Critica Sociale - anno XL - n. 5 - 1 marzo 1948
CRITICA SOCIALE 99 E' per questo che occorre sia b>en chiaro che non· esi– sterà piano Marshall se non esisterà un piano nazionale di produzione, di consumi e di investimenti. E' ,per questo cl:te il ·nostro partito deve prendere anche a questo proposito una netta p@sizione, che scinda le sue responsabilità da quella degli artefici della politica odierna. Il piano Marshall ri– schia di diventare "!a stessa cuccagna per gli industriali del piano di aiuti @èll'UNRRA, anzichè (rasformarsi· in investi– menti utili per il paese, rischia (la illazione non apparirà molto chiara ... perchè salto varii anelli della catena) rischia dicevo, di impinguare i conti privati dei nostri inèiustriali nelle banche americane. Questo avverrà senza dubbio se la stessa mentalità, anche_ se non le stesse persone, informerà l'azione del Governo. Il piano Marshall è un piano essen– zialmente socialista, è fondato su ideali socialisti, non solo nazionali ma internazionali. Solo un Governo socialista po– trebbe attuarlo ·con garanzia di successo. 1 L' aspetto internazionale del piano Marsha11 ?: senza dub– bio quello più originale, il più suggestivo, quello che ne fa una iniziativa unica nella storia. Purtroppo è l'aspetto che è stafo meno considerato. Malgrado che nella maggior par– te dei paesi ·partecipanti i partiti socialisti siano al Governo, questo aspetto internazionale del piano è stato subito messo in sordina. Se qualche cosa è fallito a Parigi, è proprio la essenza della convocazione: la cooperazione europea. Gli S. U., più europei degli stessi europei, impiegarono tutte 1e loro facoltà 'di convincimento per riportare la Conierenza sul solido terreno della cooperazione, per tre volte il rapporto· fu rifatto, ma con scarsi miglioramenti. Quelli che hanno partecipato ai lavori di Parigi hannò avuto la sensaziòne di quanto Io spirito grettamente nazionale sia ancora radi– cato nei popoli europei, come le menti più illuminate riten– gano di qon poter vincere l'opposizione di interessi e di egoismi di gruppo, e non solo dei gruppi del capitale, ma, quel che è più doloroso per noi socialisti, anche dei r~g– gruppamenti del lavoro. La vera cooperazione euro]i)ea, che è j:ntegrazione delle economie, divisione del lavoro, mobilità razionale dei beni delle persone, ha una conseguenza ben chiara e netta : il livellamento degli siandard di vita! Ma i più poveri bene– ficieranno, i piu ricchi perderanno. Tutti però in uµ tempo avvenire vivranno meglio. Chi si sente di sacrificare l'oggi per i'l domani? Il male di questa situazione è che non c'è la possibilità della valutazione del sacrificio. Salti nel buio nessuno si sente di farli, ma se si riuscisse a determinare l'altezza e si riuscisse a suddividerla in gradini, allora non è improbabile che i salti, ancj:ie se modesti, si farebbero, e ci avvicinerem– mo, sia pure lentamente, alla meta. Senza questa valutazio– ne, nessuno farà mai il primo passo. Per poter fare la valutazione occorre che tutti i paesi sappiano quello che vogliono per un numero sufficien·te di anni e siario disposti a contemperare le loro esigenze, quar,r 1 n sia dimostrato in quale direzione risieda il bene comune. In altri termini, occorre che ogni paese abbia un piano e sia in grado di realizzarlo. Senza pianificazione nazionale, l'inter– nazionalismo resterà un'utopia, diventerà magari una specie di esercitazioni economiche per diplomatici, come le attuali conv_ersazioni per l'Unione Doganale italo-francese, alle cui finalità non sono certamente l'ultimo a sottoscrivere ma sui cui risultati positivi mi sembra ~vidente disperare. ' Che conclusioni possiamo ricavare da queste osservazioni? Anzitutto credo che il nostro sia l'unico partito che tratta non vagamente i problemi economici, e a tutti, nei riflessi nazionali ed internazionali, dà una soluzione coerente e de– finitiva, perchè ognl problema ha il suo inserimento nel piano dal quale è determinato e che concorre a determinare. In secondo luogo, considerando la nostra attuale situa– zione economico-sociale, è indispensabile si risolvano fo1al– mente i due obiettivi che sono strettamente interconnessi : - la libertà dal bisogno, cioè il mii1imo di vita assicurato a tutti ; - la massima occupazione (non la piena occupazione) di man:o d'.opera compatibile con la tecnica dell'utilizzo dei fat– tori produttivi, ai fini, fra l'altro; di un massimo di espor- tazione. · In terzo luogo occorre inserire i suddetti obbiettivi in un piano economico giù generale, dar avviare solo quando vi sia 1:111 meccanismo adatto a reali.zzarlo. In ultimo il piano nazionale serva di base alle trattative per i piani d'integrazione internazionali. DAVIDE CITTONE Problemi )attuali dell'assistenza I nuovi orizzonti dell'assistenza Beneficenza, assistenza, previdenza sociale, ser– vizio sociale sicurezza sociale sono termini più o meno adatti à. definire il complesso - storicamente sempre più ricco - di attività con cui l'uomo si 'fa concretamente fratello al proprio simile. Nessu– no di essi, per altro, rende completamente l'idea di ciò che q:uella attività possa e debba significare nei nostri tempi, in presenza di una coscienza nuo– va del nesso che unisce l'uomo all'uomo e l'indivi– duo alla collettività. Sarebbe fupri di luogo descri– vere qui e dimostrare siffatta nuova coscienza, ,la quale d'altronde è testimoniata dalla stessa realtà politica e sociale che, sia pur tempestosamente, si afferma, minando dall'interno stesso tutte le strut– ture tradizionali. Consideriamo quella coscienza nuova come un dato, e, ritornando all'idea di assistenza sociale, che nel quadro di- quella si pone, ricorderemo solo co– me un primo avvicinamento ad essa si sia realiz– zato col passaggio dalla concezione cristiana della riparazione, d'ella cura, dell'amoroso intervento con– solatore (in cui si manifesta anzi tutto la bontà di un benefattore che si acquista meriti individuali) alla concezione laica e sociale di un intervento cu– rativo o preventivo, rispondente ad un diritto del singolo nei confronti della collettività, diritto cor– relativo ad un suo preciso dovere verso di questa. Si è espresso tutto ciò col prevalere di un crite– rio previdenziale e preventivo, vero gigantesco pro– gresso rispetto alla concezione- ed all'ordinamento di un'assistenza riparatrice, ottenuto predisponen· do con saggio calcolo i mezzi curativi eventualmen– te necessari, oppure contenendo con avvedute prov– videnze le possibilità di degradazione fisica o mo- raie dell'individuo. Ancora però ci si muove in un campo di azione dife'nsiva, in una sfera di attività, l'accento della quale cade sempre sulla presenza di una vittima che sfugge o cerca d1 sfuggire ad un evento doloroso, e ch_e viene soccorsa in questo suo tentativo. Potrebbe sembrare azzardato, ma in realtà non lo è, il dire che anche questa impostazione del pro– blema assistenziale è superata, o, meglio, tende -ad esserlo per il diffondersi di una concezione della personalità umana più robusta ed ampia ad un tem– po. Il singolo individuo, posto di fronte alle dif– ficoltà della vita, si immedesima oggi con la so– cietà intera che gli si è fatta, per il progresso del– le comunicazioni, pei;- il più 'intenso e veloce ritmo dei . traffici, per la facilità degli scambi culturali, più vicina. più agevolmente conosciuta e familiare.– Egli si sente forte della solidarietà di tutti i suoi si– mili; non più si atteggia allora a vittima, o tollera di essere considerato vittima, reale o potenziale, ma acquista effettiva e operante còscienza di domina– tore degli eventi, di creatore del proprio destino, che è il destino stesso di tutti i suoi simili. Nqn tanto cerca di assicurarsi mezzi di difesa e di re– surrezione, quando si presenti una eventualità a lui sfavorevole, bensì i mezzi-più atti a consentirgli di ·forgiare appunto il proprio destino. Egli tende· a organizzare la propria vita in modo che un even– to sfavorevole non nasca, o, qualora nasca, lo trovi in condizioni di affrontarlo vittoriosamente, non come .evento straordinario e demolitore,. ma come caso già previsto e scontato. Sçitto questo profilo, l'azione assistenziale subi– sce una radicale 'modificazione, quando, concepita nel senso tradizionale di attivHà riparatrice, passa in seconda linea rispetto a quella che potreb- · be essere definita creativa: l'assistenza sociale
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