Critica Sociale - anno XL - n. 6 - 16 marzo 1948
CRITICA SOCIALE 135 d,.gin~ da svolgersi m separati sede, la Cj_\lalecertamente smentirebbe tutte le· arbitrarie conclusioni del Labriola. Più irn~ortan!e c, sembra un:altra considerazio~e: il taylor: ;mo, cos, com e presentato da, suo _autore, non e forse illla · for– ma di socialismo l Fortunatamente, di ciò s'è accorto Jo stes– so Labrio!a, il quale - vedi ironia di certo discettare - scelto il taylorismo per sostenere la risolubilità del conflit– to «capitale-lavoro» nell'amhito del capitalismo ad un certo punto della sua indagine si trova costretto ;d affermare che nella· fabbrica taylorizzata è in· atto « un processo di so– cializzazione della fabbrica e, al tempo stesso, un metodo per restituire all'operaio J,i. pa. te di prodotto alla quale ha ef- fettivamente contribu;to ~ (!). 82). . Anche la t"oria della crisi permanente del capita!ismo e la ccnseguente catastrofe, altro pilastro del marxismo è dal Lab: 10!,1decisamente 1·e'..pmta. Nòi, invece, crediamo' che il scciai•~:nc possa benissimo fare à. meno di questa teoria. C ,munC>uE,giacchè il Labt:iola vi si è attardato, se foh!Jia– mo ccm·edergli che una catastrofe nel senso cli ,,utoinali~a cor.~1111zi0lle della classe capitalistica e di sostituz'.t,ue ;,rl ·es– sa del proletariato, non c'è mai stata - ove si escluda la fc rma russ;;. fondata su metodi a noi estranei -- non può negar<i che i, socialismo abbia attraversato 1:c.•1te fa,i cri– tiche e.a la.sciar legittimamente pensare che :I suo ~tato di Hormalità srn quello critico: osservazione, ben s'mte'nde, da· circe Lcrivere, al sistema, e non già da estendere allè perso- ne da cui esso è espresso. · ~., d,.f,11itillla, secondo l'Autore, le analisi ·!elle teorie dd s:i:lari0, del lavoro, della compensazione, della c.:1tastr,,f~. di– mostr~~c·blere che il socialismb, tanto in ~edc scientifica che in sede pratica; non presenterebbe nessuna c, ·nvért:enza rt~J:ftto al capitalismo; talchè l'unica gius.tific-izione rhe •sso potreQbe dare di se stesso sarebbe quella· che il De Brn•1J.-e1 e assegna alla società socializzata, cioè cli realizzare la d.-mocrazia economica; dunque - argomenta il Lai:lriola - lo ~c.opo dell,. repubblica coope,rativa e del socia;inno :areb– bc non qeellc, di produrre medio e più a buon mercato cne... la monarchia capitalistica, ~a di realizzare la democrazia economica. < E che cos'è questa democrazia economica,? Nulla di o– riginale: è solo il fatto dei cooper atori che •am ministrai.o la loro stessa azierida. Insomma, noi rovescere.mo I' organiz– zazione capitalistica della società ed introdurremo l'ordine socialista, non perchè i capitalisti producano male (ed a prezzi più elevati), ma perchè gli operai ·non possono am– ministrare l'industria» (pag. 191). In altri termini, per il Labriola, il cambio di gestione, per così dire, equivarrebbe ad una riforma esclusivamente amministrativa; per il resto poi il socialismo, o la cooperazione, sarebbe « un metodo per estendere il capitalismo alle stesse classi che ne sono più lontane>. Ma cosa vuole insinuare il Labriola con c;iuesta conclusio– ne? Definisca pure il socialiS/TIOcome estensione del capi-. talismo alle classi più povere, se così gli piace_; ma 11011 i' evidente che in questa estensione vi è un diverso modo di redistribuire la ricchezza? -Ed è tutta qui la questione; non è sufficiente, quindi, come fa l'autore, a scardinarne le fon– damenta, il dire che tra il metodo capitalistico di produzto· ne e quello socialistico 11011 c'è alcuna differenza. E si ten– ga presente poi che tra liberisti e pianificatori la polemica· s.i è spostata proprio sul fattore «produzione»; entrambi· ter,– dono ad un sistema economico che dia luogo ad una più alta produttività e ad un più razionale impiego di tutte le ener– gie umane nel campo della produzione. E sembra, al riguar-· do, che anche i liberisti riconoscano, sia pure in astratto, che le pianificazioni varrebbero ad accrescere la produzione generale. In quest'ordine di idee· sono perfino il Pigou , l'Einaudi, il quale ultimo non può certo essere sospettato di filosocialismo. La differenza quindi c'è, e sostanziale: per– chè, ammesso pure che il socialismo dovesse necessariamente servirsi degli stessi metodi produttivi di cui fa uso il ca– pitalismo, il suo obbiettivo principale resterebbe sempre quel– lo di distribuire il reddito fra le categorie ·sociali in modo tale da evitare fra di esse squilibri eccessivi o, come tanto spesso accade, distanze siderali. Ed anche più importante, sebbene più lontano, sarebbe lo effetto morale che una tal- trasfonnazione non potrebbe mancare di produrre: un'educazione al lavoro svincolata da certo freudistico egoismo. E, forse, gli operai sentirebbero e si comporterebbero ancora, come quel loro compagno del periodo florido delle corporazioni medievali che aveva pre– so parte alla costruzione della Cattedrale di Colonia, il qu>– le, richiesto di quale compense, si ritenesse meritevole per le sue belle decorazioni, espresse .solo il desiderio che, morto, lo si seppellisse con i suoi arnesi. ENRICO GEORGIACODIS BibliotecaGino Bianco In men1oria di Otto Bauer Il giorno 8 febbraio le ceneri del Leader socialista au– striaco Otto Bauer sono state traslate dallo storico cimi– tero degli esuli politici di Parigi, il Père Lachaise, a Vienna. Tristi e fieri ricordi desta quest'atto di fede pietosa nel– l'animo di éhi ha vissuto_· i gloriosi giorni di Vienna la rossa prima della seconda guerra mondiale. Ricordo l'ac– coglienza fraterna pel Congresso internazionale sinda~ale del 1924, quando il sindaco di Vienna, compagno Seitz. ricevet– te_i. delegati, tra i quali si trovavano l'indimenticabile Buozzi, Gmseppe Sardelli ed il nos,tro •amico D'Aragona. E ricor– do poi la sfilata sul Ring, sotto la pioggia, delle ·organizza– z(oni operaie, e l'entusiastico saluto.: che esse rivolgevano a1 loro leaders (che allora non avevano bisogno di essere protetti da nessuna polizia): Federico Adler Otto Bauer ed altri, mentre Buozzi, pieno di ammirazio~e esclamava: ·« E' magnifico questo proletariato!>. ' E ricordo. il Congresso internazionale socialista del 1931, · al quale assistettero anche Nullo Baldini e Filippo Turati, e la riunione della, stampa socialista dei paesi rappresentati al Congresso. Vienn<1-la rossa diede allora la sensazione di un focolare di fede socialista, quella fede che coraggiosa– mente affrontava la perpetua crisi economica che i vinci– tori del_ 191~ ~antenevano. nel piccolo paese con la spe– ranza dt dtmtnutre la forza del nazionalismo tedesco. Ricordo _infin: l'anno della crisi politica, il 1933, quando Dolfuss sciolse 11 parlamento ed arrrò le sue milizie merce•· na:ie di tipo fascista; quando lo Schutzbund, disciolto uf– ficialmente, organizzò il contrabbando di armi con l'aiuto · dei socialisti cechi e di altre organizzazioni estere, per ten– tare di resistere con la forza alla "io! enza. Era forse ormai · troppo tardi quando i soprusi della semi-dittatura di Dol– fuss e di Schuschnigg fecero scoppiare la prima sr.aramuc– cia a Linz e poi l'epica battaglia del febbraio 1934; G forse Otto Bauer ebbe la sua parte in questo ritardo. Parlavamo della situaz10ne, una dedna di giorni prima, lui, l'eroìco ·segretario dei socialisti di Stiria Koloman Wallisch e chi scrive. Bauer pensava che le cose, malgrado tutto, sareb– bero andate «all'austriaca», cioè senza decisioni definitive, mentre vVallisch, più pessimista, diceva: « No, andiamo 17erso i.J conflitto e perderemo. Ma bisogna lottare». Ma questo suo errore di valutazione, che fu del resto comune a mol– ti compagni austriaci, nulla toglie alla grandezza rlel1'11omo e della sua opera di politico parlamenta~e e, soprattutto di teorico marxista. Effettivamente Ott.> Bauer, più di ;Itri P.Ur eminenti compagni austriaci, contribuì alla formazione di quella · scuola socialista che conosciamo con il nome di «austro-marxismo», con i numerosi suoi scritti e co:1 i numerosissimi suoi articoli nell'Arbeiter Zeitung e nella ri– vista Der Rampf. Quando la mancanza di munizioni degli eroici soldati del– lo Schutzbu11d ed alcune esitazioni nella loro direzione im– pcsero la fine della lott::i a Vienna, a Linz e sulle monta– gt:1e della Stiria, Otto Bauer riuscì· a sfuggire alla cat'tura ec! a passare a frontier2 presso la capitale slovacca Bra– tislava, accolto dal segretario del sindacato degli impie1Zati di quella città. E poche ore dopo la lotta egli scrisse il suo storico opuscolo, in cui spiegava all'opinione pubblica le ra– .gioni per le quali i soci;;listi avevarto fatto ricorso alle armi e per cui la vittoria non aveva loro arriso. In s~guito, la capitale della Moravia, Brno, divenne il ce\itr-o dell'emigrazione politica. Al quinto piano dell'edifi– cio delle cooperative ~< Vzayemnost-V cela » si organizzò fin dall'indomani della disfatta militare il lavoro clandesti'no dei socialisti austriaci. Si stamparono manifesti e riviste, si mandarono in patria consigli sull'organizzazione. E soprat– tutto fu prezioso l'apporto del pensiero di Otto Bauer che 11011 ·si fermò mai a giudizi contingenti, ma analizzò m~rxi– sticamente gli eventi nel loro complesso per dedurne i cri– teri per l'azione futura. « Scrivetemi qualche cosa sulla po– sizione della C.G.L. in Italia e sulle illusioni dei fondatori dei « Problemi del lavoro» - ,ni disse_ egli quando, in un gelido primo ·maggio, ci inc9ntrammo al corteo: « Bisogna combattere certe tendenze aì compromessi con il regime di Dolfuss, anche se in apparenza ammissibili sul piano sin• dacale-corporativo >. Nell'estate del 1935 Bauer si era ritirato con la moglie nel villaggio cli Bilovice Svitavou per poter ricevere la vi– sita della figlia e dei 11ipoti!1isenza che questi fossero pedi– nati dagli sbirri dolfussiani. Là, in quell'ambiente più che modesto, passammo una sera a discutere di problemi inter– nazionali e specialmente italiani. Batter parlava del libro di Silane sul fascismo, che era allora uscito in tedesco, del-
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