversari di quinte colonne dello straniero. E' questa una propaganda equivoca che gli uni conducono scientemente, gli altri con un'ingenuità e un candore che stupisce. Cerchiamo di chiari– re l'equivoco. Sul piano ideale e pratico, l'era del naziona– lismo ebbe gli ultimi guizzi tra il 1914 e il 1918. La seconda guerra mondiale non fu sostanzialmente una guerra di ideo– logie nazionali per fini nazionali. Poichè la maturazione della coscienza politica non procede cli pari passo con l'esperienza storica accade che la lancetta dell'opinione pubblica e dei partiti' che un po' grossolanamente la rappresent~no rimane costantemente indietro rispetto al valore reale dt certe po– sizioni ideologiche.

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