Critica Sociale - anno XL - n. 6 - 16 marzo 1948

CRITICA SOCIALE 131 Una volta che lo Stato - diametralmente all'op– posto della dottrina di Marx - viene identificato con la società ed alle organizzaz'ioni non-statali vie– ne inibita ogni autorità, ogni decisione scende dal– l'alto, al posto della cordiale collaborazione dal bas– so subentra la coazione, il potere della poli;da, che s•ignoreggia sempre più vasti strati della vita socia– le, diventa onnipotente. E si giunge infine alla col– lettivizzazione forzata dei contadini e, con essa, alla « liquidazione » della gigantesca massa dei kulaki. Una sempre più 'grande parte del programma di industrializzazione russo divenne, dal 1929, dipen– dente dal lavoro forzato. In un-certo senso deterio– re il governo si comportò « marxisticamente », mu– tando con le sue basi economiche anche la sua ideo- , logia. Non più infelici vittime della società o della malattia che si dovevano salvare: « i prigionieri so- . no prigionieri», scrivevano ora gli organi ufficiali sovietici. « Perchè tanti riguardi? Misure di prote- ' zione sociale è una espressione ridicola. Noi dob– biamo vincere questo dolciastro liberalismo, questo pietistico comportamento verso il criminale .. Il pia– no quinquennale ci impone dei compiti che richìe- · dono una ponderòsa leva in massa di lavoratori in– colti. .. Questo è un punto sul quale i carcerati deb– bono dare un contributo alle imprese economiche -che soffrono d'insufficienza di 'lavoratori. .. Il lavo– ro di coloro a c,ui è tolta la libertà va inserito nella economia pianificMa del paese e nel piano ·quin– quennale... C'è da realizzare una serie di progetti eci>nomici sostituenao ai lavoratori liberi persone · . condannate, giungendo in conseguenza ad un impor~ tante risparmio di costi». Ottenere « lavoro a più buon mercato »: questo è il ricorrente motivo di questa nuova ideologia e praxis come già dal 1935 l'allora pres5dente della I_nternazionale Sindacale, sir Walter Citrine, contrapponeva agli u0mini della G. P. U. . Il lavoro à più buon mercato era un fattore condi– zionato dalla doppia pressia_ne .economica derivante contemporaneamente dalla forzata collettivizzazione dei contadini (con conseguenti carestia e miseria) e dalla introduzione di una poderosa indusiria pe-– sante. Ma sopravvenne poi un secondo momento: la deficienza di attrezzatura meccanica, alla quale si cercò di sopperire con gli apporti industriali degli Stati Uniti. A questa falla si volle però portar rimedio tappandola con il lavoro forzato. lntere.,– santi contributi dà a quesio riguardo Leonard S. Hubard, Qno studioso inglese di economia; che stu– diò per molti anni sul luogo i problemi econ.omici della Unione Sovietica e con particolare interesse segui i problemi del lavoro forzato. Dopo avere no– tato che la differenza dei costi tra lavoro forzato e lavoro lib.ero 'non è particolarmente rilevante, egli scrive:. « T-uttavia ciò che contava assai più dei co– sti p,er il nutrimento e il vestiario era l'attrezza– mento del macchinario in un periodo in cui tutte le specie di beni capitali erano scarse e in cui ogni branca d'industria soffriva di deficienza di attrez– zature e di macchinari. I _,Prigionieri dovevano es– sere impiegati in lavori di sterro ecc., con un mi– mimum di macchine capaci. di risparmiare lavoro. Quanto più e in ,più gran numero venivanc, impie– gati, accadeva, dato che il rifornimento dei viveri implicava un problema di trasporti che non era fa– cile' risolvere, che non ci si rammaricava eccessi– vamente se una gran parte di essi veniva. eliminai:. dalle privazioni e dalle malattie. L'impiego del la– voro dei prigionieri verso il 1930 ha certe :rnlllo– gie con l'impiego del lavoro dei servi e dei prigio– nieri al tempo di Pietro il Grande, quando egli co– struiva per mezzp di essi canali e strade o prosciu– gava paludi. In entrambi i casi era arduo divenire liberi lavoratori, sia perchè il luogo e le condizioni non si prestavano, sia per scarsità di mezzi di ri– fornimento e di attrezzatura tecnica. AI tempo di Ilietro il Grande non _erano .ancora ·state scoperte le macchine a vapore; nei primi anni dopo il 1930 esse non erano disponibili, perchè la Unione Sovie– tica non era ancora in grado di produrle o era im– pegnata in produzione di altre cose, nè il governo sovietico poteva adattarsi· ad importarle dall'este– ro>, ibliotecaGlflo'Bianco « Non ci si rammaricava eccessivamente se una gran parte di essi veniva eliminata dalle privaziom e dalle malattie »: questa schietta asserz10ne che stringe il cuore dà la risposta alla domanda perchè mai il lavoro schiavistico, il quale, -come la storia insegna, e uno dei modi meno redditizi della pro– duzione, debba trovarsi invece nella Unione Sovie– tica. Mentre lo schiavo nella privata proprietà rap– presentava un bene patrimoniale, (donde un in.te– resse di colui che lo possedeva di mantenerlo i n vi– ta), non altrettanto avviene nello Stato schiavistico, che può reclutarlo senza costi e farlci lavorare il più intensamente possibile, sino alla morte. Come in– centivo serviva la statuizione di una «norma», di una prestazione minima, che il lavoratore prigio– niero deve raggfungere per non essere lasciato mo– rire di fame. Questa « norma» venne stabilita dai dirigenti· dei campi, in c@rrelazione con le condi– zioni e :prescrizioni dei piani economici e senza ri– guardo alcuno alla capacità di prestazione da parte dei prigionieri. Il livello di vi-la nei campi ai con– centramento venne sistematicamente tenuto al disot– to di quel livello che, secondo l'espressione di Marx, è necessario alla « riproduzione della forza di la– voro ». La conseguenza, come ben s'intende, fu ed è un alto grado di mortalità e di logoramento di ·vite umàne. Sono questi « costi » che, secondo la concezione dei dirigenti sovietici, vanno esclusiva– mente considerati: intenzioni sadistiche di stermi– nio - è lealtà dichiararlo - sono invece ad essi estranee, al contrario che nel sistema nazista, Su que-. sto punto la « Tribune » scrive: « 1 nazisti imitarono questo sistema, ma lo pervertirÒno in una manie- . ra del· tutto caratteristica, .tramutando i campi ·in fabbriche di'morti. Ciò nella Unione Sovietica è in– _vece una eccezione, non la regola. Lo scopo princi– pale è indubbiamente il procurare lavoratori allo Stato - in prima linea per lavori forestali, per la costruzione di canali ·e di strade, per-- elementari lavori agricoli - al -minor costo possibile. La pau– rosa mortalità deriva dalle catt.ive condiziom cli– matiche, dalle deficienze .di alimentazione, e dal– l'eccessivo numero di ore di lavore piuttosto che da un qualsiasi motivo politico». In antitesi.___ con i campi di eliminazione nazisti, dove si celebravano sa– distiche orgie di crudeltà, il sistema sovietico del lavoro forzato è, come si dice in altro punto, « una impresa di affari, una grande impresa di affari » (a matter of business big business). La G.P.U. (o N. K. W. D.) è oggi il più colossale « datore di lavoro » del mondo. Sul numero sicuro dei lavoratori coatti dati precisi non ·è dato averne. L'Unione SÒvietica è infatti l'unico grande Stato del morido che non pubblichi nessuna statistica carc.,– raria. Secondo le valutazioni presumibili di Dallj.n e Nikolaewsky il numero dei lavoratori forzali oscil– la tra i 7 ed i 15 milioni. E' una cifra spaventosa. Essa è più alta della complessiva somma degli operai industriali sotto lo, zari sino; più alta della metà dei « liberi » lavoratori maschili impiegati nella indu– stria odierna della Russia! • A procurare le forze dei lavoratori ·forzati occor– 'renti serve un rigoroso sistema punitivo. Ritardi o negligenze, violazioni della disciplina del lavoro, in– soddisfacenti prestazioni o veri e propri « sabotag– gi » (concetto CCISÌ arbitrario e vago): tutto ciò r'en– tra nei « delitti contro lo Stato ~ e viene colpito con il lavoro penale o il lavoro forzato (in medrn 10 anni). Ma ciò non si limita affatto al mero la– voro industriale. Questa spada di Damocle pende sul capo di ogni gruppo e di ogni person:i nella so-– cietà sovietica. Secondo le documentazioni dei de, portati, citate dai due autori· menzionati, nel loro soggiorno forzato nei campi di concentramento sì accompagnavano ad essi, spesso, non pochi ben noti capi comunisti, che erano -stati condannati· per lf' loro posizioni politiche di oppositori; numerosi alt, impiegati sovietici, che si erano resi colpevoli di questo o quel crimine a danno della industri~; intel– lettuali che erano stati colpiti dalla granfie • « pur– ga» del 1936-38; una quantità di piccoli impiegati o dipendenti che erano stati puniti per corr:uzione od altri motivi. A questi s_iaggiungeva naturalmen– te l'innumerevole massa di contadini e di operai, di stranieri deportati, come polacchi, baltici, appar-

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